1962-2022. La carezza del Concilio
Sono passati sessant’anni da quell’11 ottobre del 1962, data che segna l’inizio di un evento ecclesiale che sarebbe troppo riduttivo considerare significativo solo dentro le mura della Chiesa Cattolica: il Concilio Ecumenico Vaticano II.
Ciò che ha avuto inizio con questo ventunesimo Concilio è qualcosa che ha toccato la storia anche in senso laico, la percezione del messaggio di Cristo, ma anche la consapevolezza dell’uomo, delle sue speranze, delle sue fragilità, del suo esserci concretamente nel mondo. Alberto Melloni ci ha donato un testo che partendo proprio da quella storica giornata dell’11 ottobre 1962, prende in esame le parole ufficiali al mattino e improvvisate alla sera di papa Giovanni XXIII e ricostruisce in maniera attenta la mentalità alla base di questo evento epocale. Il libro si intitola “Persino la luna. 11 ottobre 1962: come papa Giovanni XXIII aprì il concilio”, edito da UTET (2022).
Melloni è un autorevole studioso e accademico che ha dedicato a questo momento storico della Chiesa molta parte del suo lavoro, dei suoi scritti, della sua attività accademica. Questo ci fa dire da subito che il suo contributo alla celebrazione di questo anniversario non è un mero resoconto storico, ma un’appassionata disamine che cerca di far emergere la vitalità nascosta sotto le troppe facili semplificazioni storiche che negli anni passati hanno riletto questo momento storico troppo spesso incasellandolo in delle semplificazioni che non tengono conto della vera portata e profondità.
Per Melloni, ad esempio, papa Giovanni non era un ingenuo prete di campagna che ha messo in atto una rivoluzione suo malgrado, ma un uomo in cui «cresce la convinzione di dover obbedire ai segni dei tempi, nel senso più profondamente evangelico dell’espressione: tali segni non sono i mutamenti di costume a cui dover accomodare il marketing, ma quelle voci che dalla storia dicono alla Chiesa ciò che dell’Evangelo è rimasto inerte e le indicano un orizzonte, che per lui ha a che fare con la grazia e l’unità» (p.41).
Ma chi è effettivamente quest’uomo che con le sue parole incendierà la Chiesa con il fuoco di una nuova Pentecoste? Certamente è un uomo che apparentemente sembra essere giunto al soglio di Pietro quasi per caso. Papa Giovanni non è infatti mai stato un esponente di rilievo di nessuna cordata interna alla Chiesa, e persino il suo diretto superiore all’epoca degli incarichi diplomatici che lo hanno visto protagonista, Domenico Tardini, che diverrà poi suo Segretario di Stato, non ha remore a prendere le distanze dalle sue promozioni, addebitandole direttamente a Pio XII.
Angelo Giuseppe Roncalli «dopo un’esperienza nel mondo della carità per le missioni, si trova catapultato nell’ortodossia bulgara a quarantaquattro anni e per dieci anni deve dimostrare, fra crisi diplomatiche e grane amministrative mal gestite da Roma, di non essere un agente del proselitismo mandato a reagire alle provocazioni; nel 1935 viene trasferito a Istanbul, sede del patriarcato ecumenico, centro della grande parrocchia anglicana del Mediterraneo, dirimpettaio della prima generazione armena nata dopo lo sterminio (e via di fuga degli Ebrei dall’Europa nazifascista e porta della Palestina mandataria); e con un mandato che si estende ala Grecia e all’Athos, dove abbondavano coloro che ritenevano invalido il battesimo cattolico. E in questo percorso forma una sua sensibilità alla diversità cristiana» (pp.45-46).
Dopo la prestigiosa esperienza nella nunziatura più importante del mondo, quella di Parigi, è convinto di finire la sua esperienza ecclesiale come Patriarca di Venezia, ma verrà eletto come successore di Pio XII, forse nella convinzione maggioritaria di un consesso di cardinali convinto che non turberà nessun equilibrio e offrirà nella “transizione” dei suoi anni un successore più adatto alle sfide dei tempi.
Il problema fondamentale che Melloni sottolinea in maniera chiara e a tratti dura, sta nel fatto che in gioco non c’è semplicemente una politica ecclesiastica che vive tensioni mai risolte tra correnti diverse che tentano di dare alla Chiesa un assetto sbilanciato ora verso il Santo Uffizio, ora verso la Segreteria di Stato, il nocciolo della questione è l’atteggiamento che la Chiesa vive nei confronti del mondo e della storia.
Fino ad allora la Chiesa sembra arroccata solo in posizione difensiva, pronta a condannare ogni tentativo di dissenso o semplicemente di proposta alternativa. C’è la convinzione che l’unico alfabeto che la Chiesa possa usare per annunciare il Vangelo siano gli anatemi nei confronti del mondo e della modernità soprattutto. Ma scrive Melloni: «Roncalli suggerisce una visione del mondo che tiene insieme conflitto e speranza, senza elisioni pie, senza sovrapposizioni intellettualistiche. Per lui il mondo, su cui il Maligno agisce, è capace di intessere per la ricerca delle “cose celesti”. E dunque la presa di distanza da una concezione della Chiesa assediata e condannata alla condanna» (p.125).
Papa Giovanni intuisce in maniera inaspettata che l’evento del Concilio non è un’opera destinata a finire in tempi brevi e con pianificazioni che ne garantiscano risultati prevedibili. Egli sente l’ispirazione di dare inizio a un evento che assomiglia al viaggio di Abramo. Infatti così come il primo patriarca ha solo la certezza di doversi mettere in cammino nella direzione che Dio indica, senza altre informazioni se non la compagnia del Signore stesso (cf. Gn 12,1-9), così la Chiesa con un’autentica professione di fede deve mettersi fiduciosamente in cammino dietro il Signore che non comanda di rinchiudersi su una riva conosciuta ma chiede di “prendere il largo” (Cf. Lc 5,4).
Di questa fede che si spalanca all’imprevisto di Dio troviamo chiara traccia nel cosiddetto “discorso della luna”, cioè le parole pronunciate a braccio da Papa Giovanni la sera dell’11 ottobre, quando impressionato dallo spettacolo della gente in preghiera processionale nella piazza, decide di rivolgere loro un saluto e una benedizione: «Così dunque con la benedizione che vi do e anche la buonanotte che mi permetto di augurarvi, con la preghiera però che non si cominci solamente. Oggi noi iniziamo un anno: un anno, chissà? Speriamolo bene.
Il concilio comincia e non sappiamo quando finirà. Potessi finire di Natale, ma forse, forse non riusciremo a dir tutto, a intenderci su tutto bene. Ci vorrà un altro ritrovo. Ma se il ritrovarci così deve sempre allietare le nostre anime, le nostre famiglie, Roma e tutto quanto il mondo, tutto intero, vengano pure questi giorni, li aspettiamo in benedizione» (p.140). L’inedito che si spalanca davanti alla Chiesa non suscita più paura ma benedizione. Solo un atteggiamento di profonda fede può leggere benedizione lì dove la mancanza di fede (molto più diffusa) vede pericolo e sciagure. Queste due anime che spalancano all’inedito o si rifugiano in esperienze codificate fin nel più piccolo dettaglio continuano ad animare la vita della Chiesa.
Leggendo Melloni si comprende subito la sua parzialità rispetto a queste due anime. Ed è innegabile che molte ragioni sostengono la sua partigianeria nei confronti della strada tracciata da papa Roncalli. Questo suo breve e intenso libro ravviva il fuoco che ha attraversato e continua ad attraversare la Chiesa proprio a partire dal Concilio. Ma mi piace concludere con un’affermazione liberante del Cardinale Carlo Maria Martini, che davanti alla tentazione dello scoraggiamento e della sensazione di una irreversibile fine del fatto cristiano, affermava: «il cristianesimo è solo all’inizio».