Raccontare l'Italia / Tre paesi
Carlantino
Se si potesse fare una classifica del non turismo, sicuramente Carlantino starebbe ai primi posti in Italia.
Il paese non ha quelle che comunemente vengono definite attrazioni. Siamo in un punto in cui la Puglia è finita, rimane solo come appartenenza burocratica. La regione vicina è il Molise, ma il Molise è una regione labile, a bassa densità demografica ed emotiva. È come se nell’aria molisana fosse stato nebulizzato un sedativo. Carlantino è un paese che merita una visita proprio perché non c’è niente. Se avete del tempo da perdere, andate a perderlo a Carlantino. Oggi è urgentissimo tornare a perdere tempo, dissanguarsi nel tempo perso piuttosto che nel tempo tutto occupato. Carlantino va visto prima che diventi un posto di moda, prima che qualcuno si accorga che il niente è interessante.
Io vi consiglio Carlantino anche se l’ultima volta che ci sono stato sono rimasto un poco deluso. Il paese mi è sembrato un poco svuotato della sua lontananza, come se fosse stato raggiunto pure lui dall’aria che spira ovunque. Mi sono attaccato alla fontana in mezzo al paese, una fontana che sembra presa dai ristoranti per matrimoni. Qui siamo oltre il bello e il brutto, siamo a Carlantino.
Conza Vecchia
Un ex paese è ancora un paese. A Conza nuova ci puoi solo passare dentro, è un paese da attraversare, Se ti impiglia lo fa in modo superficiale: puoi dire che non ti piace la ricostruzione, puoi dire che la chiesa in mezzo al paese non riesce a farsi centro, puoi entrare al bar, puoi comprarti un panino al mini market, insomma puoi indagare una sorta di vita al minimo che ormai si è diffusa ovunque, a Conza nuova e a New York. La vita grande la senti a Conza vecchia, la senti al campo sportivo in cima al paese. Io tra le tante fortune della mia vita ho quella di avere Conza vecchia a mezz'ora da casa mia. Ogni volta che ci vado non entro nel paese ma nella mia anima e non so se sono un uomo o sono aria e sento che gli alberi e il respiro sono la stessa cosa e ogni nuvola nel cielo, ogni montagna lontana mi commuove. Un paese è vero e vivo quando ci riporta al corpo, ci fa venire voglia di baciare ed essere baciati, ci punge dolcemente col suo silenzio. Un paese lo devi sentire sotto la pianta dei piedi, deve tatuarsi in te mentre cammini, deve nascere ad ogni passo. Ogni volta che vengo qui è una piccola avventura anche se vedo sempre le stesse cose, povere e rotte e abbandonate. A Conza il vento e il sole hanno asciugato il lutto, la pioggia ha cancellato nelle case squarciate ogni segno umano. Resta una cosa che ti è intima e non sai perché. Resta che hai passato un'ora tutta piena e tutta vuota. Puoi tornare alla vita minima e confusa che c'è nei piccoli paesi e nelle grandi città.
Roghudi
Ora a Roghudi non c’è nessuno. Dentro al paese ci passano solo le capre. Nemmeno il pastore lo attraversa, le guida o le sgrida da lontano. Roghudi più che un paese è il viaggio a Roghudi. È una cosa che si può fare una, due, tre volte nella vita, non di più. Siamo in Aspromonte, in una terra abitati da greci che per costruire un paese così dovevano avere la forza degli eroi omerici. Il paese è tutto un orlo che sporge sul letto di una grande fiumara: secondo uno storico locale qui una volta si mettevano grossi chiodi sui muri delle case con delle corde che venivano legate alle caviglie dei bambini per evitare che cadessero nel precipizio. Ecco, in un posto come questo non avevi bisogno di andare al cinema, eri già naturalmente in un film di Herzog. L’intensità non te la dovevi procurare, era semplicemente tutta la vita quotidiana. Poi le alluvioni e la modernità hanno portato le persone altrove e hanno lasciato qui solo la sensazione di un posto estremo in cui sembra incredibile che fino all’inizio degli anni settanta vivevano 1600 persone.
Difficile pensare che questo paese un giorno sarà riabitato. E forse è anche una fortuna che nessuno toglie i massi che cadono sulla strada. Questo è un posto per i turisti della vertigine, è di chi cerca un luogo difficile per tempi difficili.