Speciale
Doni / Il presente
Sono pochi quelli bravi
Che sanno subito reagire al presente
Avendo cose da dire su questa pandemia
pochi
BASICAMENTE UNO PIU DI TUTTI
Zerocalcare
Solo lui
Per lui rispetto e gioia
Quasi felicità nel marasma di sensazioni sconosciute che mi galleggiano addosso e dentro in questo momento
La chiara abbondanza di acutezza stratificata causa un piacere specifico, che è stato poco indagato
Gli altri, ahimè anche i più buoni, per me se evitavano di avere subito qualcosa da dire
e non dicevano
Era così tanto meglio
Io sul presente, niente
In generale
L’ho sempre detestato il presente
Figuriamoci poi questo qui che ci tocca
Ma anche qualsiasi altro qui
lo stare qui
In un qualunque qui
un qualunque ora, adesso, attimo, momento, istante
Stare Qui e non altrove
In questo indirizzo
Queste coordinate cartesiane che sono questo e nient’altro
Solo questo…
Che poca cosa
Il presente per me acquisisce dignità solo appena diventa passato
su
Dammi un passato da reinventare
Un futuro da immaginare
Ma il presente si subisce e basta
Sempre
bello o brutto che sia
Il presente ti passivizza
Ti rende preda
E da lì, dal luogo della non fantasia
beh
Oddio che noia
Che sonnolenza
Che abbiocco
Che maledizione
Ma quelli che mi urtano di più sono quelli che ci faranno i pezzi
Le scene, e le scenette
Magari una trilogia
Quelli che faranno una riscrittura de La Peste in una settimanella
(dicendo che l’hanno tradotta dal greco antico di proprio pugno, e già lì… qualche sospetto no?)
Che pare che Camus, poverello, non l’abbia scritto bene di suo, eh no
Camus scriveva così così,
si sa
per questo TU, chiunque tu sia anonimo copione privo di idee, lo devi rovinare
Eh?
Alla fine il perché tu lo faccia, non me lo chiedo, lo so: sei mediocre,
ma perché te lo producano e te lo facciano fare.?
...lì…, boh: …o mi do la stessa risposta o non so che dire
Disprezzo poi profondamente quelli che già adesso, e poi
stanotte e domattina
stanno scrivendo il libro
I libri
Che usciranno domani, al massimo la settimana prossima
Sulla cosa questa che sta accadendo e che ci travolge un po’ inebetiti giustamente
Perché ci stanno, come no, quelli che credono di sapere già, ora, dal presente del presente
presente che in sé è esorbitante, per questo per me inintelligibile
cosa dire
in generale fregnacce
e da lì, da queste celie, fandonie, cose di poco conto snocciolate al volo
ecco che altri di quelli così giù che coordinano, budgettano e smanettano a sei mani
ed ecco che tra venti giorni esce
La serie.
O peggio: le serie
dove faranno vedere prima di tutto la vita nelle “città vuote”
(se andando a fare la spesa becco uno che filma la mia strada deserta lo picchio)
E poi peggio,
molto peggio
la lallazione del momento:
l’arte, la poesia, l’amore, il the, la nascita, il coito, o la cacca “al tempo del coronavirus”
Ora, cercando di rimanere calmi
Chiunque associ queste due parole in un’opera, anche un’immagine,
per i prossimi 10 anni
dovrebbe essere insultato, lui / lei / loro, espulso dalla città e dalla rete e dal reale, e bruciato, l’opera, non lui / lei / loro
che pena, che nausea tutto questo sciacallaggio
E chiunque dia un mezzo premio,
un mezzo sospetto di aiuto alla creazione,
una mezza pagnottella col salame
a uno/una che scriva o peggio, molto peggio,
metta in scena una cosa su questo fatto che ci accade
suggerisco venga defenestrato
Può sembrare radicale, ma non lo è
È giusto.
Una finestra, in questi casi, può molto.
E chi può
Deve aiutare.
Un po’ radicale, lo ammetto
Deve essere che sono 10 giorni che nessuno mi citofona.
Lucia Calamaro 16 marzo, Roma