Buon compleanno, Giuliano!
Oggi, 18 luglio, Giuliano Scabia compie ottant’anni. Una buona parte di questi suoi anni li ha passati a sperimentare e a immaginare con la poesia, con il teatro, con l’azione partecipata, con la narrazione, con il disegno, con la costruzione di fantastici oggetti di cartapesta, in un viaggio incantato nel mistero, giocato non a fare teatro ma a farsi teatro, ad agitare i sogni. Doppiozero dal 6 maggio ha dedicato alla sua figura di padre del Nuovo teatro, alla sua arte di incantatore e suscitatore, uno speciale che si conclude oggi con un’intervista realizzata da Marco Belpoliti quando Scabia è andato in pensione dall’insegnamento universitario a Bologna (2005) e con tre scritti inediti di Scabia: l’introduzione alla giornata di studio a cura di Silvana Tamiozzo Goldmann e Paolo Puppa Camminando per le foreste con Nane Oca (Venezia, Ca’ Foscari, 19 maggio 2015); l’elenco completo delle opere del ciclo Teatro Vagante; una lettera in cui rivela la struttura segreta del suo Canzoniere.
Le puntate precedenti dello speciale comprendono l’intervista Alla ricerca della lingua del tempo, la pubblicazione in quattro puntate del poema Albero stella di poeti rari – Quattro voli col poeta Blake (lo potete scaricare in pdf qui), l’articolo di Oliviero Ponte di Pino sul suo teatro, l’intervista di Attilio Scarpellini sulla delicata questione della violenza politica, incrociata in vari momenti dal ricercare di questo poeta teatrante, lo sguardo allo Scabia “veneto” di Fernando Marchiori, il racconto di Francesca Gasparini sul laboratorio di Scabia all’Università di Bologna, il suo originale, erratico, esperienziale, teatrale insegnamento dal 1972 al 2005, i video del Gorilla Quadrumàno, una raccolta di altri video di spettacoli, laboratori partecipati e narrazioni.
Gorilla Quadrumàno, 1974
L’editore Einaudi per festeggiare il compleanno di Scabia anticipa un brano di L’azione perfetta, il suo nuovo romanzo che sarà pubblicato agli inizi del prossimo anno (leggi qui). Due festival incontrano Giuliano Scabia: il 19 alle 11 il Mittelfest di Cividale del Friuli presenta Viaggio nel teatro vagante. Sei canti dell’infinito andare, il 20 alle 17.30 nella Fortezza medicea di Volterra il festival Volterrateatro organizza Buon compleanno Giuliano! - simposio/spettacolo.
Giuliano Scabia. ph. Maurizio Conca
Nel laboratorio di Bologna
Un piccolo slargo a fianco del Palazzo Sanguinetti in Strada Maggiore, all’altezza del numero 34. Qui, a Bologna, in un giorno del 1972 arrivò con il suo furgone addobbato Giuliano Scabia. Veniva dall’Abruzzo, da Massa d’Albe, alle pendici del Monte Velino, dove andava combattendo vestito da drago coi ragazzi delle scuole. Ad attenderlo nella piazzetta ci sono Luigi Squarzina, Benedetto Marzullo e Renzo Tian, i fondatori del DAMS. Scabia estrae dal suo veicolo gli oggetti del suo Teatro Vagante, il mostro di cartapesta, i burattini e gli altri oggetti delle sue azioni di strada e compie un breve intervento davanti a un gruppo di studenti. Marzullo è spiccio: “Puoi fare qui le stesse cose. Dobbiamo sdoppiare una cattedra ma il posto c’è”.
Comincia così l’avventura d’insegnamento di quello che è stato uno dei maestri segreti del nuovo teatro italiano, uno degli scrittori e poeti più originali del dopoguerra, narratore in prosa di romanzi originali e inconsueti. Dopo trentatre anni, e al compimento del suo settantesimo anno, Scabia ha lasciato il DAMS. Per festeggiare il suo congedo, il Laboratorio del CIMES di Bologna gli ha dedicato due giorni, in cui vengono proiettati i video degli spettacoli realizzati insieme agli studenti durante i corsi, mentre stanno uscendo, sotto forma di fascicoli fotocopiati, una quarantina di quaderni, in cui sono raccolti gli appunti del suo insegnamento, le note, gli interventi degli studenti e i testi. Un materiale fondamentale per ricostruire la storia della cultura italiana degli ultimi quarant’anni, oltre che del teatro nelle sue varie forme e accezioni.
Si comincia con quello che è stato un corso mitico, Il Gorilla Quadrumàno, del 1974 e 1975, uno degli incunaboli del movimento del Settantasette, oltre che lo spettacolo dove hanno debuttato alcuni degli artisti della nuova generazione, direttori di festival e critici come Massimo Marino, comici come Bustric. Sono venuto a Bologna, di nuovo al centro delle cronache politiche, per visitare insieme a Scabia i piccoli teatri, le aule, i laboratori e gli spazi dove ha insegnato nel corso di tutti questi anni. Scabia, come ha scritto Eugenio Barba nella prefazione di un libro che Ubu Libri, la casa editrice di Franco Quadri, gli dedica in questi giorni, Il Teatro Vagante di Giuliano Scabia, è un anti-Ulisse, uno che ha usato la sua intelligenza e il suo talento non per entrare nella città, bensì per uscirne fuori, per andarsene all’aperto.
Scabia è uno degli eccentrici e degli inclassificabili della cultura italiana. Uno dei suoi primi lavori, La fabbrica illuminata, è un testo per Luigi Nono andato in scena nel 1964 alla Biennale di Venezia, mentre nel 1967 esce da Einaudi, nella collana sperimentale diretta da Sanguineti, Manganelli e Davico Bonino, All’improvviso & Zip, due testi sperimentali, il primo di undici libri pubblicati tutti dall’editore di Torino: romanzi, teatro, poesia, pagine piene di disegni, acquerelli, scritture calligrafiche. “Il primo anno”, mi racconta, “il corso era dedicato al Teatrogiornale. Con materiali poveri, carta, cartone, legno, fili, mettevamo in scena le notizie del giorno. L’idea era di andare nelle piazze e di inscenare, con gli strumenti del teatro, gli avvenimenti italiani e stranieri di quel momento: burattini, dialoghi, canti, maschere, azioni di mimo, sagome. Partivamo da canovacci su Andreotti e l’IVA o il presidente Nixon. Ci si preparava a esibirci davanti alla gente. In due occasioni siamo usciti fuori dal Teatro delle Moline e siamo andati al Mercato della Montagnola. C’era anche Roberto Faenza che ci riprendeva”.
Giuliano Scabia, Schizzi
Il rapporto con la città di Bologna non è stato uno dei più facili. Nel 1969, prima di arrivare al DAMS, Scabia aveva preparato un testo per le scene, ma la Comunità Teatrale dell’Emilia-Romagna, che lo aveva commissionato, lo eliminò dal cartellone per motivi politici. Scabia, nel suo furore di teatrante, è una persona mite, abituata a superare le difficoltà con lo slancio dei poeti: l’immaginazione. Nel 1975 uno studente dell’Appennino Reggiano portò a lezione un canovaccio, il Gorilla Quadrumàno, uno di quei testi che si recitavano un tempo nelle stalle, la sera. Scabia lo adottò subito e dopo una prova a Morro Reatino, un laboratorio con gli studenti, lo scimmione meraviglioso cominciò il suo viaggio per le strade dell’Appenino, fermandosi nelle piazze dei paesi, nelle scuole, nei vicoli. Per il gruppo dei ragazzi fu la scoperta di un’altra Italia montanara e contadina, abbandonata dai suoi abitanti a metà degli anni Sessanta, un mondo marginale che un tempo era stata uno dei fulcri della civiltà italiana. Mentre andavano di casa in casa Scabia e i suoi accoliti raccoglievano storie. Lo scrittore Gianni Celati, che condivise con Scabia alcune tappe di quel percorso, ha scritto che quello spettacolo degli studenti, un poco dilettantesco e volonteroso, è stata “un’accensione fantastica che produce l’entusiasmo degli incontri e dei racconti”.
Mentre camminiamo per strada, rievochiamo la Bologna degli anni Settanta, quella degli untorelli, delle manifestazioni colorate, della banda musicale che apriva i cortei degli studenti, di Piazza Maggiore. L’allegria e il carnevale di quei momenti è senza dubbio il frutto del lavoro nei piccoli teatri di Bologna di Scabia, delle lezioni di Celati e di Piero Camporesi. Da lì viene Radio Alice, l’occupazione delle aule, un Carnevale che si trasformò in Quaresima dopo i colpi che uccisero uno studente. La guerriglia, la città occupata dai mezzi blindati, i ragazzi contro il partito comunista, la spaccatura tra le generazioni. Arriviamo in Piazza Santo Stefano, vicino alla successiva sede del DAMS, in via Guerrazzi. Nel portico lungo la chiesa Pasolini ha ambientato la scena finale del suo Edipo Re. Qui Scabia, in un moto di pacificazione, dopo l’occupazione, insieme a Antonio Umili, uno dei maghi attuali dei fuochi d’artificio, inscenò il lancio delle mongolfiere. Il corso del 1977 consisteva nella costruzione delle mongolfiere di carta, arte che Scabia aveva appreso in un paese sull’Orinoco, in Venezuela, l’anno precedente. Mi racconta: “Uscii dall’università, dal laboratorio, suonando la grancassa e tirandomi dietro un centinaio di studenti. In piazza Santo Stefano, davanti all’antica chiesa, per terra accendemmo un fuoco e con questo attizzammo il fornellino imbevuto di alcool sospeso nella parte bassa della volante. Quando sentii che era piena d’aria calda, la lasciai andare. Volò in alto e tutti gli occhi della città, la Città capovolta di quei giorni, si voltarono verso l’alto. Volò oltre i tetti e tutti presero a inseguirla; saliva e scendeva accarezzando l’aria, entrò in una grande finestra in una delle banche di Piazza Minghetti e tornò fuori, scese lentamente e la raccogliemmo. Fu a questo punto che entrai in un bar e chiesi: Avete una cassetta da frutta?, è per il lancio della mongolfiera, per il fuoco. Come reagiranno, mi chiesi, a una richiesta così strana dopo due mesi di sconvolgimenti? Il proprietario ci diede la cassetta. Capii che qualcosa era cambiato, che stava cambiando. Poi abbiamo costruito trenta mongolfiere, a forma di pesce, di pera, di chiesa, di gelato, di cassaforte, di fuoco. Ogni lancio era un corteo musicale e una piccola festa, in giro per la città”. Il lavoro del laboratorio Macchine Volanti contagiò negli anni seguenti molte feste patronali in giro per l’Italia: gli studenti portavano la novità nei loro paesi e nelle città. Ne parla anche Enrico Palandri in quello che è il più bel romanzo del Settantasette, Boccalone, pubblicato da Elvio Fachinelli nelle sue edizioni L’Erba Voglio. Palandri, come Tondelli, è stato uno degli allievi di Scabia; entrambi lo ringraziano nei loro libri.
Giuliano Scabia, Schizzi
Saliamo lungo via Guerrazzi, una breve fermata alla vecchia sede del DAMS, poi via verso l’ex Carcere di San Giovanni in Monte, oggi una delle sedi più belle dell’Università, un convento rimesso a nuovo in cima a una salita. Scabia è un grande camminatore. Non si ferma mai. La sua strada è cominciata a Torino, nel 1970, vicino a Mirafiori, con il teatro di animazione, poi è proseguita nei teatrini dell’infanzia del centro Italia; si è inerpicato anche per sentieri e valli, tra boschi e radure. Un viaggio che ha caratteristiche mitiche, che connette due grandi assi della cultura italiana: la lingua e il paesaggio. Mentre il nostro Paese scivolava sempre più negli anni di piombo, Giuliano Scabia teneva viva la dimensione di un teatro politico e insieme poetico. Teatro dionisiaco, come dice lui, rievocando gli studenti che danzano e ballano nel cerchio del suo insegnamento bolognese. Scabia è andato in giro a leggere i suoi testi e i suoi racconti, pubblicati da Einaudi, Feltrinelli, Bulzoni, Ubu, per fienili, chiostri, seduto sull’erba o in cima a un albero, e qualche volta persino in teatro. Non conosce solo le vie di Bologna, di cui mi indica i negozietti di pasta fresca e le librerie, gli anfratti e le scorciatoie, ma anche tutti i piccoli paesi dell’Italia, i festival locali, i gruppi teatrali, le sagre e le feste. Il suo Teatro Vagante, alla pari dell’insegnamento bolognese, come ha detto Celati, ha avuto il merito di tenere viva “l’animazione del mondo”. Ha pensato il teatro non come una semplice attività scenica, ma come a una visione che lega gli uomini agli dèi, il cielo alla terra. I suoi testi, pubblicati da editori importanti come da stamperie casalinghe, sono già una finzione mitica che apre, attraverso le meraviglie seriocomiche dell’inverosimiglianza, una vertigine di indeterminatezza, aggiunge Celati. Giuliano Scabia ha il merito di toglierci l’idea di capire il mondo per via documentaria: “È la comprensione affettiva che allora ci si aspetta si faccia avanti, l’unica possibile per intendere i messaggi degli dèi, cioè il nostro destino”. Nel 1977 il poeta è stato a Trieste, invitato da Franco Basaglia, e ha costruito con i matti Marco Cavallo un grande animale che è uscito dalla cinta muraria dell’Ospedale psichiatrico e ha attraversato le vie della città, diventando un happening, un personaggio e anche un libro edito da Einaudi. Questa azione è proseguita nel decennio successivo ed è culminata con il Drago di Montelupo, costruito dai detenuti e dagli operatori del Manicomio criminale di Montelupo Fiorentino nel 2003.
Scendiamo verso la stazione ferroviaria, attraversando la città dei portici e le piccole viuzze. Andiamo in via Azzo Gardino, l’ex macello dove ci sono i nuovi laboratori del DAMS, dopo essere passati per via Barberia, altro luogo del suo insegnamento. Qui c’è la nuova sede, con teatri, sale, e la Cineteca con il Fondo Pasolini. Tre giovanissimi ragazzi stanno lavorando al computer per montare i vecchi video di Scabia e dei suoi allievi. Vediamo scorrere le immagini delle altre mille avventure, nel corso degli anni Ottanta e Novanta: Nutrire Dio, Bestie in corpo, Sentiero interno di bosco e bestie, sono titoli di altrettanti corsi. Ci sarebbero di raccontare altre meravigliose storie, ma subito scappiamo via. Scabia allegro, con i capelli bianchi, che nei vecchi video sono una chioma, una parrucca di teatro, un’aureola, un segno d’eccezione, mi parla quasi sussurrando. Me lo immagino quando, di recente, è andato a Torino, all’Einaudi, per mostrare tutto il suo lavoro teatrale. Ha portato con sé una valigia di libri; li ha aperti e sparsi sul pavimento. Mi figuro la sorpresa e l’imbarazzo dei suoi interlocutori: come fare con tanti fogli, pagine, operine, libretti? È un lavoro unico, in Italia e nel mondo. Scabia è un folletto, un coboldo, è inafferrabile, come dice Barba. La sua arte, rifletto mentre mi accompagna verso i binari, è quella della metamorfosi: cambia continuamente, eppure è sempre lo stesso, è perfettamente riconoscibile nel corso dei decenni. Il suo teatro possiede una qualità rara, il genius loci, che è poi quella che fa unico il nostro paese. Il suo teatro è denso, ma anche leggero come l’aria. Per questo va dove vuole.
Marco Belpoliti
Questa conversazione è apparsa in forma più breve su “La Stampa” nel 2005
Il Diavolo e il suo Angelo, ph. Sebastiana Papa
Prolusione al convegno Camminando per le foreste con Nane Oca
(a cura di Silvana Tamiozzo Goldmann e Paolo Puppa, Venezia, Dipartimento di Studi Umanistici e Dipartimento di Filosofia e Beni culturali di Ca’ Foscari, 19 maggio 2015)
È con emozione e gratitudine che, anche a nome di tutti i personaggi della saga di Nane Oca, qui apro il cammino. Gratitudine per gli studenti, i relatori straordinari, i lettori e tutti i presenti. E per Silvana e Paolo, studiosi clarissimi della letteratura e del teatro che hanno avuto il coraggio di invitarmi e invitarvi al gioco delle foreste.
Nane Oca. Titolo del primo libro. Ero incerto. Nane Oca o Giovanni Oca? Quando ne parlai allora, 1990 all’incirca, a Roberto Cerati, mio referente alla casa Einaudi, il grande Roberto costruttor di libri di cui vi mostro la foto insieme a Giulio: e che un giorno, qualche anno fa, mi regalò la sua regola di vita, stampata in 15 esemplari da Pulcino Elefante, eccola, che dice: esserci, se possibile, sempre, apparire mai, Cerati ha detto: Nane Oca. E io ho obbedito. C’è dietro, come si può capire, l’argomento della famosa lingua italiana, a partire dal volgare eloquio dell’infinito maestro Banighieri alle jure dei meneghelli e alle stralingue dei pluri pavanti sapienti. Nane Oca è scritto in italiano, la lingua italiana che amo e cerco di nutrire ascoltando il Pavano Antico e, per quanto possibile, i suoni e i segni di tutte le lingue del mondo – alla maniera del professor Pandòlo.
Ciò detto, voglio lanciare un argomento per questo simposio, dando voce e presenza al Beato Commento.
CHE DICE
Può sembrare un gioco da bambini quello a cui l’autore ci ha invitati – di andare camminando per le foreste, la Pavante e le sorelle. L’invito, come immaginato in precedenti colloqui avvenuti a bocca per campi e calli e fantasmicamente via rete, ha scopo sia esplorativo sia meravigliante – essendo che l’aggirarsi dentro un romanzo – e in particolare un romanzo di foreste – può produrre effetti narcotici, a volte pericolosamente a filologici – di puro godimento della lettura – e basta.
E basta?
Ma non è la lettura lo specchio della scrittura – la Sacra Scrittura?
E dunque perché noi Commento siamo beati? Perché ci beiamo del leggere e ascoltare le tremanti parole.
Siamo qui curiosi d’ascoltare. Sappiamo che l’autore, lui e il suo rovescio, Lianogiù Biascà – hanno un rovello racchiuso in una domanda: sta in piedi, come unico romanzo, quello che adesso è diviso in tre? È poesia che resiste al tempo – o l’ha già adocchiata il gatto di quasi ogni scrittura divoratore?
Giuliano Scabia, Nane Oca, ph. Maurizio Conca
Com’è bella la luce del giorno, com’è misterioso il buio della notte! Confortati, come gli antichi silvani dal fiato delle capre, e come moderni Beati Commenti dal respiro dei lettori presenti e dalla fede nel momón – certi di ottenere l’immortalità tramite elisir, eccoci nei pressi dell’intreccio.
O intreccio! Quanti si sono persi negli intrecci dei romanzi e della vita, vuoi Angeliche, vuoi Argonauti, vuoi Orlandi e Rinaldi, vuoi cavalieri della Tavola Rotonda, vuoi Napoleoni, vuoi Pinocchi – e quanto ha rischiato di smarrirsi, e perire, l’autore, sempre in ballo coi quasi duemila personaggi (troppi?), e sempre in lotta col tempo, che non si sa mai chi sia dentro il suo intreccio – e con lo spazio, dove a un certo punto non si capisce più se siamo nel Mondo Questo, nel Mondo Quello, nel Magico Mondo o chissà dove. Speriamo che i convitati ci diano qualche lume per meglio capire dov’è la realtà, là fuori, là dove siete voi, così spesso ingannati dagli echi e specchi e selfie del sempre più di sé immatonito Narciso filmetico teletico e internetico, mai stanco di contemplarsi. Noi Beato Commento, comunque, restiamo vigilanti onde esser pronti a dare quel calcetto negli stinchi che qualche volta può salvare gli andati in oca dal precipitare negli abissi. Ah, come sono beato oggi!
Giuliano Scabia
Giuliano Scabia, ph. Massimo Agus
Ciclo del Teatro Vagante
(Sono elencati quasi tutti i testi, le tracce, gli schemi vuoti coi quali ho esplorato le vie della scrittura teatrale. Ho inserito anche testi e frammenti ancora in corso di elaborazione. L’asterisco indica i testi già pubblicati, in Italia o in altri paesi.)
1) Diario italiano, per la musica di Luigi Nono, 1963/64*
2) La fabbrica illuminata, per la musica di Luigi Nono, 1964*
Ciclo del Teatro Vagante:
3) All’improvviso, 1965*
4) Zip Lap Lip Vap Mam Crep Scap Plip Trip Scrap & la Grande Mam alle prese
con la società contemporanea, 1965*
5) I burattini di Brecht, traccia per un dramma, 1968
6) Interventi per la visita alla prova de L’Isola Purpurea di Michail Bulgakov,1968*
7) Fuochi sulle colline e drago che uscirà dal mare (schema vuoto),1968*
8) Il Grande Pupazzo (il Totem), (schema vuoto),1968*
9) Traccia del superpupazzo (il demiurgo) (schema vuoto, elaborazione collettiva),
1969
10) Scontri generali, 1969*
11) Un nome così grande, 1969/70*
12) 600.000, 1969/70*
13) Il teatrino di corso Taranto (schema vuoto), 1969/70*
14) Azioni di decentramento. Ricerca di un teatro organico (un diario), 1969/70*
15) Fuga inseguimento e grande giardino, 1969, radiodramma
16) Barca dell’orsa remigante, un frammento per sognare, 1971
17) Quadrato (da dove vengono i burattini?), frammento, 1971
18) Inizio del suono e del fuoco, 1971, radiodramma
19) Quattordici azioni per quattordici giorni, (in riva al Po insieme ai ragazzi sento
la bellezza di andare vagando su un carro con burattini e racconti, e comincio a
capire cosa vuol dire ascoltare), 1971*
20) Commedia armoniosa del cielo e dell’inferno, 1971*
21) Albero dei violini accesi, 1971
22) I giganti del Po, 1972*
23) Viaggio da isola felice a continente pieno, (schema vuoto), 1972
24) Morte della geometria, (poema per due voci), 1972*
25) Forse un drago nascerà (schema vuoto), 1972*
26) Teatro in tempo pieno, (schema vuoto), 1972*
27) Fiaba del Teatro Vagante, 1972
28) Laboratorio aperto a Roma, 1973
29) Fantastica visione, 1973*
30) Marco Cavallo (schema vuoto), 1973*
31) Genesi/la creazione (schema vuoto per l’Odin Teatret), 1974*
32) Il Gorilla Quadrumàno, azioni di drammaturgia e scritture collettive, 1974/75*
33) Commedia della barca e del fiume (schema vuoto per il Gorilla Quadrumàno),
1975*
34) Grande comedie du Gorilla Quadrumàno dans le bassin de Longwy et a Nancy
(schema vuoto), 1975*
35) Il Teatro Vagante alla ricerca della Vera Storia del territorio di Mira e dei suoi
abitanti,(schema vuoto per Mira), 1975*
36) La principessa del castagno, frammento, 1975
37) Tragedia del Monte Ricco, visione frammento, 1975
38) Il racconto del teatro, dieci tempi del Teatro Vagante per la radio, 1977: (I°,
Forse un drago nascerà, II°, Il cavallo azzurro, III°, Se ho un leone che mi
mangia il cuor; IV°, Viaggio con l’uomo selvatico; V°, Vera storia; VI°, Publico
ascolta quel che ti descrivo; VII°, La stalla di Fornolo e la poesia; VIII°, Il
paese di Cuccagna; IX°, Teatro notturno; X°, Fantastica Visione)
39) Comedie des italiens, con Gianni Celati, 1978
40) Il Diavolo e il suo Angelo, 1979*
41) La Giostra di san Giovanni, (laboratorio di macchineria su schema vuoto), 1978/1980*
42) Lettera a Dorothea sopra il Diavolo e il suo Angelo, 1980*
43) Stanza, traccia per un viaggio, 1980
44) Ma io insistetti per stare volando ancora un poco (seconda lettera a Dorothea
sopra il Diavolo e il suo Angelo), 1983*
45) Lettere a un lupo, 1982/83*
46) Cinghiali al limite del bosco, 1984*
47) Visioni di Gesù con Afrodite, 1984*
48) Teatro notturno, 1985*
49) Tragedia di Roncisvalle con bestie seguita dalla farsa di Orlando e del suo
scudiero Gaìna alla ricerca della porta dl Paradiso, 1980-87*
50) Commedia del poeta d’oro, con bestie, 1985*
51) Gli spaventapasseri sposi, 1985*
52) Scoglio gabbiano e navicella, 1985*
53) Apparizione di un teatro vagante sopra le selve, 1987*
54) Trekking di letture con bosco e animali, teatro camminante attraverso la selva
della valle Benedetta, 1988
55) Sei tu il corpo amoroso che sveglia il teatro degli dei (terza lettera a Dorothea
sopra il Diavolo e il suo Angelo),1991*
56) Dioniso germogliatore, poema per danzatori,1995*
57) Gloria del teatro immaginario, 1996*
58) Veronica e Clelia sono ricomparse (schema vuoto), 1999*
59) Camminata notturna da Santarcangelo al mare (racconto del teatro), 1999*
60) L’insurrezione dei semi, 2000*
61) Barca di bestie con arcangelo e delfino, un frammento, 2000
62) Contrasto dei millenni e dell’umanità, 1999/2000*
63) L’insurrezione dei semi, 2000*
64) Barca di bestie con arcangelo e delfino, 2000?
65) Operina del cervo e dell’aurora, 2000*
66) Operina del tempo perturbato, 2001*
67) Operina dell’amore e della luna, 2003*
68) Gallocavallo, 2004
69) Il Drago di Montelupo, (schema vuoto e racconto)*
70) Opera del Sole sfolgorante, 2004*
71) Messaggeri e messaggini (con Carlo De Pirro, testo per musica), 2004*
72) Commedia di aironi, 2004/2005
73) Opera delle anime, 2005/2006°
74) Ipotesi del Teatro Vagante su una tragedia della madre, un frammento, 2006
75) Barca stellare e trans comedy, un frammento, 2006
76) Farsa di Ettore e Achille al bar di piazza Omonia in Athene, un frammento,
2006
77) Canto del vento magistrale, 2006*
78) Commedia del tutto possibile verso galassie, 2006
79) Tragedia dell’impero umano, farsaccia per due bestie, 2007
80) Canto del guardare lontano, 2007*
81) Visione del teatro futuro, scena unica, 2007
82) Canto dell’anno che verrà, 2008*
83) La luce di dentro. Viva Franco Basaglia, da un testo di Gianni Fenzi, con inserti
di Marco Cavallo, Saba, Merini, Breton, Artaud, Scabia, Dell’Acqua, 2009*
84) Canto del mormorio, 2009*
85) Nane Oca rivelato visita il Teatro Olimpico, per lo stupore va in oca, narra
visioni e tramite magico santino prova a ridare la vista a Edipo re che lo
aspetta insieme ad Antigone, dopo di che lo fanno assistere alla prova della
Commedia di orchi da sangue, 2010*
86) La prima pietra, scena unica, 2010
87) Commedia del risveglio (Commedia di impiccati), 2011
88) Commedia di matti assassini, 1997/2012
89) Dialogo fra un salvatore del mondo e un attore di strada, 2012
90) Veglia di cavalieri, 2012
91) Grande viaggio fra innumerevoli porte, ipotesi, 1970/2013
92) Canto del murator su un foglio chino, 2013
93) Il re del mondo
Da sinistra di Giuliano Scabia, Lettera a Dorothea, Copertina; Ottava d'oro; Fantastica Visione
Bibliografia teatrale:
La fabbrica illuminata, in Padrone & Servo, D’Urso-Sciascia, 1964; All’improvviso & Zip, Einaudi, 1967; Interventi per la prova de L’isola purpurea, Piccolo Teatro, 1968 e in Teatro nello spazio degli scontri, Bulzoni, 1973; Schema vuoto per l’Odin Teatret di Holstebro, 1974, in “Culture teatrali”, n.12, primavera 2005; Commedia armoniosa del cielo e dell’inferno, Einaudi, 1969; Scontri generali, Einaudi, 1983 (in Teatro nello spazio degli scontri, 1973); Il Gorilla Quadrumàno, Feltrinelli, 1974; Marco Cavallo, Einaudi, 1976; Il Diavolo e il suo angelo seguito dalla Lettera a Dorothea, La Casa Usher, 1981; Teatro con bosco e animali, Einaudi, 1987; Fantastica Visione, Feltrinelli, 1988; Gloria del teatro immaginario, Centro Servizi Spettacoli di Udine, 1997; Sei tu il corpo amoroso che sveglia il teatro degli dei, Università di Bologna-Centro la Soffitta, 1997 e in Carmelo Alberti, Teatro nel Veneto, vol.II., La scena del mondo, Fabbri, 2003; L’insurrezione dei semi, Ubulibri, 2000; Visioni di Gesù con Afrodite, Ubulibri, 2004; Messaggeri e messaggini (con Carlo de Pirro), in La Biennale. Catalogo del Festival Internazionale della Musica, 2004: La luce di dentro. Viva Franco Basaglia, Titivillus, 2010.
(g. s.)
CSS Udine, Gloria del teatro immaginario con Luigi Lo Cascio, Rita Maffei, Emanuele Carucci Viterbi, ph. Alberto Capellani
CSS Udine, Commedia del poeta d'oro con bestie, ph. Alberto Capellani
Struttura del Canzoniere
(Una lettera di Giuliano Scabia)
Padrone & Servo (alcune poesie)
Critica del teatro e dubbi sulla matematica (in Almanacco dello Specchio)
Il poeta albero
Canto notturno di Nane Oca sul platano alto dei Ronchi Palù
Opera della notte
Canti del guardare lontano
Canti brevi (uscirà l’anno prossimo)
Albero stella di poeti rari
Come si lega tutto?
Il sentiero sotto stante è quello delle poesie (dalle poesie sono entrato in teatro, prima con Nono poi con Quartucci).
Il viaggio del Teatro Vagante è legato alla poesia, perché il Vagante è anche il poeta che va cercando (ogni tanto durante Il Diavolo e il suo Angelo dicevo: Ed è per me in questo andare/parlare e cantare/conoscere e rappresentare/il gran teatro del mondo). Il Teatro Vagante è la barca del teatro e della poesia, come si vede nei testi che aprono i Canti del guardare lontano, tutti firmati “dal Teatro Vagante”). Il ciclo del Teatro Vagante è il secondo sentiero sotto stante, il più sperimentale: è il camminare andare nel terreno vago, fecondo e da fecondare: il terreno del mondo e della mente: esplorazione del teatro/del vedere aver visioni: theatrum mentis et corporis, alla ricerca dell’altro: alla ricerca del anche del capire il teatro e la poesia.
Il terreno vago: sotto stante c’è il luogo memoriale, il fondamento sub stratuale: il Pavano Antico (luogo paradiso/luogo fraternale, materno paterno: là è la radice di tutto il teatro possibile, con la Fantastica Compagnia Dilettantistico Amatoriale e Nane Oca actor auctor dell’immensa commedia – comedìa, anche in senso dantesco:
storia che inizia “fetida” (la battaglia delle acque sguaratone) e termina felice (tavola rotonda e rivelazione: Nane Oca rivelato, canto notturno dei poeti sull’albero alto, canto che giunge fino all’inizio dell’universo: e nell’ultima foresta, la sempre più estesa, c’è anche Dante con le tre donne: Dante che viene “corretto”).
Il ciclo di Lorenzo e Cecilia (che è in fieri) è sempre legato alla poesia e al viaggio del teatro: Lorenzo è voce/violoncello/Orfeo che col suono incanta/guarisce (ecco Marco cavallo, ecco il teatro/musica gioco), e in Cecilia mostra la preziosità della lingua personale, quella che diventa logos nel canto a due voci con l’arcangelo. Nel ciclo di Lorenzo mostro tutta la potenza della musica/lingua, sempre nel gran teatro che va dai colli alle Alpi al mare, che nel terzo tempo (uscirà a gennaio) chiamo la coppa del paesaggio. L’albero dei poeti (il platano alto dei Ronchi Palù) è l’asse di quel mondo e il letamaio dei Gu è l’onfalos di tutta la saga di nane Oca. Mentre il bagolaro del monte Ricco, piantato da Lorenzo, è l’onfalos della saga di Lorenzo e Cecilia.
Ma forse ho rivelato troppo.
g.s.
Firenze, Laboratorio GS, preparazione della mostra MASSA, ph Maurizio Conca