L'unica intelligenza è la generosità / Canto dei semplici
Cominciamo dalla morte il nostro canto,
in un minuto puoi pensare a cento morti,
in una mente puoi tenerne tanti,
puoi farli vivi almeno fino a quando
resti vivo e questa forse è la poesia
e se gli diamo un altro nome poco importa,
conta che il morto torna vivo,
conta che se vado a trovare un morente
gli stringo la mano, non penso
alla pasta delle sillabe, nessuna agonia
somiglia a un sonetto, oggi la forma
è la carne, il vestito vero è la nudità,
l’istinto, e non si dà per caso,
pure questo bisogna costruirlo.
Lo sguardo è più importante
della poesia, mi fanno pena
i letterati che non vedono niente,
che giocano a imitare altri ciechi
in un tempo in cui non vedere
forse era una resistenza,
ma ora lo sguardo è tutto,
abbiamo solo lo sguardo e il mondo
e le gambe per camminarci dentro:
il poeta da salottino
è una macchia d’unto, una reliquia
di un tempo in cui essere difficili
serviva a sembrare intelligenti.
Oggi l’unica intelligenza è la generosità,
e il bene viene dagli abbracci
non dalle querele.
Non è buonismo, è rivoluzione
avere la lingua sulla stessa linea del cuore,
e si sente chiaro il canto su certe bocche
tra certe gambe, non si sente
nel cinguettio isterico di chi crede
di sapere dove non c’è la poesia.
La poesia non ha bisogno di ispettori
per segnalarne gli abusi, la poesia
oggi ha tante facce, tanti nomi:
è una questione di chi ha la morte
sulle dita, di chi è costruito con la carne
di un secolo prima e con l’anima
in un secolo che deve ancora venire.
Ecco, non è materia
d’istruzione, non è cosa per bande,
per innovatori da canile,
per psicopatici patinati, per sapienti
annoiati.
Io canto la fine della poesia come imbroglio,
come soggezione a giochetti da niente
che non capisce nessuno.
E questo canto non dice la fine del rigore,
non abolisce la dura legge del lavoro,
la prima cosa che serve
per la gloria della lingua.
La poesia nasce solo dal margine
come i fiumi nascono dalle montagne,
non si è mai vista una poesia
senza eresia, senza un lungo esilio
dal centro, dai manieristi dell’ipocrisia.
Franco Costabile valeva più di Balestrini,
Montale si è spento presto, Caproni
è andato avanti, quasi fino a Dio.
E per quanto riguarda questo tempo
la poesia è più dei nomi: anna, carlo,
lucia, è rara nei cataloghi
e nelle rivistine, è vera e viva
in rari guizzi che vengono
agli ignoti, a chi non si è fatto nominare
poeta dai suoi soci.
La poesia serve molto, non è mai
servita tanto, ma è come l’oro,
la puoi trovare a tracce,
la devi setacciare col cuore
e poi con la mente, devi camminare
con la ragione dentro il sogno
di tutti da cui proviene anche il nostro,
nessuno fa veramente la poesia,
nessuno la esaurisce,
è un tentativo che fa il nostro corpo
di mettersi dentro un’immortalità provvisoria,
è il vano tentativo di sospendere
il tempo che passa
e che passa pure quando leggi
o scrivi un verso,
solo che a volte è bello
e non è tempo perso.