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Buoni e giusti / La campagna di Makkox per Coop
Qual è il sistema di interazione che oggi le catene della grande distribuzione realizzano con i propri acquirenti? Mentre Auchan tende a costituire il proprio rapporto con i clienti in termini abbastanza meccanici, con una forte zonizzazione dei propri spazi e una proliferazione di linee con preparazioni complesse già pronte (a Palermo, ad esempio, da qualche tempo è attiva un’area sushi con tanto di cuciniere orientale a prepararlo su richiesta e a impromptu), Lidl sceglie la via dell’imprevisto, proponendo i propri spazi commerciali come luogo della chine, di una passeggiata alla scoperta di beni non necessari e forse anche inutili (chi può dire di aver bisogno di una lampada da presa con proiettore?).
Esselunga punta su una forma di snobismo, legato all’esibizione di una certa noncuranza della affiliazione da supermercato, vedi le campagne pubblicitarie ludiche ed evasive che ne hanno segnato la storia. C’è poi Conad che punta tutto sulla relazione “calda” con i propri consumatori. Il suo slogan, “Persone oltre le cose”, va nella direzione della negazione di ogni meccanicità (rappresentata, in questa veloce sintesi, da Auchan) in nome di una preminenza del rapporto sentimentale e umano: non è un caso che nell’ultima campagna pubblicitaria, il suo retro-bottega venga riconfigurato, in una vetta forse ineguagliata di patetismo da supermercato, in un’improvvisata sala operatoria.
Essa viene allestita per far nascere il bimbo di una coppia di clienti, la cui puerpera è colta da doglie proprio nel supremo momento dello shopping: poco male, lo spazio del supermercato, sembra suggerire Conad, è pronto a riarticolarsi come involucro accogliente per ogni evenienza, parto compreso. E la Coop? Prendiamo le ultime campagne per la celebrazione del settantesimo anniversario del brand. Per l’occasione, è stato chiamato il noto fumettista Makkox come autore e testimonial di varie iniziative, fra cui ricordiamo il calendario del 2018 e una webseries arrivata, mentre scrivo, alla seconda puntata. La serie – potremmo definirla un bildungsroman da supermercato – segue il percorso di formazione del protagonista, sorta di avatar dello stesso fumettista. Egli, quarantenne, si presenta come un sopravvissuto dell’era della glaciazione del gusto, portata avanti, per anni, proprio dalla grande distribuzione organizzata a partire dall’industrializzazione del secondo dopoguerra. Tirato su nei famigerati anni 80 a forza di junk food, merendine e torte già pronte dagli improbabili ingredienti (“limatura di bulloni”), non si capisce come possa essere riuscito a rimanere sostanzialmente immune alla gastromania che imperversa nello scenario mediatico dei nostri anni.
Si ritrova, così, a interagire in un ambiente familiare decisamente mutato rispetto alle sue abitudini alimentari. Il nipotino, tutto social e iperconnesso, pretende dalla mamma che torni in cucina, a preparare per lui manicaretti salutari, rifiutando le proposte di cibo spazzatura dello zio. C’è poi la nonna, anche lei decisamente avanti in fatto di consumo critico, grazie alle dritte del genero “socio coop”: sarà lei a guidare amorevolmente Makkox nel magico mondo delle politiche alimentari, aiutandolo a distinguere fra uova da allevamento intensivo e allevate a terra. Sarà ancora lei a chiedere conto all’incredulo protagonista, della storia, dell’origine e di ogni altra notizia utile a ricostruire una narrazione dei tanti prodotti della spesa quotidiana, vero obiettivo e valore ricercato dai consumatori al giorno d’oggi. Il suo ruolo di nonna, amorevole e conciliante, sarà la chiave per superare lo scetticismo di Makkox di fronte alla nuova affiliazione che gli viene prospettata, oltre ogni rigidità del cognato “socio coop”, alfiere del politicamente corretto, sempre pronto, come un grillo parlante, a recitare la parte di primo della classe e, pertanto, mal tollerato dal protagonista. In queste simpatiche scenette familiari quello che manca è proprio il supermercato. Diversamente da quello che abbiamo visto a proposito degli altri supermercati della GDO, Coop sceglie di assumere una politica differente.
Sceglie di raccontare e spiegare, assume il ruolo di soggetto razionale che ripone fiducia sulla possibilità di convincere il prossimo della bontà della propria azione sul mondo, mettendosi in relazione con lui sul versante della chiarezza e dell’argomentazione razionale. Il tutto in nome della costituzione di un collettivo ampio e aperto a nuove fasce, si spera sempre più ampie, di consumatori consapevoli, di cui, lo si dichiara già nell’intro della serie, Makkox stesso insieme al suo avatar verrà chiamato a far parte. Tutto ciò non può che avvenire prendendo le distanze dai tanti maestrini circolanti on e offline dall’identità troppo rigida e poco tollerante verso ogni inadeguatezza del prossimo. Significativo che la Coop affibbi questo non esattamente gradevole ruolo proprio al “socio coop”.
La parabola proprio per il suo carattere eminentemente politico fa, allora, riflettere: vale la pena forse prendere sul serio la simpatica indicazione di Makkox e della Coop che per allargare la community in cui si vive e far prosperare la propria visione, si debba battere la strada dell’apertura verso la complessità del mondo, prendendosi la briga di convincere il prossimo con i propri argomenti, oltre ogni inutile settarismo o isteria identitaria. Da tanto tempo, la sinistra (ricordiamo che è questo il milieu sociale da cui Coop proviene) ha rinunciato a farlo. E questa è la strada che ci hanno indicato le nostre nonne e i nostri nonni, fondatori della patria repubblicana e democratica, oltre che, come si vede nella webseries targata Coop, modello di nuovo consumatore del supermercato. Teniamolo a mente, in tempi così difficili, come quelli che stiamo attraversando.