Cosa aspettiamo per essere felici?
Il piccolo Nicolas di Jean-Jacques Sempé e René Goscinny è un classico della letteratura per ragazzi. Vide la luce a Parigi, fra il 1955 e il 1956, sotto forma di fumetto per il settimanale belga “Le Moustique”, conseguenza dell’incontro e dell’immediata amicizia fra i due autori.
Ma la sua data di nascita ufficiale è il 29 marzo 1959 quando, sul quotidiano “Sud Ouest Dimanche”, apparve la sua prima avventura sotto forma di racconto scritto da Goscinny e illustrato da Sempé. Avrebbe dovuto risolversi in un solo episodio, ma le lettere dei lettori furono così entusiaste che il giornale proseguì le pubblicazioni per sette anni, ogni settimana. Pochi mesi dopo, nell'ottobre del 1959, Le Petit Nicolas trovò spazio sulla rivista di fumetti “Pilote”.
Nel 1960, per Editions Denoël, uscì il primo volume che raccoglieva le avventure di Nicolas. Dopo un inizio fiacco, prese slancio in seguito all’apparizione dei suoi creatori nel programma televisivo Lecture pour Tous. I quattro volumi che seguirono, fino al 1965, ebbero un grande successo di pubblico e, nel tempo, fecero di Nicolas un vero e proprio monumento nazionale, tanto da spingere il ministero dell’istruzione a inserirlo fra le letture scolastiche, facendo sì che milioni di piccoli francesi imparassero a leggere in sua compagnia. Nel 2004, Anne, figlia di Goscinny, morto improvvisamente nel 1977, trovò negli archivi del padre dozzine di storie inedite, successivamente pubblicate in quattro raccolte dal successo straordinario, sempre illustrate da Sempé. In Italia trovate l’intera serie pubblicata, con la consueta cura, dall’editore Donzelli.
I numeri legati a questo personaggio sono stellari: 15 milioni di copie vendute in tutto il mondo; tradotto in 45 paesi, in molti dei quali è diventato un best seller; 300.000 titoli venduti ogni anno in Francia; tre film: Le Petit Nicolas nel 2009, Les Vacances du Petit Nicolas nel 2014, Le Trésor du Petit Nicolas nel 2021, con 10 milioni di spettatori in Francia; un cartone animato in 104 episodi, per due stagioni; e, infine, il lungometraggio animato Le Petit Nicolas: Qu’est-ce qu’on attend pour être heureux?, primo premio al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy, vincitore del Lumière, candidato al César e agli European Film Awards, ed entrato nella selezione ufficiale del Festival di Cannes. Le storie di Nicolas sono 222, in Francia pubblicate da IMAV éditions e dalla collana Folio Junior di Gallimard Jeunesse.
Uscito in Francia nel 2022, per la regia di Amandine Fredon e Benjamin Massoubre, e arrivato nelle sale italiane a metà febbraio 2024, Il piccolo Nicolas. Cosa aspettiamo per essere felici? è un riuscito, commovente omaggio sia al celebre bambino di cui si raccontano la genesi e alcune avventure, sia ai suoi creatori, di cui il film attraversa le biografie mettendone in luce gli aspetti più intimamente legati al personaggio.
In Italia, Nicolas oggi è apprezzato da un pubblico di nicchia, tant’è vero che la sala del cinema in cui ho visto il film era praticamente vuota. Un vero peccato. Va detto che si tratta di una figura tipicamente francese, un capolavoro di ironia, chiave di lettura che, sia nella realtà sia nella finzione, nel nostro Paese fatica ancora a essere compresa e praticata, specie quando si parla di infanzia. Nella nostra letteratura persino a Pinocchio, nonostante i molteplici tentativi di trasgressione di Collodi, tocca un edificante lieto fine, con conseguente esaltazione dei valori della famiglia e del lavoro, valori incarnati con imbarazzante ossequio dal plotone di responsabili, piccoli eroi di Cuore, romanzo che conobbe un favore di pubblico del tutto eccezionale, con 363 ristampe solo dal 1886, data di uscita, al 1906; e più di un secolo dopo considerato il libro italiano più venduto di tutti i tempi, insieme a Pinocchio, Il nome della rosa e Va’ dove ti porta il cuore, come spiega Tommaso Munari in L’Italia dei libri (Einaudi 2024). Forse il timore è che i libri per ragazzi possano dare il colpo di grazia al plurisecolarmente traballante senso civico e dello Stato degli italiani.
Autentici capolavori di umorismo sia per i testi di Goscinny, per una volta scrittore e non sceneggiatore (come fu per Asterix, Lucky Luke etc.), sia per gli splendidi disegni di Sempé, nelle avventure di Nicolas, scuola, famiglia e disciplina, sacri pilastri della società, sono amabilmente e implacabilmente presi in giro.
Coerentemente con la lettera e lo spirito dei libri, anche nel film Nicolas e i suoi amici sono dei piccoli selvaggi indisciplinati, deliziati da ogni possibile occasione di zuffa. Ovunque si trovino – in giardino, nel cortile di scuola, in classe o a casa –, in pochi istanti sono in grado di trasformare una piccola scaramuccia in una rissa con i fiocchi che Sempé visivamente traduce ogni volta nella medesima esilarante immagine: un nuvolone di polvere da cui fuoriescono mani, piedi, scarpe, calzini e oggetti non ben identificati.
Se all’orizzonte di questi selvaggi, poi, compare una bambina, eccoli ritrarsi schifati e imbarazzati perché le 'femmine', sono incomprensibili, terrorizzanti presenze, salvo poi ingaggiare le sfide più assurde e ridicole per primeggiare e attirare la loro attenzione (memorabili i ritratti delle tostissime Louisette e Marie-Edvige).
Adorano essere viziati da mamme sentimentali e nonne invadenti, mentono ai padri e al preside, prendono in giro gli insegnanti, ma sono innamorati della maestra, e la loro immaginazione si scatena come non mai se innescata dal senso di colpa per aver infranto le regole del mondo adulto, prefigurando punizioni terribili a causa di quella che è una tipica vocazione infantile a cacciarsi nei guai: saltare la scuola, fare indigestione di schifezze, disubbidire, mentire, farsi male giocando, litigare, fare la spia, barare eccetera.
Pensare che i bambini siano angioletti votati naturalmente al bene, d’altra parte, è una proiezione adulta tipica di una cultura in cui i valori dell’affettività e della famiglia tendono a dominare su quelli della crescita e dell’autonomia con tutto ciò che queste comportano: guai, asprezze, errori, malumori, arrabbiature, litigi e punizioni.
Nicolas, insomma, è il perfetto ritratto di un super bambino, come del resto super bambini sono i suoi amici dai nomi bizzarri – Alceste, Geoffroy, Agnan, Rufus, Clotaire… –, devoti alla religione del gioco, pervasi da una intramontabile forma di stupidera, permalosi, rissosi, bugiardi, mangioni, beffardi, esagerati, sbruffoni, ma anche tenerissimi, affettuosi, allegri, scanzonati, pasticcioni… Insomma, proprio dei normalissimi bambini.
La tonalità di questo personaggio nasce dalle proiezioni dei suoi papà, Sempé e Goscinny, oltre che dalla fortunata mescolanza della loro creatività, nonché dalle loro esperienze professionali e di vita. Il film lo mette bene in luce, costruito sull’alternanza fra i racconti di alcuni episodi della vita degli autori e le avventure di Nicolas che si intrecciano le une alle altre senza soluzione di continuità.
Nell’animazione questo risultato si deve a un’incantevole trovata: la presenza costante di Nicolas sia come protagonista delle storie sia come figura metanarrativa. Lo vediamo, infatti, sempre accanto ai propri artefici nel momento della sua creazione e della costruzione delle sue avventure.
Appollaiato su una spalla, seduto sulla macchina da scrivere o sdraiato su un foglio bianco, ora dell’uno ora dell’altro, Nicolas non tace un secondo (è un tremendo chiacchierone), costantemente impegnato a dialogare, riflettere, far domande. Insieme a Nicolas lo spettatore ascolta le risposte e i racconti autobiografici dei suoi autori: le storie della loro giovinezza, dei primi passi per niente gratificanti nel mondo del lavoro e poi in quelle che sono state due carriere luminose, la loro giovinezza piena di difficoltà e le loro infanzie afflitte da drammi come l’alcolismo del padre per Sempé, e lo sterminio della famiglia materna nei campi di concentramento per Goscinny.
Alla fine della proiezione si esce dalla sala allegri e col cuore caldo, con l’impressione che questo risultato sia il piccolo miracolo di un trio indissolubile. Anzi, di un quartetto perché sullo sfondo di queste storie, vere e inventate, c’è la Parigi degli anni Cinquanta, vivissima, fascinosa, disordinata, popolare, raccontata dalle magistrali tavole di Sempé.