Occhio rotondo 11. Danza
Il dettaglio di un gesto della mano. Nuria Sala Grau danza seguendo lo stile Bharatanatyam, uno dei più antichi del repertorio classico indiano. Il nome proviene dall’autore di un trattato di drammaturgia, Bharata. Melina Mulas l’ha colto con il suo obiettivo insieme a molti altri riprodotti in un libro intitolato Anjali. Offering by dancing, ovvero “offrire danzando” (Edizioni Astragalo). Sono fotografie prese per lo più frontalmente. Fissano la danzatrice mentre compie alcuni dei movimenti rituali: “ampi e precisi, sempre simmetrici, organizzati su un’articolazione del corpo che fissa gli angoli, le linee, i volumi”. Marilia Albanese spiega l’origine di queste danze nel testo che accompagna gli scatti della fotografa milanese, un piccolo trattato dedicato a questo aspetto rituale che nel recente passato è stato oggetto d’una damnatio memorie da parte dell’India che vuole essere moderna.
In questa fotografia di Melina Mulas, unico dettaglio gestuale del volume, forse non è evidente un aspetto importante, ovvero che “il movimento coinvolge tutti i muscoli del corpo, compresi quelli del volto”, dal momento che l’arte dell’abihnaya, “espressione delle emozioni e dei sentimenti, ne è una caratteristica essenziale”. Qui sono le dita e non il viso della danzatrice ad essere guardate da vicino. Ci parlano. Le estremità della mano e dei piedi sono state colorate di rosso, colore simbolico. Il pollice è levato verso l’alto, l’indice è teso in avanti e le altre dita ripiegate: l’anulare tocca il palmo in un’affermazione d’equilibrio, posizione d’arresto e di quiete, e anche di concentrazione.
Le sequenze che la fotografa ha fissato esprimono dinamismo e insieme staticità, non solo per l’immobilità dallo scatto, ma perché l’autrice ha cercato di cogliere il momento di massima estensione e concentrazione del gesto. Che le mani parlino lo sappiamo tutti. Parlano un linguaggio che è differente da una cultura all’altra, in quanto non si tratta di un linguaggio naturale, bensì appreso. In questa immagine l’aspetto rituale del movimento delle dita è specificato in modo evidente e l’immagine ne sottolinea le posture. Ci dice qualcosa di specifico e, se anche non comprendiamo la lingua che sta parlando, tuttavia la sentiamo altamente significativa. Come scrive Marilia Albanese, la fotografia di Melina Mulas ritrae la danzatrice “attraverso una sinfonia di curve, la sua figura sembra costruita con linee concave e convesse, che la fissano nell’attimo di massima tensione del movimento”.
In questo movimento le dita della mano destra significano qualcosa di molto preciso, sottolineano con la direzione delle dita un orientamento dell’intero corpo, accentuano un’indicazione che è nel resto della figura umana; d’altra parte le nostre dita parlano con il corpo e per il corpo di cui fanno parte in modo privilegiato, alla pari del viso che nella cultura visiva cristiana è dominante. Nella concezione hindu, scrive Marilia Albanese, l’universo appare, permane, scompare, in un’incessante danza di stelle, pianeti, galassie: negli interstizi dello spazio “il gioco della vita continua su piani diversi e mentre un mondo viene all’essere, un altro termina e un altro ancora è nel pieno del suo svolgimento”. Chissà se quelle dita che Nuria Sala Grau piega, allunga e alza corrispondono a una stella o a un pianeta. L’idea che il nostro corpo corrisponda nelle sue parti all’universo, lassù nel Cielo, è affascinante.
Da secoli la nostra cultura ha abbandonato il legame tra il microcosmo e il macrocosmo che nei movimenti fissati dall’obiettivo di Melina Mulas appaiono significativi, ovvero dotati di un senso efficace. Le mani hanno smesso di indicare, come nei quadri della tradizione pittorica cristiana, qualcosa che include la sfera religiosa, la quale è massimamente espressiva per la cultura indiana tradizionale. Le mani oggi sono spesso mute, salvo in alcune occasioni. E quando parlano chiacchierano. La chiacchiera, come ha sottolineato Martin Heidegger, è in un certo senso una restrizione del linguaggio alla pura comunicazione. E per quanto comunicare sia essenziale in ogni relazione umana, resta escluso un aspetto che un tempo invece apparteneva alla sfera del sacro: comunicare e insieme indicare qualcosa di misterioso.
Basta pensare alle Annunciazioni. L’arcano è la sfera cui alludono i movimenti della danza di Nuria. Le sue dita parlano nella fissità del gesto rituale di ciò che è ultimativo e definitivo. Questa danza nei suoi movimenti ci parla dell’enigma dell’esistenza “che pulsa nello spazio infinito”. La danza esprime la certezza del moto cosmico, il ripetersi dei cicli universali. Tutto in quelle dita.
In copertina, © Melina Mulas, Danza.
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