Oggi a Bookpride A tutela di tutti i viventi / Tre domande sull'antifascismo oggi
Non voglio affermare che per essere antifascisti occorra una sola, inequivocabile legge, ma al di là dell’impegno personale, ogni cittadino italiano, e ovviamente ancor di più ogni cittadino italiano antifascista o potenzialmente antifascista, dovrebbe trovare nella legge italiana un alleato, o perlomeno un interlocutore chiaro; invece la legge italiana, a cominciare dalla Legge Scelba del 1952, per proseguire con la Legge Mancino del 1993, fino a inoltrarsi nei tentativi più recenti di Emanuele Fiano del Partito Democratico, sembra destinata a confondere, abbozzare; leggi nate per essere interpretate in modo contraddittorio, un modo così adatto al nostro vivere contemporaneo. Ciclicamente ascoltiamo la notizia di manifestazioni fasciste, slogan cantati da migliaia di persone impegnate nel saluto romano. A volte un volenteroso pm ravvisa gli estremi per una mite condanna e una sanzione pecuniaria. La richiesta di una condanna a 3 mesi e di una sanzione pari a 206 euro, a seguito di una manifestazione fascista, quando accade, è già molto. Ovviamente nessun fascista andrebbe mai in carcere per 3 mesi, ma la condanna avrebbe valore di segnale, di monito. E invece dalla pochezza della sanzione richiesta, 206 euro, deduciamo la mancanza di volontà da parte dello Stato di risolvere l’eredità fascista. Superare di pochi chilometri orari un limite di velocità prevede una sanzione più elevata. Insomma, essere un fascista, in Italia, conviene sempre.
E infatti, puntuale come al solito, ecco un gup che scagiona tutti, sentenza confermata dalla Corte d’Appello e dalla Cassazione. È legale sfilare nelle vie di Milano in un pomeriggio di primavera, mostrando simboli fascisti, bandiere, fiaccole; è legale inneggiare al fascismo, a fascisti morti divenuti simboli del fascismo, sfilare secondo la logica delle “manifestazioni usuali del disciolto Partito fascista”, per effettuare, appunto, la “chiamata del presente” o il “saluto romano”. E questo perché, secondo questi giudici italiani, l’intento è commemorativo e non è la prima tappa della ricostituzione del Pnf. Ah, la commemorazione. Non è sufficiente utilizzare i codici del “disciolto Partito fascista”; secondo questi giudici italiani le azioni e i canti non sono “idonei a provocare adesioni o consensi” utili per la ricostituzione del “disciolto Partito fascista”.
Ecco che allora, l’interpretazione di questi giudici italiani ci ricorda che qualsiasi manifestazione fascista, in Italia, è legale ed è concessa, anche qualora, durante la manifestazione, i fascisti vendano gadget e materiali fascisti “idonei a provocare adesioni e consensi”. Che strana interpretazione giuridica. Voglio dire, durante un concerto, quando si vendono gadget e materiali che inneggiano a un gruppo musicale, si dà per scontato che i prodotti in vendita servano a creare adesione e consenso nei fans di quel gruppo musicale, tanto che i materiali potrebbero essere il primo passo per fare nuovi proseliti, rafforzare lo spirito dei fans ormai pronti alla creazione di un partito inneggiante a quel gruppo musicale. Ma quella dei giudici è la stessa interpretazione dei politici del Partito Democratico: "Non introduciamo un reato di opinione, né puniamo chi vende chincaglierie.
Vogliamo solo punire chi fa propaganda con questi strumenti”. Allora, secondo questi giudici italiani, secondo questi politici italiani, il problema non è il fascismo; non è nemmeno il Fascio d’azione rivoluzionaria o la sua diretta emanazione, i Fasci italiani di combattimento. L’unico fascismo punibile, secondi questi giudici italiani, è il fascismo del Pnf. Ecco perché tutte le manifestazioni fasciste contemporanee, spesso effettuate da piccoli partiti fascisti candidati alle elezioni, sono equiparate a un inizio accettabile, a un fascismo originario, distante dalle colpe del Pnf, da ciò che è accaduto dopo il novembre 1921, data della sua fondazione. E così, tutto il presente è relegato a una commemorazione del passato, di un passato purificato, e il futuro, secondo questi giudici e politici italiani, non deve temere il passato purificato. Tutto ciò che è esposto liberamente su una bancarella non ha alcun effetto sul presente, sul futuro; i canti, gli inni, ciò che accade in un pomeriggio di primavera a Milano, sotto lo sguardo di passanti, di persone che guardano sfilare i fascisti da dietro le finestre, è solo fascismo vintage, come le molte azioni violente provocate da gruppi fascisti ogni anno in Italia. A questi giudici e politici italiani, dunque, importa soltanto una cosa: evitare la “ricostituzione del disciolto Partito fascista”. Naturalmente esistono sfumature e dettagli, per capire il funzionamento e l’interpretazione della legge italiana. Ma secondo l’interpretazione di questi giudici italiani, i fascisti, nel caso volessero ricostituire il disciolto Pnf, manifesterebbero dicendo, siamo qui per quello!
Certo la frammentazione presente in molte parti della società ha colpito anche i fascisti, tanto che, come amano dire i giornalisti, si parla di galassia neofascista e non di un singolo partito fascista o Pnf. La fissazione di questi giudici è quindi diventata anche anacronistica, poiché esistono piccoli partiti e gruppi che si ispirano dichiaratamente al fascismo e al Pnf, e si presentano alle elezioni; esistono piccoli partiti e gruppi che compiono azioni idonee al proselitismo, e tutto questo, in linea teorica, avrebbe già dovuto comportare il loro scioglimento. D’altro canto ci sono stati e ci sono partiti di governo che seguono o omaggiano il fascismo dal Dopoguerra. Quindi, secondo questi giudici italiani, le manifestazioni fasciste sono soltanto un omaggio a un sogno originario allucinatorio, e per questo motivo essere antifascisti significa ostacolare un sogno originario allucinatorio. Ma al di là di tutti i possibili argomenti, non è semplice trovarsi d’accordo nemmeno tra cosiddetti antifascisti.
Voglio dire, i rapporti di lavoro sono fondati su dinamiche che molti antifascisti definiscono semplicemente neoliberiste; io che le ho provate da vicino, le considero anche fasciste, spesso mi è capitato di lavorare insieme a fascisti e di avere come capo un fascista. Eppure tutto ciò che riguarda il lavoro è circondato da una patina di connivenza, da un disinteresse che scaturisce nella noia, tanto che per molti antifascisti convinti le condizioni di lavoro contemporanee sono tutto sommato accettabili. Il fatto che esistano antifascisti non di sinistra è ovviamente molto positivo, e tuttavia questo antifascismo intermittente, unito alle interpretazioni della legge italiana a proposito del fascismo, rende complicato essere antifascista. A volte alcuni antifascisti utilizzano un linguaggio, durante le manifestazioni o la comunicazione in rete, che è emanazione di una cultura fondamentalmente fascista. Insomma, essere antifascista, per quanto mi riguarda, non è sorreggere cartelli o striscioni con la scritta Porco Fascista, Fascista Maiale. Il maiale è un grazioso mammifero, volendo è perfino domestico, e un primo gesto antifascista sarebbe quello di smettere di mangiare il maiale e qualsiasi altro animale. D’altro canto mi rendo conto di quanto sia difficile parlare di questioni legate al cibo. Forse perché bisognerebbe intervenire sulla madre, sulla famiglia, sull’inerzia, sull’intimo piccolo fascismo con cui siamo cresciuti, il fascismo che ognuno di noi dovrebbe combattere, poiché lo custodiamo dentro noi stessi.
Oggi alle ore 16 per inaugurare la quarta edizione di Bookpride A tutela di tutti i viventi: abbiamo scelto di riflettere sul neofascismo italiano – sempre più sottile, pervasivo, persuasivo – e di quell’antifascismo, radicale e irrinunciabile, che è tutela di tutti i viventi. Con Marco Belpoliti, Helena Janeczek, Nicola Lagioia e Antonio Scurati. Modera Giorgio Vasta.