L’abbraccio dell’acqua

13 Ottobre 2024

Non so che cosa facciate voi di rituale la domenica mattina, forse niente; magari andate a passeggiare lungo il fiume, o a messa, o a comprare un vassoietto di paste. Io, se posso, vado a prendere i quotidiani di carta e leggo di gusto i supplementi culturali. Ma prima, alle otto e venti, ascolto la cantata di Bach della corrispondente domenica dell’anno liturgico e, se sono in Germania, vado giù nello Studio due a prendere lo spartito (di carta) e seguo l’esecuzione con gli occhi mentre la ascolto con le orecchie. Un piacere doppio, quasi sinestetico.

Carola Barbero invece, che di solito fa la filosofa del linguaggio e insegna all’università di Torino, va a nuotare in piscina, e lo scrive in questo libro dalla copertina azzurra (Nuotare via, Bologna, il Mulino, 2024, pp.132) in maniera così accattivante, con un tale potere descrittivo e prescrittivo, da far venire voglia di seguirla, mettersi costume cuffia e occhialini, coi quali, dice lei, tutti sono bellissimi e via, nuotare, nuotare via da tutto, dai colpi della vita e del mondo, dagli affanni e dai problemi, che si allontanano a ogni bracciata. Succede anche ascoltando Bach, devo dire a difesa dei miei rituali, meno leggendo i giornali.

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Filosofia impressionista

Se esistesse la filosofia impressionista, come la pittura, direi che questa di Barbero lo è, sebbene la piscina non sia proprio un luogo istituzionale della filosofia; vi si trasmette però l’impressione immediata del vero. La piscina non è il luogo della battaglia o dell’evento sacro; è un luogo di vita quotidiana più che di episodi eroici, a parte alcune prestazioni straordinarie quivi descritte, quali i tuffi di Greg Louganis a Seoul 1988.

La piscina è un luogo sobrio, nitido, essenziale, spartano, soprattutto la piscina italiana, non le piscine tedesche che, scrive Barbero e confermo, sono pluriservizi, con ristorante e chiosco delle patatine fritte con ketchup e maionese, perfette per convincere a entrare in acqua anche i bambini più recalcitranti. La piscina è un luogo di disciplina e di libertà da intendersi entrambe in quanto rispetto delle regole datesi in autonomia e indipendenza: richiede, il nuoto in piscina, sostiene Barbero, «dedizione, memoria, attenzione». È anche luogo di rituali, di isolamento, di introspezione. Si va in piscina come si va a messa, sostiene Barbero, come si va in biblioteca (qui mi ci riconosco di più), posti di pace e di protezione, che già all’idea di andarci sei felice, come la volpe addomesticata dal Piccolo Principe, che non andava in piscina ma che se sapeva che il suo amico sarebbe venuto tutti i pomeriggi alle quattro, alle tre cominciava a essere felice.

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Fortepan : Erky-Nagy Tibor.

La citazione è mia ma Barbero ne propone tante, da romanzi, racconti, film, testi poetici. Per esempio, a proposito del nuotare come pregare, una poesia di Mariangela Gualtieri che è così bella e vera che non posso non riportarla:

Quando vuole pregare lei va alla piscina comunale

Da Sentieri sterrati, 23 Novembre 2017 

Quando vuole pregare
lei va alla piscina comunale
mette la cuffia e gli occhialini
entra nell’acqua ma non è capace
di domandare, o forse non ci crede.
Allora fa una bracciata e dice
eccomi, poi ne fa un’altra
e ancora eccomi. Eccomi dice
ad ogni bracciata. Eccomi a te
che sei acqua e cloro
e questi corpi a mollo come spadaccini.

E nello spogliatoio, dopo, alla fine
prova sempre una gioia –
quasi l’avessero esaudita
di qualche cosa che non ha chiesto
che non sapeva. Che mai saprà
cos’era.

Mariangela Gualtieri

Sacks e Heller

Anche Bonnie Tsui, autrice e giornalista newyorkese originaria di Hong Kong, ha scritto un bel libro gradevole e intelligente, pieno di osservazioni argute e profonde (Bonnie Tsui, Perché nuotiamo, Roma, 66THAND2ND, 2024, ed. orig. Why We Swim, ©Bonnie Tsui 2020). I suoi personaggi, tra i quali ella stessa, non nuotano soltanto nelle piscine. Conducono imprese molto più azzardate affrontando acque gelide, traversate oceaniche in solitaria simili. Uno di questi personaggi, che però nuotava in piscina, è Oliver Sacks, il compianto neurologo e scrittore che nuotò tutti i giorni «con una certa eleganza» fino a 94 anni, e che all’uscita dall’acqua si appuntava le idee che gli erano venute nuotando. Insomma se camminare, magari nei boschi con Henry David Thoreau o Duccio Demetrio fa bene alla mente e al pensiero oltre che alla salute, pare che nuotare non lo sia di meno. 

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Nuotava una grande pensatrice e filosofa e dissidente politica che nessuna delle due autrici nomina, allora lo faccio io. Nuotava nell’acqua che aveva a disposizione e che non costava un pìcciolo, ovvero nei laghi, quando poteva nel suo lago Bàlaton in Ungheria. Àgnes Heller aveva esplorato il marxismo, l’etica e la modernità, scritto e parlato e insegnato in molte lingue, si era associata ai tumulti ungheresi del 1956 e recentemente aveva contestato la politica di destra nazionalista e sovranista del primo ministro Viktor Orban. Nel luglio del 2019 si era dedicata come sempre alla sua attività preferita, nuotare nel lago Balaton, e il suo corpo venne ritrovato senza vita che fluttuava nelle sue acque. Non «faceva il morto», era morta così, all’età di 90 anni.

Questi esempi di persone utriusque peritae ci fanno riflettere, sulla scorta delle autrici, sull’idea dell’esercizio fisico come qualcosa che ingloba l’umanità nel suo complesso: i benefici del nuoto riguardano sia l’arricchimento intellettivo sia le condizioni fisiche complessive. Non si nuota soltanto con le braccia e le gambe, si nuota con tutto il corpo. Basta guardare i pesci, che braccia e gambe non hanno. E però loro non sanno che cos’è l’acqua in cui nuotano, mentre noi lo sappiamo e soprattutto lo sa Carola Barbero: «Un abbraccio liquido che rende felici già solo all’idea».

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Marco Belpoliti, Non siamo nati per nuotare

In copertina, Fortepan / Horváth Miklós.

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