Il mito politico. L’immaginario sociale tra ideologia e utopia

5 Giugno 2012

Filosofia del mito politico di Chiara Bottici (Bollati Boringhieri, 2012, pp.336, € 32,00) ricostruisce con precisione e chiarezza le linee fondamentali del vasto dibattito Novecentesco sul mito, focalizzandolo sulla filosofia politica: in una letteratura a volte autoreferenziale e di ardua comprensione, la sintesi della riflessione internazionale più recente e la perspicuitàdel libro sono davvero preziose.

 

Bottici inserisce il tema del mito nel cuore della filosofia politica dopo che questa, almeno nelle sue linee mainstream, ha evitato di occuparsene lasciando che il discorso fosse affrontato da studiosi di scienze storiche e sociali. Presupponendo soggetti che agiscono in modo puramente razionale, la filosofia politica manca l’obiettivo di delineare una teoria del mito: così, se da un lato ha delegato all’antropologia, all’estetica e alle scienze storiche l’indagine sulla dimensione mitico-simbolica dell’azione, dall’altro mostra di cadere nel vecchio pregiudizio illuministico che ha contrapposto mythos e ragione. È fondamentale dunque che nel libro gli studi di Hans Blumenberg abbiano un ruolo cruciale: dopo Cassirer si tratta un passaggio obbligato per la comprensione dei processi mitopoietici.

 

Blumenberg, protagonista del dibattito sul mito negli anni Settanta,risulta uno degli ultimi grandi pensatori del Novecento capace di ridefinire i rapporti tra ragione, mito e potere e di delineare le condizioni della politicità. La significativitàè la prestazione che la narrazione mitologica fornisce agli uomini in termini di “attendibilità, certezza, realismo, fede, intersoggettività” fino a statuire l’ordine assiologico di verità. Il mito imprime valenze al mondo-della-vita opponendosi alla caducità e alla dispersione: fondamento infondato, istituisce la chiarezza sugli inizi, fonda la realtà e ne mostra l’origine. Una funzione che è già un pezzo del logos e non il suo opposto, come la razionalità illuministica ha voluto credere. Prima di essere un che, esso è un come che stabilizza la realtà, la legittima e la determina, in quanto surplus di significato per la condivisione di una realtà sociale, culturale e politica. Ci dice cosa sappiamo, come agiamo e chi siamo. Il mito non è una ‘cosa’ ma un processo dinamico che muta con contenuti sempre nuovi: è quindi il risultato un processo di ricezione/elaborazione in fieri nella storia, che prevede stratificazioni, inversioni, rotture nelle vicende del significato.

 

Altro riferimento imprescindibile per Bottici è il lavoro (incompiuto) di Wittgenstein. Sulla scorta della concezione pragmatica del linguaggio e della teoria dei giochi linguistici, conoscenze e credenze mostrano il loro significato nelle azioni che ad esse si riferiscono:il valore di verità di un mito coincide con il suo uso politico. Una teoria della performatività del mito che voglia sottrarsi alla dicotomia tra ‘mito genuino’ e ‘tecnicizzato’ posta da Cassirer e Kerényi (che se non ingenua è almeno imprecisa), potrà rifarsi proprio a Wittgenstein.

 

I racconti mitologici di ogni tempo risultano sempre almeno in parte frutto delle strutture antropologiche ed economico-sociali di cui sono espressione e dunque della necessità di fondare il potere nel contesto a cui appartengono. Tutte le narrazioni hanno una vita materiale, vivono nella ricezione storica e hanno quindi un contenuto ideologico. Far apparire i miti ‘autentici’ e indipendenti dalla storia è invece il principale obiettivo di ogni potere, il quale necessita di celare la propria contingenza storica per autolegittimarsi come ‘verità’ e ‘origine’. Le mitologie di ogni tempo hanno una funzione naturalizzante, come scriveva Barthes con la felice (e militante) intuizione che l’antropologia ha sviluppato in modo rigoroso.

 

Il mito politico ritorna nella contemporaneità in forme nuove e inaspettate perché risponde alle spinte disgreganti della globalizzazione, avvertita come fonte di disorientamento, e alla fine delle grandi narrazioni, che per secoli hanno garantito la stabilità dell’identità europea. La svolta sociocostruttivista delle scienze sociali ha mostrato che le identità politiche, sociali e culturali si costruiscono attraverso diverse narrazioni mitologiche: queste sono serie testuali e di immagini che determinano e consolidano le memorie culturali e le strutture connettive dei gruppi umani; largo spazio è dedicato in questo senso a Castoriadis e alla nozione di “immaginario sociale”, la rete simbolica in cui si radicano atti individuali e collettivi nella loro relazione con la significatività.

 

All’interno di questa vasta riflessione rientra la critica alleteorie più note del mito politico, come quella di Sorel (sul mito dello sciopero generale) o quella di Cassirer (sulla critica del mito nazista). Da un lato il mito continua ad apparire come strumento di critica e progresso, spesso invocato dagli orfani del significato collettivo, dall’altro esso è forma di dominazione, come lo studio dei totalitarismi e poi la critica delle democrazie post-moderne e populiste hanno messo in luce: Bottici rintraccia quindi nel sempreverde Spinoza i riferimenti per una teoria del mito politico, in cui, posto chetutte le società si basano sull’immaginazione politica, quello che fa la differenza è la libertà di discussione critica a cui un mito è soggetto.

 

“I miti sono una normale componente della vita politica moderna, assieme alle ideologie e alle utopie, a cui talvolta si sovrappongono, ma da cui devono essere analiticamente distinti”. Ciò che rende un mito politico – scrive l’autrice – non è il contenuto politico della storia che narra, ma il fatto che questa narrazione sia performativa e coagulante, che sia condivisa da un gruppo e “che fornisca significatività alle condizioni specificatamente politiche di un certo gruppo sociale o società”, cioè le condizioni relative al conflitto per la distribuzione del potere e delle risorse. In questo senso Filosofia del mito politico riesce felicemente nella messa a punto di una ‘cassetta degli attrezzi’ di raffinata precisione, utile tanto all’analisi dei processi di mitopoiesi quanto alle proposte di un loro possibile uso al servizio di un autentico sistema democratico.

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