Educazione civica: le domande dei docenti
Il 7 settembre 2024 sono state pubblicate le nuove Linee guida dell'Educazione civica che di fatto sono una revisione delle Linee guida precedenti e riportano molti traguardi e moltissimi obiettivi di apprendimento. A inizio di quest’anno scolastico, dunque, in poco tempo le scuole dovrebbero rivedere e adattare il curricolo di Educazione civica, la progettazione didattica e la valutazione che già avevano impostato e attuato nei quattro anni di attuazione delle precedenti Linee guida. Peraltro, l’Educazione Civica è connessa alle nuove norme di valutazione del comportamento che devono essere applicate da subito. Questa tempistica di revisione dell’impianto educativo non è di poco conto e crea difficoltà alle scuole perché cade nell’ultimo anno del triennio del PTOF (Piano Triennale dell’Offerta Formativa): le scuole devono impegnarsi nel processo di valutazione e di rendicontazione degli obiettivi prioritari che avevano assunto e redigere la riprogettazione del PTOF che prende avvio con il prossimo triennio 25/28. Sarebbe dunque più congruente rivedere il curricolo per il prossimo anno, anche in connessione con i progetti di innovazione didattica che si stanno configurando con l’attuazione del PNRR.
Non sembra esserci una visione realistica delle incombenze di progettazione delle scuole e non pervengono indicazioni che diano impostazione sistemica e coerente alla gestione dei processi.
Un tema così importante come l’insegnamento dell’Educazione civica è stato accelerato anche nei tempi di emanazione: il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) ha ricevuto il testo il 7 agosto e ha dato il parere il 27 agosto, tempi di consultazione brevi e in pieno periodo di ridotta attività per le ferie del personale; ciò nonostante, il CSPI ha emesso un parere molto articolato e puntuale e all’unanimità ha dato giudizio negativo delle Linee guida. La pubblicazione del 7 settembre di fatto non recepisce le considerazioni del CSPI e porta a chiedersi quale considerazione ci sia stata per questo organo consultivo che è espressione della Scuola italiana e le cui osservazioni meritavano un tempo più disteso di discussione e riflessione.
Un problema in particolare che meritava attenzione prima dell’emanazione delle Linee guida è la gestione della considerevole mole di obiettivi di apprendimento per la complessità della loro integrazione con gli obiettivi di apprendimento delle discipline e la difficoltà di declinare uno sviluppo coerente degli obiettivi negli anni del percorso scolastico.
Ci pare che sarebbe stata utile l’impostazione di un quadro sinottico come quello delle Linee guida per lo sviluppo delle competenze di Educazione finanziaria che fanno riferimento all’OSCE e all’indagine PISA e che costituiscono utile strumento per le scuole di ogni grado.
Al dibattito è inoltre mancata la comunicazione dell’esito del monitoraggio effettuato come previsto dalle precedenti Linee guida. Nulla si è saputo di come le scuole hanno operato, quali scelte didattiche e organizzative hanno adottato, quali difficoltà hanno incontrato, come hanno coinvolto famiglie e interlocutori del territorio. Come dire che ci troviamo a dover riprogettare senza aver fatto un’analisi di come sono andate le cose in fase di sperimentazione, un’autovalutazione mancata a livello di sistema e di singole scuole.
Con l’attuazione della legge 92 è stato fatto un piano di formazione di moltissimi docenti – almeno uno per scuola – che avevano assunto il ruolo di referente per l’insegnamento dell’Educazione civica nel proprio istituto, con il compito non solo di coordinamento della progettazione, ma anche di formazione dei propri colleghi.
Anche degli esiti di questa formazione e della ricaduta sulle scuole del loro impegno non si è saputo nulla.
Quale profilo di competenze e responsabilità deve avere la figura del referente dell’Educazione Civica? Come le scuole organizzeranno l’incarico di questi docenti e come sarà gestito il raccordo con i coordinatori di classe e con i referenti dell’Educazione civica di ogni classe? Nelle scuole c’è autonomia organizzativa, ma anche difficoltà nella gestione unitaria della formazione e della didattica, perché l’autonomia della scuola è talvolta intesa come autonomia dei singoli insegnanti o singoli gruppi.
Questi aspetti “esplodono” quando si deve decidere come e su base di cosa distribuire le 33 ore di insegnamento tra i docenti della classe: la suddivisione dei contenuti salvaguardia la “contitolarità” nelle scuole di base? L’assegnazione dell’insegnamento ad alcuni docenti della classe alla scuola superiore in che modo concretamente comporta la “collaborazione” di tutti?
Si tratta di questioni che, se pure gestite con semplificazioni e frammentazione di compiti assegnati a singoli docenti, si ritrovano con tutta la loro difficoltà di gestione nella fase della valutazione, questioni che le scuole hanno ben sperimentato in questi anni, ma che ora sono rese più complesse per la mole degli obiettivi e per la connessione tra valutazione delle competenze di cittadinanza, la valutazione degli obiettivi di apprendimento e la valutazione del comportamento.
Ad esempio: come trattare l’Educazione civica nella conduzione dell’esame conclusivo del primo ciclo (terza media) e secondo ciclo (maturità), come prende forma la dimensione della trasversalità e interdisciplinarità?
E ancora: come definire l’esame di riparazione di Educazione civica per coloro che hanno l’insufficienza in questa materia e per coloro che hanno 6 in comportamento?
In particolare, come un compito di elaborazione di Educazione civica “per recupero” di comportamento non idoneo può davvero avere effetti di miglioramento degli atteggiamenti dello studente?
Diventa essenziale saper spiegare e motivare ai ragazzi e alle famiglie (e alla società intera) cosa significa il voto di educazione civica, il voto di comportamento, la trattazione in sede di esame e la gestione degli eventuali recuperi.
Riteniamo che questi aspetti non vadano trattati a valle, ma fin nell’impostazione del rapporto scuola - famiglia. Dobbiamo ridare importanza al “Patto di corresponsabilità” che non può essere un documento preconfezionato, consegnato al momento delle iscrizioni e “illustrato” ai ragazzi nei primi giorni di scuola. Come può essere strumento utile per farsi capire e chiedere alleanza?
Per poter dialogare tra docenti e famiglie, le Linee guida richiedono una “interpretazione” in chiave formativa e didattica. Si veda il riferimento ai “valori” della nostra cultura che pone il problema di come si apprendono in una società che vive molte incertezze e sconvolgimenti, come si apprendono in contesti multiculturali, in contesti di emarginazione socio-culturale, in cui la motivazione degli studenti a “stare” a scuola è incerta.
Si veda ancora il riferimento alla rilevanza che Linee guida danno del valore del “lavoro” che però nella nostra società tecnologica e globalizzata ha subito profondi cambiamenti ed è tema davvero molto complesso. Nelle nostre scuole è del resto necessario riconsiderare l’importanza dell’impegno e dello sviluppo della capacità di assumere responsabilità nei confronti dei doveri sociali e di solidarietà anche in classe; non possiamo più considerare l’impegno un prerequisito, un dovere, ma porci la domanda: come si insegna l’impegno, quali condizioni dobbiamo creare perché si sviluppi e si mantenga negli anni?
Il tema di non poco conto, insomma, è come le scuole possano tradurre in percorsi formativi efficaci i valori e i principi senza che gli stessi restino solo mere nozioni su cui fare verifiche.
La valutazione delle competenze di cittadinanza è certamente più complessa di quella dei contenuti, ma è senza dubbio più capace di incidere nella formazione dei nostri alunni, perché implica gestione della relazione educativa e della didattica che coinvolgano gli alunni, li attivino in processi di autoapprendimento, autovalutazione e di apprendimento collaborativo.
Da questo punto di vista il paragrafo delle Linee guida sulle metodologie diventa il vero perno dell’Educazione civica da cui partire per fondare il senso della pratica della cittadinanza a scuola e la visione educativa.
E’ proprio negli atteggiamenti che sviluppano le nostre studentesse e i nostri studenti che noi dovremmo vedere l’efficacia dell'attività collegiale e interdisciplinare dell'Educazione civica: tutta la comunità educante trarrebbe vantaggi se l’insegnamento dell’Educazione civica avesse attenzione agli atteggiamenti del vivere quotidiano, all’assunzione delle responsabilità, alla consapevolezza delle problematiche della convivenza democratica, all’autonomia e collaborazione, alla capacità di riflessione anche nel gestire i loro stati d’animo e le loro difficoltà.
Ecco allora le occasioni per le scuole e i docenti: analizzare i contesti in cui operano e gli atteggiamenti degli studenti nei confronti della scuola e dell’apprendere, comprendere quali “alleanze” sono possibili con le famiglie e gli interlocutori del territorio, elaborare un curricolo interdisciplinare, progettare unità di apprendimento condivise, condurre l’insegnamento e la valutazione con chiari intenti formativi.
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