Giani Stuparich. Memoria bellica
“3 giugno. Stazione del Campo di Marte. Albeggia. Le colline in vasto cerchio verde e azzurro stanno dentro un cielo purissimo. Dai vagoni tanfosi saltan giù soldati sbattuti e sudici”. Giani Stuparich (1891-1961), triestino, suddito disertore dell’Impero Austro-Ungarico, volontario nell’esercito italiano, andando al fronte, passa da Firenze, città in cui ha studiato e fatto le prime prove di scrittore, insieme al fratello Carlo e all’amico Scipio Slataper. Dei tre sarà l’unico a tornare e quello a cui toccherà il compito complesso della memoria di un sodalizio di affetti, politica e letteratura. Alla permanenza al fronte nei momenti tremendi del conflitto, egli ha dedicato il notevole Guerra del ’15 (1940, ripubblicato opportunamente in questi giorni da Quodlibet), ma sulle stesse vicende tornava anche il suo primo libro di narrativa, Colloqui con mio fratello, uscito nel 1924, per cui Svevo scrisse che “pareva un tempio”.
Giani Stuparich si era laureato a Firenze con una tesi su Machiavelli, prima di partire volontario, e aveva esordito come autore in riva all’Arno, su “La Voce”, con articoli di taglio politico, in cui parlava dei popoli slavi e del loro destino. Mentre era al fronte, nel 1915, uscì infatti La nazione czeca, con dedica a Prezzolini, in cui riassumeva il filo del suo pubblico discorso. Alla partenza aveva “rimpinzato di libri” lo zaino, salvo doverli poi abbandonare subito al momento di trovarsi sulla linea del fuoco, in un panorama di morte. La sua memoria bellica è scabra, essenziale, non lascia spazio a retoriche di occasione. Il libro presenta le trincee nei loro aspetti sordidi, narra in dettaglio la difficile comprensione del quadro degli eventi da parte dei soldati. Le passioni letterarie, riaccese da incontri fortuiti, devono confrontarsi con una situazione terribile di logorio quotidiano, in cui nemmeno gli affetti o gli interessi più saldi resistono. Infine, al termine del conflitto, il risultato è quello di una alienazione senza rimedio, per cui: “l’anima non brilla più negli occhi di nessuno”.