Gesù e Buscaglione showmen alle Colline Torinesi
Torino è una città bellissima. Negli ultimi anni la sua fisionomia è cambiata non poco, con il declino della Fiat e dell’assetto tipicamente industriale che dava alla città e con le Olimpiadi invernali di qualche stagione fa che a Torino hanno lasciato una nuova metro e un centro ripulito e luminoso, dall’aspetto signorile e un po’ francese. Oggi c’è anche una nuova stazione dalle architetture modernissime, vetro e acciaio come si usa adesso. Ma, ai miei occhi, Torino resta sempre la città del nord con i ritmi del sud, la città con le signore imbellettate e i mercati affollati, la città dove sotto i portici di Porta Nuova in un attimo, se non fai attenzione, ti spillano cinquanta euro al gioco delle tre carte. E resti senza parole.
In questa Torino è diventato grande e ha compiuto vent’anni il Festival delle Colline Torinesi | Torino Creazione Contemporanea. Compiere vent’anni significa non solo aver valicato da un po’ il traguardo formale della maggiore età, ma essere entrati in quella sfera di maturità che crea un certo tipo di aspettative e non permette più grossolani errori e scivoloni. Sceso dalle colline da diversi anni e insediatosi in città all’interno di spazi spesso molto belli, il festival (in corso fino al prossimo 20 giugno) ha saputo guardare alle avanguardie teatrali nostrane e internazionali, abbracciando la ricerca e accogliendo non solo spettacoli già fatti e applauditi dal pubblico, ma anche investendo su studi e sperimentazioni di giovani gruppi. L’arco di vent’anni è un periodo sufficientemente ampio anche per formare un pubblico curioso e aperto (e i dati dei visitatori confermano il successo di questa operazione).
Il Festival delle Colline Torinesi è, in generale, un’esperienza da lodare anche per la capacità di barcamenarsi nonostante i tagli economici subiti. Da questa edizione è cambiato qualcosa perché hanno preso il via le progettualità scandite nei tre anni: questo primo anno è dedicato all’universo donna, non per opportunità si dice nel manifesto del festival, quanto per la sua centralità nella nostra società. E così hanno trovato spazio alcuni gruppi e spettacoli molto interessanti e di successo che hanno potuto approdare finalmente nella piazza torinese: tra questi, Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi del Teatro delle Albe, Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni del duo Deflorian/Tagliarini fino all’arrivo del gruppo berlinese She She Pop.
Jesus, ph. di Eleonora Cavallo
Pop Jesus
Tra le prime, invece, sono da segnalare Trincea di Marco Baliani, lavoro incentrato sul corpo del soldato nella prima guerra mondiale e sulla sua disgregazione spirituale e quella di Valter Malosti che ha presentato un primo studio di Giro di vite dal racconto di Henry James. Anche Babilonia Teatri ha portato a Torino l’ultimo lavoro Jesus, messo in scena nel bellissimo Teatro Gobetti. Con qualche rimaneggiamento rispetto al debutto avvenuto l’autunno scorso, a mio avviso il lavoro presenta ancora una forma disorganica che rende poco fluida la visione, procedendo per grandi momenti che non riescono a incatenarsi tra di loro e dare all’operazione in sé la giusta complessità. Al centro dello spettacolo c’è l’idea di indagare il concetto di spiritualità e di farlo attraverso la figura del Cristo (ringiovanito e rinvigorito nel termine “Jesus” appunto). Un cristo onnipresente all’interno della nostra società, agli angoli delle strade, sulle riviste e sui settimanali, in tv, sul web: un Cristo massificato e mercificato che si discosta da quell’idea fondatrice di sacrificio cui le Sacre Scritture lo tengono fermo. Un Cristo che le ha valicate quelle stesse Scritture, ne ha preso il sopravvento e noi, fedeli e non, lo abbiamo fatto nostro, a nostro piacimento (“Personal Jesus” è infatti uno dei brani musicali scelti). Lo spettacolo si relaziona con l’idea della morte, tema carissimo a Babilonia Teatri, basti pensare tra gli altri allo spettacolo The End o al Pinocchio messo in scena con straordinari interpreti che, dopo gravi traumi, si erano risvegliati dal coma. Purtroppo, anche nella grande importanza del percorso scelto, non ci sono mai momenti in cui un discorso è sviscerato, ma anzi è spesso urlato, rimato, ritmato in elenchi che si esauriscono in sé stessi. Certo, l’elencare cose è una cifra stilistica di Babilonia Teatri; spesso riesce, ma stavolta questa tecnica sembra resti intrappolata in un contenitore sterile, che solletica la risata, ma senza lasciare un segno forte. Non credo che il teatro pop debba essere “facile”, anzi sono convinta che debba essere ancora più intelligente di un teatro che non si dichiara pop proprio perché gli strumenti e gli escamotage utilizzati sono già di facile impatto. Ho trovato semplicistica la modalità di mettere in scena Jesus, i consigli di cottura di un agnello al forno con le patate, i santini di cristo sparati sul pubblico a mo’ di grande baraccone, i canti e i balli un po’ volgari dove non era necessario che lo fossero. E di questo sono dispiaciuta perché credo, ne sono convinta, che invece Babilonia Teatri abbia un grande potenziale di creatività che non è riuscito a emergere in questo spettacolo.
Marco Cavalcoli alias Fred Buscaglione in #KriminalTango di Fanny & Alexander, ph. Enrico Fedrigoli
L’uomo dal whisky facile
È stato invece accolto con grande curiosità Kriminal Tango di Fanny&Alexander, concerto/recital che anticipa Discorso Verde, quarta tappa del progetto DISCORSI, dedicato al tema dell’economia. Sul palco di un memorabile Le Roi Music Hall sale un Marco Cavalcoli d’eccezione nei panni di un sempre travolgente Fred Buscaglione (che ritroviamo là proprio dove era solito esibirsi). Non è solo la grande somiglianza tra i due a saltare agli occhi; è soprattutto lo studio fatto sul personaggio che meraviglia, le sue movenze, i suoi modi di guardare, la capacità di stare sul palco e di viverlo come esperienza unica. Accompagnato dall’Orchestrina Bluemotion – composta per l’occasione da Andrea Pesce, Francesco Redig de Campos e Cristiano De Fabritiis – Cavalcoli/Buscaglione ci accompagna, attraverso una originale selezione dal repertorio, in un mondo dove è ridisegnato l’immaginario dello showman d’antan. Il whisky facile, la rivoltella in tasca, lo sguardo rivolto al sogno americano e al mito di Al Capone, l’attaccamento al denaro, la mancanza di questo, il costante bisogno. Ma emerge prepotente anche una certa attitudine da bullo e l’infinito piacere di piacere, il fascino sulle donne e sulle “bambole” (Chiara Lagani è la “bambola”, con vestito da sera e tacco vertiginoso; passa tra il pubblico con il cappello a raccogliere spiccioli e a distribuire whisky). In questo concerto si sommano molti livelli drammaturgici che rendono assai prezioso l’intero lavoro: non ultimi gli speciali arrangiamenti dei brani scelti e, soprattutto, le capacità canore dell’attore (chi se lo aspettava?). Dopo una prima esibizione più lineare, il repertorio comincia a ripetersi in maniera più confusionaria, a ricordare un juke-box impazzito. Alle parole si aggiungono virgole di follia; nel protagonista riemergono reminiscenze da prestazioni attoriali di un tempo; riaffiorano ruoli che difficilmente si riescono a lasciare cadere perché più presenti e attuali di quanto si creda. Così, Cavalcoli/Buscaglione va a riprendere quel Berlusconi cui aveva dato vita in Discorso grigio e la domanda si fa assidua: avrà potuto prescindere quel giovane Berlusconi da un parimenti ipertrofico Buscaglione? Così spaccone? Così tormentone?