Marco Belpoliti
L'età dell'estremismo
«Viviamo sotto la minaccia continua di
due prospettive egualmente spaventose,
anche se apparentemente opposte: la banalità ininterrotta e un terrore inconcepibile.» Susan Sontag lo scriveva nel 1965,
ma quasi cinquant’anni dopo le cose non
sono cambiate. Al contrario, ogni giorno ci
dispensa dosi massicce tanto di banalità
quanto di terrore: dal kitsch televisivo e
politico alla fantascienza catastrofica che
trionfa al cinema, dalle devastazioni di
Cernobyl e Fukushima alle tragedie delle
Torri gemelle e di Bali. Così un inquietante filo rosso lega Hitler e Disney, un film
come Matrix e l’arte post human, le luci
spente di Pyongyang e la teoria freudiana
dell’oblio. E su tutto domina un’estetica
che è anche una condanna: quella del
frammento, delle macerie, eternamente
declinate in muri distrutti, con corredo di
catarsi mediatica, solo per essere ricostruiti altrove, precarie frontiere di nuovo e
sempre trasgredite. La cifra di questa nostra «età dell’estremismo».
Marco Belpoliti ne rilegge la storia in un
percorso che inizia negli anni Ottanta e
procede a balzi avanti e indietro nel tempo
per condurci dall’Iran di Khomeini al bunker di Bin Laden, dal cinema di Hitchcock
alla fotografia di Basilico, dal Memoriale
di Berlino alla guerra dei droni, da Babele
a Hiroshima. Intrecciando letteratura e arti visive, storia e performance, di opera in
opera scrive il vero romanzo della contemporaneità: una mappa del nostro tempestoso presente.
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