Sentenza del processo a Erri De Luca

19 Gennaio 2016

Il processo a Erri De Luca per ‘istigazione a delinquere’ ha suscitato reazioni di sdegno in Italia e all’estero, ad esempio in Francia: come è possibile che in uno stato democratico dell’Occidente europeo si incrimini oggi uno scrittore per un  reato d’opinione? Perché una frase che incoraggia al dissenso e incita ad opporsi alla realizzazione di un’opera giudicata da molti dannosa e inutile deve essere perseguita legalmente? E perché ogni iniziativa che esprime solidarietà al movimento No Tav deve per forza assumere un connotato eversivo? A queste ragioni sono state opposte quelle di chi ritiene che la libertà d’opinione non sia un bene illimitato ma debba essere esercitata nel rispetto di regole che tutelino la libertà di chi pensa ad esempio che la Tav sia un’opera utile e che chi la costruisce debba poter svolgere serenamente il lavoro che gli è stato legittimamente assegnato. Su questa questione e sulla ‘valenza performativa’ della parola ‘sabotaggio’ si è espressa la Prima Sezione Penale del Tribunale di Torino dopo un dibattimento iniziato a gennaio 2015 e l’acquisizione agli atti di numerose testimonianze. Il 19 ottobre dello stesso anno La corte emetteva una sentenza di assoluzione nei confronti di Erri De Luca “perché il fatto non sussiste”.

 

Doppiozero pensa che sia utile fornire ai suoi lettori le motivazioni di questa sentenza per la rilevanza delle questioni dibattute e per capire i meccanismi e la logica della decisione giuridica adottata dal tribunale.

 

 

 

 

 

 

Sentenza n. 4573/15

Data di sentenza: 19 ottobre 2015

Data di deposito: 18/01/2016

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

TRIBUNALE DI TORINO

PRIMA SEZIONE PENALE

 

Il tribunale di Torino, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Immacolata Iadeluca, all'esito dell'udienza pubblicata in data 19 ottobre 2015, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente

 

SENTENZA

 

nei confronti di:

> DE LUCA ENRICO, nato a Napoli, il 20 maggio 1950; residente e domiciliato ex art. 161 c.p.p. in Roma, Via di Tragliatella n. 113; LIBERO - presente;

difeso di fiducia dagli Avv.ti Gianluca VITALE del foro di Torino e Alessandra Ballerini del foro di Genova;

 

IMPUTATO

 

del reato di cui all'art. 81 cpv., 414 comma 1 nn. 1) e 2) c.p. per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, pubblicamente istigato a commettere più delitti e contravvenzioni ai danni della società L.T.F. s.a.s. e del cantiere TAV LTF in località La Maddalena di Chiomonte (TO), area di interesse strategico nazionale ai sensi dell'art. 19 della legge n. 183/11.

Delitti e contravvenzioni, tra i quali quello p. e p. dall'art. 635 comma 2 c.p., dell'art. 19 comma 2 in relazione all'art. 19 comma 2 in relazione all'art. 682 c.p., legge n. 183/11.

In particolare, il DE LUCA nel corso delle interviste rilasciate al sito web Huffington Post - gruppo Espresso in data 1.9.2013 e all'A.N.S.A. in data 5.9.2013 istigava a sabotare e danneggiare il cantiere TAV-LFT, rilasciando le seguenti dichiarazioni:

 

[Huffington Post] "... la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo... sono necessari per far comprendere che la Tav è un'opera nociva e inutile... hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l'unica alternativa..."

[A.N.S.A.] "... resto convinto che il TAV sia un'opera inutile e continuo a pensare che sia giusto sabotare quest'opera..."

Accertato in Torino dal 1 settembre 2013 al 10 settembre 2013, data di deposito della denuncia/querela

 

 

in relazione al quale si è costituita

 

PARTE CIVILE

 

- L.T.F. S.a.s. (Lyon Turin Ferroviaire), ora TELT S.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore;

rappresentata e difesa dall'Avv. Alberto MITTONE del foro di Torino presso il quale è domiciliata ex-lege;

 

Con l'intervento del Pubblico Ministero Dott.ri Antonio RINAUDO e Andrea PADALINO e delle difese in persona dell'Avv. Alberto MITTONE del foro di Torino per la parte civile e degli Avv.ti Gianluca VITALE del foro di Torino e Alessandra BALLERINI del foro di Genova, per l'imputato.

 

Le parti hanno concluso come segue:

 

P.M.: Ritenuta provata la penale responsabilità dell'imputato per il reato a lui ascritto, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 bis c.p. per il comportamento processuale, condannarsi lo stesso alla pena di mesi 8 di reclusione.

 

Difensore della parte civile:

 

Si chiede che venga affermata la penale responsabilità di Erri DE LUCA in ordine ai reati ascritti e condannato alle pene di legge e al risarcimento dei danni tutti da liquidarsi in separata sede a favore della presente Parte Civile.

Spese di costituzione e rappresentanza come da nota a parte.

 

Difensori dell'imputato: Assoluzione dell'imputato, ex. art. 530 c.p.p., perché il fatto non sussiste. In subordine, assoluzione perché il fatto no costituisce reato.

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

In data 9 giugno 2014, all'esito dell'udienza preliminare, veniva emesso decreto che dispone il giudizio nei confronti di Enrico DE LUCA, in relazione al reato in epigrafe indicato.

All'udienza di comparizione del 28 gennaio 2015, controllata la regolarità della costituzione delle parti, procedendosi in presenza dell'imputato ed autorizzate ex artt. 487 c.p.p. e 147 disp. att. c.p.p. le richieste di ripresa audiovisiva del processo, il Tribunale dichiarava aperto il dibattimento[1]; poi il P.M. esponeva i fatti oggetto dell'imputazione che intendeva provare, chiedeva l'esame dei tre testi indicati nella propria lista, nonché l'esame dell'imputato; chiedeva inoltre l'acquisizione della documentazione che produceva, consistente in sentenze di condanna di primo e secondo grado emesse nei confronti di Davide FORGIONE e Paolo ROSSI, album fotografico relativo ai fatti oggetto delle citate condanne, copia delle riviste "LAVANDA Note di viaggio contro il TAV" del 15 ottobre 2011, 19 febbraio 2012, 29 settembre 2012 e 3 luglio 2013 e "INVECE Mensile anarchico" dell'ottobre 2013, riproduzione su DVD della trasmissione Otto e Mezzo del 10 gennaio 2015 (contenente intervista all'imputato); opuscoli intitolati TAV Watching del febbraio 2014 (ove si indicano le aziende interessate alla costruzione dell'opera pubblica); copia ulteriore delle dichiarazioni rese dal DE LUCA all'Huffington Post ed all'ANSA.

La difesa della parte civile esponeva quanto intendeva provare, si riservava il controesame dei testi delle altre parti e chiedeva l'acquisizione della documentazione che produceva, consistente in: scritti ed interviste rilasciate dal DE LUCA e scritti relativi al passato dell'imputato.

La difesa dell'imputato, a sua volta, esponeva quanto intendeva provare e chiedeva respingersi la richiesta di esame dei testi avanzata dal P.M., in subordine indicando a prova contraria sui testi d'accusa, eventualmente ammessi, Livio PEPINO (sulle circostanze su cui sono stati dedotti i testi del P.M. VIRANO, BUFALINI e PIETRONZI), Luca GIUNTI, Ivan CICCONI (sulle circostanze su cui sono stati dedotti i testi del P.M. VIRANO e BUFALINI), Angelo TARTAGLIA, Luca MERCALLI, Marco TOMALINO, Alberto POGGIO, Daniel IBANEZ, Dario FRACCHIA (sulle circostanze su cui è stato dedotto il teste del P.M. VIRANO); si riservava il controesame dei testi del P.M. eventualmente ammessi, chiedeva l'esame dell'imputato ed altresì respingersi le produzioni documentali sia del P.M. sia della parte civile.

Il Tribunale ammetteva la sola testimonianza dei testi del P.M. Giuseppe PETRONZI e Maurizio BUFALINI (e di conseguenza le testimonianze a prova contraria dei testi della difesa PEPINO, GIUNTI e CICCONI), respingendo la richiesta d'esame del teste del P.M. Mario VIRANO (Commissario del Governo e Presidente dell'Osservatorio per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione), ritenuto manifestamente non rilevante rispetto al tenore dell'imputazione, in quanto capitolato su circostanze attinenti al progetto (dal punto di vista politico, organizzativo ed ambientale) per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione. Venivano invece ammesse le produzioni documentali del P.M., in quanto vertenti sui fatti oggetto di processo e le produzioni documentali della parte civile, limitatamente alle dichiarazioni rese dall'imputato in interviste e testi scritti sui fatti oggetto di processo. Su accordo delle parti, veniva poi acquisita la denuncia presentata nei confronti dell'attuale imputato, il 10 settembre 2013, da Marco RETTIGHIERI, quale legale rappresentante e direttore generale di L.T.F. S.a.s.

Nella successiva udienza del 16 marzo 2015, si procedeva all'esame dei testi del P.M. Giuseppe Petronzi (Primo Dirigente DIGOS Torino) e BUFALINI Maurizio (direttore generale di L.T.F.), nonché dei testi della difesa dell'imputato citati a prova contraria su quelli del P.M. appena esaminati, Ivan CICCONI (direttore di un'associazione in tema di trasparenza appalti e compatibilità ambientale) e Livio PEPINO (presidente del Controsservatorio Val Susa). Durante gli esami, venivano prodotti dalle parti: copia delle riviste "LAVANDA Note di viaggio contro il TAV" del 15 novembre 2013 e degli articoli estratti dai siti internet notav.info e finimondo.org (produzioni del P.M.), copia di missive intercorse con Marco RETTIGHIERI (produzione della difesa di P.C.), decreto di archiviazione G.I.P. Torino del 16 giugno 2009, in processo contro ignoti, per fatti avvenuti in Venaus il 6 dicembre 2005 (produzioni della difesa imputato).

Nell'udienza successiva del 20 maggio 2015, la difesa rinunciava all'esame del proprio ultimo teste Luca GIUNTI, con il consenso delle altre parti ed il Tribunale revocava l'ordinanza ammissiva del predetto teste. In seguito, si procedeva all'esame dell'imputato. La difesa della parte civile produceva, durante tale esame, fotografie di scritte "Sabotav" sui muri e colonne cittadine, articolo estratto da "Il Fatto Quotidiano" e copia del libro scritto dall'imputato ed intitolato "La Parola Contraria". Veniva, invece, respi

nta dal Tribunale – in quanto attinente documenti non rilevanti per il processo – la richiesta della difesa dell'imputato di acquisizione di scritti di personaggi famosi di commento al processo al DE LUCA.

Infine, chiusa l'istruzione dibattimentale, il P.M. ed i difensori rispettivamente della parte civile e dell'imputato esponevano le conclusioni sopra indicate, all'esito delle quali, dopo l'ascolto delle spontanee dichiarazioni rese dall'imputato, veniva dichiarato chiuso il dibattimento.

 

In base agli atti utilizzabili ai fini della decisione, all'esito dell'istruzione dibattimentale, i fatti per cui è processo possono essere ricostruiti nei termini che seguono.

Il 10 settembre 2013, Marco RETTIGHIERI, legale rappresentante e direttore generale di L.T.F. S.a.s. presentava denuncia contro l'attuale imputato Enrico DE LUCA per le affermazioni da questi rese in un'intervista rilasciata alla giornalista Laura EDUATI, il 1° settembre 2013, sull'Huffington Post testata giornalistica on-line in collaborazioni con il "Gruppo Espresso", nonché per le ulteriori dichiarazioni rilasciate, sempre dal DE LUCA, all'ANSA, il 5 settembre 2013. Sosteneva, in particolare, il RETTIGHIERI in denuncia (acquisita su accordo delle parti), che tali dichiarazioni sarebbero state "un invito, e cioè un'istigazione a compiere atti illeciti, il sabotaggio della Tav" e, dunque, chiedeva di valutare l'integrazione di eventuali fattispecie di reato, quale quella di istigazione a delinquere di cui all'art. 414 c.p.; da qui, l'inizio dell'attuale procedimento penale.

Quanto alle dichiarazioni rese nell'intervista del 1° settembre 2013 (cfr. in copia in atti), lo stesso articolo pubblicato sulla testata on-line precisava che "Lo scrittore Erri De Luca, raggiunto al telefono dall'Huffpost, commenta con scarne parole l'accusa che il procuratore Giancarlo Caselli lancia nei confronti degli intellettuali che a sinistra «sottovalutano pericolosamente l'allarme terrorismo in Val di Susa»".

In particolare, l'episodio che aveva dato causa alle dichiarazioni dell'allora Procuratore Capo di Torino G. CASELLI, alle quali rispondeva il DE LUCA nell'intervista oggetto della denuncia, era da rinvenire in quello verificatosi il 30 agosto 2013 e consistente nell'arresto di due giovani, Davide FORGIONE e Paolo ROSSI, che trasportavano in auto – come emerge dall'imputazione per illegale detenzione di esplosivi formulata nel processo a loro carico (cfr. sentenze emesse in I e II grado nei confronti di FORGIONE e ROSSI) – artifici e razzi pirotecnici, petardi, tubi in PVC con un'estremità chiusa da nastro isolante, "diavolina", chiodi, corde, bottiglie di benzina, cesoie da ferro (in numero di quattro) fionde e maschere anti-gas (cfr. fascicolo fotografico in atti degli oggetti sequestrati). Così delineava il teste PETRONZI, il contesto nel quale si inseriva l'arresto di FORGIONE e ROSSI: "... il 30 agosto e quindi siamo più o meno verso la fine dell'estate, un'estate che come dicevo prima era stata caratterizzata dall'arrivo della macchina, dalla cosiddetta talpa che non era stato digerito bene da una parte del Movimento, venne indetta un'iniziativa sempre presso il cantiere. Questa iniziativa, come avveniva in altre occasioni prevedeva il raduno dei partecipanti nella cittadina di Giaglione, dalla quale si può raggiungere attraverso un percorso di un paio di chilometri circa l'area del cantiere, un lato dell'area del cantiere ... (omissis) ... Notammo dei movimenti particolari, attraverso un servizio combinato con l'Arma dei Carabinieri, provocammo il controllo di un'autovettura a bordo della quale c'erano due attivisti del Movimento di matrice Askatasuna credo, che si chiamano Forgione e Rossi. Il controllo ebbe esito positivo, nel senso che all'interno dell'autovettura venne trovato molto di quel materiale più tipico utilizzato in occasione degli attacchi, quindi in ragione delle circostanze di tempo, di luogo e di fatto la manifestazione che stava lì per arrivare ed indiscutibili tutti quelli da Venaus stavano andando ad incontrarsi a Giaglione per confluire poi alla manifestazione, vennero trovate ricordo senza ombra di dubbio delle cesoie, cinque bottiglie da un litro e mezzo ciascuna di benzina, grossi petardi, fuochi d'artificio, tubi che sono stati utilizzati negli attacchi precedenti, compreso quello del 14 maggio, impiegati a mo' di mortaio ed altro materiale che non ricordo e che comunque posso fare riferimento agli atti. A quel punto, dopo questo arresto, l'iniziativa che avrebbe dovuto avere luogo subì una sorta di modifica..."[2]

Era lo stesso articolo dell'EDUATI ad indicare, quale premessa e presentazione dell'oggetto dell'intervista al DE LUCA, proprio l'appena descritto episodio relativo all'arresto di FORGIONE e ROSSI: "ieri altri due ragazzi appartenenti ai No Tav sono stati arrestati mentre trasportavano in macchina molotov, maschere antigas, fionde, cesoie, chiodi a quattro punte e altro materiale destinato, secondo gli investigatori, a danneggiare i cantieri dell'Alta Velocità. È proprio quest'ultimo episodio a spingere CASELLI contro i cosiddetti cattivi maestri. DE LUCA ha letto le dichiarazioni del magistrato ma non si scompone. Non è un uomo loquace, risponde con fermezza e senza appello".

A tale premessa, seguiva l'intervista (dalla quale nel capo di imputazione sono estrapolate alcune frasi, ma che appare opportuno riportare nel suo complesso) rilasciate telefonicamente, il 1° settembre 2013, alla giornalista EDUATI, dall'attuale imputato e pubblicata sull'Huffington Post, testata on-line; intervista dal seguente contenuto:

"Erri De Luca, ha ragione il procuratore capo di Torino quando paventa il terrorismo No Tav?

Caselli esagera.

Forse esagera, ma in macchina i due ragazzi arrestati avevano caricato molotov...

(sorride ironicamente) ...Sì, pericoloso materiale di ferramenta. Proprio quello che normalmente viene dato in dotazione ai terroristi. Mi spiego meglio: la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo.

Dunque sabotaggi e vandalismi sono leciti?

Sono necessari per far comprendere che la Tav è un'opera nociva e inutile.

Sono leciti anche quando colpiscono aziende che lavorano per l'Alta Velocità come quella di Bussoleno, chiusa per i continui danneggiamenti? Non si rischia un conflitto tra lavoratori e valligiani?

La Tav non si farà. È molto semplice.

La posizione è chiara. Ma è antitetica a quella presa dal governo.

Non è una decisione politica, bensì una decisione presa dalle banche e da coloro che devono lucrare a danno della vita e della salute di un'intera valle. La politica ha semplicemente e servilmente dato il via libera.

Di questo passo, afferma Caselli, arriveremo al terrorismo. Lei invece quale soluzione propone?

Non so cosa potrà succedere. Mi arrogo però una profezia: la Tav non verrà mai costruita. Ora l'intera valle è militarizzata, l'esercito presidia i cantieri, mentre i residenti devono esibire i documenti se vogliono andare a lavorare la vigna. Hanno fallito i tavoli del governo, hanno fallito le mediazioni: il sabotaggio è l'unica alternativa.

Politicamente come si risolve?

Arriverà un governo che prenderà atto dell'evidenza: la valle non vuole i cantieri. E finalmente darà l'ordine alle truppe di tornare a casa".

In una successiva dichiarazione, resa all'ANSA il 5 settembre 2013, il DE LUCA rendeva le seguenti dichiarazioni: «Resto convinto che il Tav sia un'opera inutile e continuo a pensare che sia giusto sabotare quest'opera»; dichiarazioni, come spiegato nella stessa nota ANSA, pronunciate da "... Erri De Luca, commentando la decisione di Ltf di denunciarlo per le affermazioni dei giorni scorsi. «Hanno detto che mi denunceranno? Mi sembra ancora che siamo alla fase delle chiacchiere sottolinea come impresa devono avere mandato avanti l'ufficio stampa prima ancora che quello legale... »".

Quelle sopra riportate sono le frasi che hanno riportato all'attuale imputazione formulata nei confronti del DE LUCA.

 

 

Così ricostruiti i fatti come sopra esposto, ritiene questo Tribunale che sia necessaria una breve premessa in diritto onde rispondere alle questioni poste dalla difesa dell'imputato in punto elementi di frizione che i reati di cui all'art. 414 c.p. (istigazione a delinquere ed apologia di reato) incontrerebbero rispetto al principio costituzionale di libera manifestazione del pensiero di cui all'art. 21 Cost.

L'istigazione a delinquere penalmente rilevante, punita dagli artt. 414 co. 1 e 2 c.p. (oggetto di imputazione nel caso in esame), è costituita da un'azione esplicata sulla psiche di altre persone per spronarle a compiere fatti determinati di reato, nella duplice direzione di far sorgere o rafforzare motivi d'impulso oppure di eliminazione o affievolimento di freni inibitori (cfr. nozione in Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 347 del 6.04.1971 ud. dep. 30.09.1971), rv. 119131, Ozzo). Il co. 3 dell'art. 414 c.p. disciplina, invece, un'altra fattispecie di reato, costituita dall'apologia di reato, ossia quella condotta di esaltazione di un fatto illecito o del suo autore con l'intento di propaganda, con lo scopo di spronare o eccitare altri all'imitazione o, quantomeno di eliminare la ripugnanza verso il fatto medesimo od il suo autore; dunque, trattasi si una forma di "istigazione indiretta".

Per il reato di istigazione a delinquere (ma anche per quello di apologia), il profilo di maggior rilievo attiene al rapporto che la condotta del soggetto agente deve avere con l'oggetto dell'istigazione, ossia il requisito dell'idoneità della condotta a turbare l'ordine pubblico; elemento che costituisce il vero e proprio punto di confine fra la libertà di manifestazione del pensiero e l'esigenza di tutela dell'ordine pubblico.

Infatti, nelle pronunce più risalenti nel tempo, il delitto di istigazione a delinquere è stato ricostruito in chiave di pericolo presunto e, solo a seguito delle pronunce della Corte Costituzionale n. 65/1970 e 108/1974, è divenuto maggioritario l'orientamento giurisprudenziale che individua nei delitti di cui all'art. 414 c.p. (istigazione a delinquere e apologia) dei reati di pericolo concreto. Sul punto, del tutto netta è la motivazione di Cass. Pen. Sez. I, sent. 10641 del 3.11.1997 ud., dep. 22.11.1997, imp. Galeotto (est. Canzio), nella quale si afferma chiaramente che: "Non si può seriamente dubitarsi che, da un lato, la libertà di manifestazione del pensiero non possa ritenersi assoluta, ma debba trovare limiti nella necessità di proteggere altri beni di rilievo costituzionale e nella esigenza di prevenire o far cessare turbamenti della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce anch'essa una finalità immanente dell'ordinamento statale, e che, dall'altro, le fattispecie punibili di apologia di reato e di istigazione a delinquere non siano quelle che si estrinsecano in una semplice manifestazione di pensiero diretta alla propalazione di dottrine promuoventi l'abbandono di norme incriminatrici, attraverso la dimostrazione del loro disvalore sociale o morale, bensì solo quelle che, per le modalità in cui vengono compiute, presentano una forza di suggestione e persuasione tali da potere stimolare nel pubblico la commissione di altri delitti del genere di quello oggetto della apologia e dell'istigazione: la linea di demarcazione fra la libertà di manifestazione del pensiero e i delitti di istigazione e di apologia è segnata dunque dall'elemento della concretezza del pericolo, che la condotta dell'agente abbia provocato all'interesse protetto dalla norma incriminatrice (Corte costituzionale, sentt. n. 65 del 1970 e n. 108 del 1974). Va ribadito quindi il principio reiteratamente affermato che, perché possa ravvisarsi la stessa materialità del delitto in questione, occorre che sia posta in essere pubblicamente la propalazione di propositi aventi ad oggetto comportamenti rientranti in specifiche previsioni delittuose, effettuata in maniera tale da potere indurre altri alla commissione di fatti analoghi: di talché è indefettibile l'idoneità dell'azione a suscitare consensi e a provocare «attualmente concretamente» in relazione al contesto spazio-temporale ed economico ed economico sociale ed alla qualità dei destinatari del messaggio il pericolo di adesione al programma illecito ... (omissis) ... Orbene, se è necessario che la condotta vietata presenti anche un contenuto immediatamente offensivo per il bene tutelato, in quanto solo il requisito di una concreta offensività per tale interesse riesce a superare e neutralizzare le garanzie poste dal sistema costituzionale a tutela della libertà di manifestazione del pensiero e della critica, appare impropria l'affermazione del giudice di merito, ancorata ad un meno recente ed ormai superato indirizzo giurisprudenziale (Cass., 18.0.1983, Bonanno; 11 dicembre 1981, Scuderi; 10 marzo 1981, Menghini; 15 dicembre 1980, Papini), secondo cui il reato di istigazione «è un reato formale o di mera condotta con evento di pericolo presunto, in quanto per esso non è richiesto il verificarsi né del danno temuto, né di una concreta situazione di pericolo»".

Dunque, la riconducibilità di istigazione della fattispecie di istigazione a delinquere di cui all'art. 414 co. 1 e 2 c.p. (al pari di quella dell'apologia di cui al co. 3, ricostruita come una "istigazione indiretta") nell'alveo dei reati di pericolo concreto è oramai affermazione prevalente nella giurisprudenza di legittimità più recente, in quanto unica lettura che consente di ravvisarne la compatibilità con il principio dell'art. 21 Cost., in un equilibrato bilanciamento di interessi rispetto alla tutale dell'ordine pubblico (cfr. Cass. Pen. Sez. 1, sent. n. 26907 del 5.06.2001 Ud., dep. 3.07.2001, rv. 219888, Vencato: "Il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall'art. 414 cod. pen., è reato di pericolo concreto e non presunto; pertanto l'esaltazione di un fatto di reato o del suo autore finalizzata a spronare altri all'imitazione o almeno ad eliminare la ripugnanza verso il suo autore non è, di per sé, punibile, a meno che, per le sue modalità, non integri un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato"; cfr. Cass. Pen. Sez. 1, sent. n. 25833 del 23.04.2012 ud., dep. 4.07.2012, rv. 253101, Testi: "L'esaltazione di un fatto di reato, finalizzata a spronare altri all'imitazione integra il delitto di istigazione a delinquere quando, per le sue modalità, sia concretamente idonea a provocare la commissione di delitti, il cui accertamento, riservato al giudice di merito, è incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato"; Cass. Pen. Sez. I sent. 7842 del 20.01.2015, dep. 20.02.2015: "... è indefettibile l'accertamento in ordine alla idoneità dell'azione posta in essere dall'imputato a suscitare consensi ed a provocare «attualmente e concretamente» in relazione al contesto spazio-temporale ed economico-sociale ed alla qualità dei destinatari del messaggio il pericolo di adesione al programma illecito").

Posto questo primo dato, la valutazione della sussistenza o meno del requisito della "concretezza" del pericolo in relazione alla condotta ascritta all'imputato "non può prescindere dalle stesse modalità del comportamento tenuto dal soggetto attivo, sì che il giudice di merito deve individuare il perché la condotta incriminata assistita dal c. d. dolo istigatorio, consistente nella coscienza e volontà di turbare l'ordine pubblico o la personalità dello Stato sia da ritenersi dotata di forza suggestiva e persuasiva tale da poter stimolare nell'animo dei destinatari la commissione di fatti criminosi propalati o esaltati (Cass., Sez. I, 25 settembre 1992, De Maria, Giur. it., 1993, II, 586; 27 settembre 1991, Mazzucchelli, Cass. pen., 1993, 1715, rv. 188454; 23 giugno 1988, Struwe; 14 giugno 1988, Pierattini, Foro it., 1989, II, 147; 6 aprile 1988, Gallo, Cass, pen., 1990, 850; 12 maggio 1986, Pizzarelli)" – cfr. Cass. Pen. 10641/1997, Galeotto, sopra citata.

Ovviamente nessun rilievo riveste la circostanza che l'istigazione non venga accolta e non si traduca nella commissione di reati (ipotesi nella quale ci si troverebbe a varcare i limiti del concorso morale nel reato commesso dai soggetti che hanno recepito l'istigazione), posto che è penalmente rilevante l'istigazione che, sulla base di un giudizio ex ante e in concreto, si riveli idonea a indurre, in un intervallo temporale ristretto, certuno a commettere un reato. Sul piano dell'accertamento dell'idoneità, un ruolo centrale è svolto dall'elemento della contiguità temporale tra istigazione e possibile commissione del reato istigato, in quanto è di immediata comprensione che quanto più la prospettiva della realizzazione del fatto si allontani nel tempo, tanto meno la condotta risulterà concretamente pericolosa.

 

 

Occorre dunque valutare, sulla base degli esiti dell'istruttoria dibattimentale, l'idoneità della condotta ascritta al DE LUCA (pronuncia delle frasi sopra ricordate nell'intervista all'Huffington Post ed all'ANSA) a suscitare consensi ed a provocare «attualmente e concretamente» – come indicato dalla Suprema Corte, in relazione al contenuto del messaggio, al contesto spzio-temporale ed economico-sociale ad alla qualità dei destinatari del messaggio – il pericolo di adesione a quanto dichiarato.

Il primo elemento che deve essere valutato è il contenuto del messaggio veicolato dalle parole del DE LUCA, nell'ambito di una lettura integrale (necessaria come indicato dalla giurisprudenza; vedi Cass. Pen. Sez. I, sent. 40552 del 7.10.2009, dep. 20.10.2009, Golisano) dell'intervista rilasciata il 1° settembre 2013 all'Huffington Post e poi delle frasi riportate nell'ANSA del 5 settembre 2013 che sono sostanzialmente una ripetizione del concetto già espresso il precedente 1° settembre.

Come sopra spiegato, le frasi dell'attuale imputato riportate nell'imputazione, vengono pronunciate, nell'intervista rilasciata all'EDUATI, per commentare l'arresto di FORGIONE e ROSSI, per possesso di materiale esplosivo e di altri oggetti, quali quattro cesoie. Il DE LUCA, nella prima parte delle sue affermazioni, durante l'intervista, compie una svalutazione complessiva del gesto degli arrestati, definendo ironicamente il materiale sequestrato ai due, quale "... pericoloso materiale da ferramenta. Proprio quello che normalmente viene dato in dotazione ai terroristi". Nel continuare la frase, il DE LUCA afferma: "Mi spiego meglio: la Tav va sabotata. Ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti. Nessun terrorismo". Dunque, le parole "le cesoie servivano" e "sono utili tagliare le reti", inserite nel contesto in cui sono pronunciate, appaiono più un commento al fatto che le cesoie sarebbero state utili (da qui l'uso dell'imperfetto "servivano") ai due arrestati in quanto idonee a "tagliare le reti"[3] e non per compiere atti, a suo parere, riconducibili all'ambito del terrorismo, tanto che lo stesso conclude la frase proprio con "Nessun terrorismo". Il DE LUCA, in sede di esame, dà proprio questa spiegazione delle parole da lui pronunciate: "avevo ragione di pensare e di ribadire che non c'entrava nessun terrorismo in quella comunità. Avv. Difensore, Vitale Quindi era questo il pensiero che lei ritenne di veicolare con quell'intervista? Imputato, De Luca E. Sì, certo"[4]

A fronte di tale dato, va però evidenziato che l'accostamento, nell'ambito della stessa frase, del concetto che "la Tav va sabotata", rispetto all'indicazione che le cesoie sequestrate a FORGIONE e ROSSI il 30 agosto 2013 erano "utili a tagliare le reti", specie se lette assieme alla frase pronunciata sulla domanda successiva "Dunque sabotaggi e vandalismi sono leciti?", "Sono necessari per far comprendere che la Tav è un'opera nociva e inutile", possono anche condurre ad interpretare il senso del discorso come volto a giustificare il "sabotaggio" dell'opera TAV, tramite danneggiamenti con le cesoie (non con altri mezzi che sicuramente non vengono citati nelle parole del DE LUCA) e non mediante le altre modalità lecite alle quali il termine "sabotare" può riferirsi, come ricordato dall'imputato: "Ho usato il termine: "La TAV va sabotata", comunque il verbo sabotare secondo il dizionario della lingua italiana ha numerosi significati. Il primo che risulta è quello di danneggiamento materiale. Gli altri, invece, estesi ad altro significato, coinvolgono il verbo intralciare, ostacolare, impedire. Quindi ritengo di aver detto che la TAV, questa linea di presunta alta velocità si tratta di modesta accelerazione tra Lione e Torino da costruire, vada impedita, ostacolata e intralciata e perciò di fatto sabotata"[5].

L'interpretazione delle frasi del DE LUCA come una giustificazione del "sabotaggio" dell'opera TAV, effettuata tramite danneggiamenti con le cesoie da compiersi in area di interesse strategico, è una di quelle possibili, emergenti dal senso delle parole usate, anche se è espressamente smentita, durante l'esame, dallo stesso imputato che, alla precisa domanda del Pubblico Ministero se l'opera di ostacolo, di intralcio, di sabotaggio andasse "... fatt[a] con le cesoie e le molotov?", ha risposto: "Evidentemente no. Opera di ostruzione, impedimento e ritardo, intralcio di quest'opera dura da più di 20 anni da parte di una comunità della Valle di Susa unanime che conquista una unanimità e [con] ostruzione, impedimento e ostacoli [è] riuscita a sabotare finora quest'opera. Se si fosse trattato di sabotare quest'opera con cesoie, quest'opera sarebbe già stata fatta da un pezzo"[6].

Dunque, l'analisi del messaggio veicolato dalle frasi del DE LUCA oggetto di imputazione è di per sé non univoca, posto che, nell'interpretazione datane dallo stesso imputato in udienza, il termine "sabotare" non è indicativo del ricorso a mezzi penalmente illeciti, come dallo stesso sostenuto: "... lo sciopero è esattamente questo: il sabotaggio della produzione. Si incrociano le braccia, si rifiuta di fare il lavoro assegnato e si danneggia, si sabota la produzione. Dunque ho del verbo sabotare e dell'azione di sabotaggio molti significati ai quali ho partecipato personalmente che considero nobili, giusti e necessari"[7].

D'altronde, si è già osservato che il tenore letterale delle parole può portare a ricollegare il termine "sabotare" al danneggiamento delle reti del cantiere TAV mediante l'uso di cesoie; dunque, come richiamo ad un fatto di rilievo penale.

Occorre, quindi, analizzare il contesto spazio-temporale ed economico-sociale nel quale le frasi sono state pronunciate, nell'intervista e nella dichiarazione all'ANSA.

Come si è sopra spiegato, la giurisprudenza richiede, per l'integrazione del reato di istigazione (sia nella forma diretta che indiretta) che le frasi vengano pronunciate in un contesto, ove per ragioni contingenti, è immediato ed attuale il rischio che il messaggio istigatorio eserciti la propria forza suggestiva e persuasiva verso lo stimolo nell'animo dei destinatari alla commissione dei fatti criminosi propalati. Ciò, in quanto, è di immediata comprensione che, quanto più la prospettiva della realizzazione del fatto si allontani nel tempo, tanto meno la condotta risulterà concretamente pericolosa. Ed è sempre dalla giurisprudenza di legittimità che ricava il significato dei requisiti dell'«attualità e concretezza». Infatti, è stata ricostruita l'istigazione a delinquere:

– nell'esposizione, in occasione di un incontro di calcio fra squadre con accese tifoserie, che più volte erano trascese in atti di violenza con coltelli, di uno striscione con la scritta «sotto l'ombra del cappello non ti fa capire se tira fuori il suo coltello o ti chiede come stai» con in calce la sigla B.I.S.L., dal significato "basta infami solo lame" (Cass. Pen. Sez. I, sentenza n. 25883 del 23.04.2012 Ud., dep. 4.07.2012, rv. 253101, Testi);

– nel caso in cui "... nel corso di un consiglio comunale nel quale il ... consigliere di opposizione... durante una pausa di sospensione della seduta, era intervenuto al microfono, parlando alla folla, più di cento persone, che aveva invaso l'aula, ed aveva invitato i manifestanti ad occupare la tendopoli realizzata dal comune per ospitare un campo nomadi ed a spostare la protesta in quel luogo. Successivamente era intervenuto dalla finestra del palazzo comunale, per calmare gli animi della folla che cercava di entrare, ed aveva ribadito la necessità di spostare la protesta al campo allestito dal comune, la protesta, spostatasi nel campo nomadi, era degenerata, tanto che i manifestanti avevano bruciato le tende e devastato il campo allestito dal Comune" (Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 40684 del 16.10.2008, dep. 31.10.2008);

– nel caso di un soggetto che "commentando un articolo apparso su un sito specializzato nella pubblicazione di «crimini degli immigrati» nel quale si parlava di un tentativo di stupro in danno di donna italiana da parte di un africano", aveva "pubblicato sul proprio profilo del social network Facebook la frase «mai nessuno che se la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato, vergogna!» accompagnata dalla fotografia di Cecile Kyenge, ministro dell'integrazione, in tal modo istigando a commettere violenza per motivi razziali"; fatto nel quale la Suprema Corte aveva precisato che, si era tenuto in conto il "... contesto nel quale ciò è avvenuto, caratterizzato da un acceso dibattito relativo ad un episodio di violenza sessuale in danno di donna italiana da parte di un africano" (cfr. Cass. Pen. Sez. I, sent. 42727 del 22.05.2015 ud. dep. 23.10.2015, Velandro);

– è stato riconosciuto il reato di apologia nel caso di "pubblicazione, in un periodico di ispirazione anarchica, di tre articoli dedicati alla descrizione di altrettanti attentati a impianti di pubblica utilità, nonché a stabilimenti industriali, e connotati da una forte esaltazione dei fatti, capace di far sorgere il pericolo di ulteriori reati e di turbare l'ordine pubblico"; (cfr. Cass. Pen. Sez. I, sent. n. 11578 del 17.11.1997 ud., dep. 15.12.1997, rv. 209140).

Dunque, dalla pur breve analisi giurisprudenziale sopra riportata, emerge che il contesto nel quale si calano le parole dal contenuto istigatorio viene valutato dalla giurisprudenza in senso alquanto stringente: il reato di istigazione (diretta o indiretta), nelle citate pronunce più condivisibili, viene ritenuto integrato nei casi in cui le parole si calano in un contesto che è particolarmente predisposto al recepimento di un messaggio istigatorio specifico: quali l'invito ad occupare il campo nomadi fornita da un consigliere comunale, rispetto ad una folla in tumulto che sta protestando in Comune proprio contro l'allestimento del campo; quale uno striscione provocatorio sull'uso di coltelli; quale una frase incitante allo stupro di un ministro, effigiato nella foto allegata, per ragioni razziali, postata in rete a seguito di un dibattito, su sito specialistico, sui crimini degli immigrati; quale la descrizione ed esaltazione di attentati a impianti di pubblica utilità ed a stabilimenti industriali, in un periodico di ispirazione anarchica.

 

 

Ben diverso è il contesto nel quale si calano le parole del DE LUCA, ossia un'intervista resa ad una testata on-line che collabora con il gruppo Espresso e che si occupa dei più svariati temi di attualità ed all'ANSA, entrambi mezzi diretti ad un pubblico nazionale, del tutto variegato e che non ha un particolare interesse verso il tema dell'opera TAV (sia in senso favorevole che in senso contrario), più sentito principalmente nella zona della Val di Susa. Dunque, non trattasi di dichiarazioni rese su testate locali dell'area valsusina o di ispirazione anarchica e, di conseguenza, dirette a destinatari più propensi al recepimento anche di un eventuale messaggio istigatorio. Ed, infatti, il contenuto delle dichiarazioni del DE LUCA, per quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, non è stato né pubblicato, ma neppure recepito o anche solo commentato (pur essendo irrilevante ai fini della configurabilità del reato che l'istigazione venga raccolta dai destinatari), nelle riviste legate all'area di protesta contro l'opera TAV, come quelle prodotte in atti "LAVANDA Note di viaggio contro il Tav" ovvero nelle riviste di spirazione anarchica quale la rivista "INVECE Mensile anarchico", ovvero nei siti internet notav.info e finimondo.org, parimenti legati alle stesse aree.

Deve tenersi conto, poi, anche del momento storico nel quale le parole del DE LUCA giungono, come ben descritto dal teste PETRONZI, ossia nel periodo di agosto/inizio settembre 2013, nel quale non vi è un particolare e più accentuato fermento – rispetto a quello che è in corso dal 2011 – attorno alle reti del cantiere TAV. Come raccontato dal teste PETRONZI, a partire al 27 giugno 2011 (data della ripresa dei lavori per la costruzione del TAV), era avvenuta una serie svariata di episodi di violenza, dal gennaio 2012, più violenti (PETRONZI: "in ragione della robustezza, della resistenze delle difese, gli attacchi sono stati sempre più violenti. Voglio dire, meno iniziative di carattere collettivo, popolare, ovvero passeggiate come venivano definite, quindi si assisteva o a delle passeggiate pacifiche, quindi ordinaria attività da parte degli attivisti del Movimento, molte di queste attività, soprattutto quelle in orario serale che andava verso il notturno poi terminavano con degli attacchi veri e propri al cantiere, ovvero attacchi all'improvviso, intendo dire attacchi non all'esito di attività di manifestazioni"[8]; tra questi, i fatti del 21 luglio 2012 con lancio di bombe carta verso le Forze dell'Ordine, i gravissimi episodi avvenuti nella notte fra il 13 ed il 14 maggio 2013 con lancio di molotov nel cantiere ed incendio di un mezzo e gli attacchi al cantiere, respinti dalle Forze dell'Ordine, del 10 e del 19 luglio 2013. Da tale data, secondo il racconto del teste PETRONZI, non vi erano stati più episodi particolarmente rilevanti di attacco al cantiere, grazie anche all'attività di controllo operato dalle Forze dell'Ordine. Lo stesso PETRONZI precisava di non avere notato un particolare incremento numerico nei reati commessi a partire dal 1° settembre 2013 rispetto a quelli del compiuti nel periodo precedente, iniziato nel 2011 ("dal punto di vista strettamente numerico non credo che ci siano delle grosse differenze"[9]). Vi erano stati, nell'agosto-settembre 2013, fatti ulteriori – rispetto a quelli già avvenuti con continuità sia nel 2012 che nei primi sette mesi del 2013 (e descritti anche a pag. 5 della rivista INVECE) – di natura incendiaria (un incendio di mezzi presso la Geomat di Bussoleno, avveniva nella notte tra il e 30 e il 31 agosto 2013), commessi presso società che operavano nel cantiere[10].

Dunque, le dichiarazioni del DE LUCA non si collocano in un moneto temporale particolare, rispetto a quanto già avvenuto dal giugno 2011 in poi, in relazione alla situazione dell'ordine pubblico legata al danneggiamento delle reti del cantiere TAV.

Da ultimo, il DE LUCA emerge dalle dichiarazioni del teste PETRONZI[11] come soggetto che non viene mai identificato tra coloro che partecipano agli episodi violenti e neppure tra coloro che vi prendono parte non attivamente; è altresì non scrittore che non pubblica articoli o scritti o rilascia interviste su riviste o fogli di settore, quale LAVANDA ed INCONTRI, teorizzanti l'opposizione violenta alla TAV. Ne consegue che lo stesso non risulta – dall'istruttoria svolta – neppure come un  personaggio che gode di un particolare seguito tra gli oppositori violenti dell'opera TAV.

In definitiva, anche a voler individuare una connotazione istigatoria (non univoca) nelle parole del DE LUCA indicate in imputazione, non si ritiene che stesse, per il contesto ed il momento (come sopra descritti) nel quale vengono pronunciate, possano ritenersi idonee ad istigare "attualmente e concretamente" qualcuno al compimento di reati di danneggiamento mediante l'uso di cesoie o di ingresso nell'area del cantiere di interesse strategico nazionale.

Ne consegue, la pronuncia assolutoria, ai sensi dell'art. 530 co. 1 c.p.p., perché il fatto non sussiste.

 

La complessa ricostruzione giuridica effettuata induce ad indicare in giorni novanta il termine per il deposito dei motivi della sentenza.

 

 

P.Q.M.

 

 

Visto l'art. 530 c.p.p.;

Assolve DE LUCA Enrico dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste.

 

Visto l'art. 544 c.p.p.,

Indica in giorni novanta il termine per il deposito dei motivi della decisione.

 

Così deciso in Torino, lì 19.10.2015.

 

Il Giudice

Dott.ssa Immacolata Iadeluca

 

 

 

[1]    Nel fascicolo dibattimentale, all'apertura, sono presenti: certificati anagrafici e di rito, dichiarazione di domicilio ex art. 161 c.p.p., nomina difensiva, atti relativi alla costituzione di parte civile e copia delle due dichiarazioni oggetto di imputazione (corpo del reato).

[2]    cfr. trascr. esame PETRONZI, udienza del 16 marzo 2015, pagg. 22.-24.

[3]    È il teste PETRONZI a spiegare, durante l'esame, pagg. 40 e 42, il significato del c. d. "taglio delle reti del cantiere" nelle proteste contro l'opera TAV: "Ho fatto prima riferimento ad attacchi al cantiere, i quali contemplavano in una determinata fase il taglio delle reti che in alcuni casi poteva apparire quasi simbolico, che avveniva alla luce del sole nel corso delle manifestazioni..."; "Avv. Parte Civile, Mittone - Visto che parliamo anche di reti, testimone, Petronzi G. - Sì, che è sostanzialmente il fil rouge, il tema di sempre, ovvero quando ho fatto riferimento già alla prima manifestazione, la più violenta quella del 3 di luglio era un assedio alle reti, quindi la simbologia delle reti ha sempre rappresentato un fattore estremamente importante".

[4]    cfr. trascr. esame imputato, udienza, 20 maggio 2015, pag. 10.

[5]    cfr. trascr. esame imputato, udienza, 20 maggio 2015, pagg. 3-4.

[6]    cfr. trascr. esame imputato, udienza, 20 maggio 2015, pag. 4.

[7]    cfr. trascr. esame imputato, udienza, 20 maggio 2015, pag. 15.

[8]    cfr. trascr. esame PETRONZI, udienza del 16 marzo 2015, pag. 11.

[9]    cfr. trascr. esame PETRONZI, udienza del 16 marzo 2015, pagg. 58 e ss., 64 e ss.

[10]  Non è neppure ipotizzata dall'accusa l'istigazione a commettere delitti di cui all'art. 424 c.p., della quale, d'altronde, non vi è traccia nelle frasi dell'imputato.

[11]  cfr. trascr. esame PETRONZI, udienza del 16 marzo 2015, pagg. 49 e ss.

 

 

 

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