Speciale
L'estate sul sellino
Quando nel lontano 1936 mio padre acquistò una serie di tubi “Columbus” per costruire una bici, io ero nato da pochi mesi.
Questa è la storia che ancora continua di quella bicicletta.
La bici fu costruita da un provetto meccanico della città di Forlì di nome Lindoro e, oltre al telaio, fu accessoriata dal cambio Regina Margherita e da ruote leggere con tubolari.
Mio padre era un rilegatore di libri e aveva l’hobby della bicicletta come avveniva per molti giovani in Romagna.
Con quella bici, il babbo faceva lunghe gite insieme agli amici della U.S. Forti e Liberi di Forlì, sez. ciclismo, con puntate fino a Firenze e a San Marino nei giorni festivi. Molto spesso accadeva che per prendere un caffè, i soci decidevano di andare a San Marino percorrendo circa 130 chilometri. Naturalmente questa bici era un tesoro e in casa veniva tenuta nella camera da letto.
Poi venne la guerra e mio padre fu richiamato nel reparto del genio zappatori e dopo l’8 settembre tornò miracolosamente a casa e venne incorporato nella C.R.I. per soccorrere i numerosi feriti e trasportarli all’ospedale.
Nel frattempo, la bici venne prestata incautamente da mia madre a un nipote per portare notizie ai partigiani nascosti nelle montagne. Mio padre si arrabbiò molto con mia madre, ma, per fortuna, la bici tornò a casa dopo pochi giorni. Questa bici, insieme ad un’altra da uomo che usava mia madre, ci servì per sfollare in campagna durante i bombardamenti poiché mia sorella ed io salivano sul cannone. Per tale motivo, amo raccontare ai miei nipoti di aver fatto la guerra poiché uso una bici che la guerra l’ha veramente attraversata.
Nel dopoguerra, la bici mi venne assegnata per andare a scuola e fare gite con i miei compagni. Nel frattempo, mio padre aveva comprato per sé una bici normale e nel mese di agosto del 1948 andammo a San Marino. Lui aveva cominciato a soffrire di emorroidi e fece molta strada a piedi, mentre io salivo come un camoscio con la bici del 1936 verso la terra della Libertà. Sulla strada del ritorno incontrammo uno di quei temporali d’agosto che ci costrinse a fermarci e alloggiare a Viserbella di Rimini, dove un mio zio aveva una villa sul lungomare.
Come ha scritto Alfredo Oriani nel suo famoso libro “La bicicletta”, s’imparano più cose viaggiando in bici per valli e paesi che andando all’università…
Col passare degli anni, questa bici subì alcune trasformazioni, diventando anche una bici da corsa, poi ritornò ad essere una bici da città, ma il telaio è rimasto sempre lo stesso.
Questa bicicletta è ancora qui e viaggia con me tutti i giorni nel centro storico della mia città e nella vicina campagna e, cavalcandola, ritorno indietro nel tempo e rivedo i luoghi che, seppure in parte cambiati, mi ricordano la mia sofferta ma lieta infanzia, che nessuno potrà mai cancellare finché riuscirò a restare a cavallo della bici del 1936.