Intimità
La campagna elettorale in corso ha davvero delle caratteristiche sorprendenti. Ma dopo trent’anni di televisione berlusconiana si poteva forse prevedere che le sue due figure più eclatanti sarebbero state un imprenditore istrione e un attore comico. Silvio Berlusconi con le sue esternazioni clamorose, compreso il gesto con cui ha pulito la sedia di Marco Travaglio a “Servizio pubblico”, e Beppe Grillo con i suoi comizi-spettacolo, la traversata a nuoto dello Stretto, le battute e i gesti, sono senza dubbio i dominatori apparenti della competizione in corso. Se tutto questo si tradurrà davvero in un successo elettorale, non è affatto certo. E nonostante l’uso propagandistico dei sondaggi, arma di manovra e di persuasione degli incerti, nessuno sa bene cosa succederà al momento di andare alle urne. Tuttavia qualche riflessione su quello che è accaduto, e sta ancora accadendo, possiamo farla.
La prima cosa che colpisce è che la nostra società si manifesta anche in questo frangente come una “società dell’intimità”. Cosa significa? Alla fine degli anni Settanta del XX secolo il sociologo Richard Sennett scrisse che l’uomo pubblico aveva lasciato il posto all’uomo dell’intimità. Sono comparse sulla scena, come aveva previsto genialmente Andy Warhol, personalità pubbliche dotate agli occhi della gente di personalità superiori, perché sanno rivelare pubblicamente le proprie emozioni, esibendole: una forma d’intimità in pubblico e col pubblico. Questo è avvenuto nel momento in cui la televisione è diventata lo strumento principale di comunicazione, e al dialogo pubblico si è sostituita la funzione dello spettatore: cala la capacità di giudizio mentre aumenta la forza passiva del testimone-spettatore. Quello che conta, scriveva Sennett, non è più quel-che-si-fa, bensì come ci si sente dopo averlo fatto. Il narcisismo poi, come ci ricordano gli psicologi, è diventato una delle esperienze psichiche dominanti della nuova epoca.
La società intimista di nuovo tipo, “fa dell’individuo un artista privo della sua arte”. Una definizione straordinaria, se si pensa alle figure pubbliche comparse sulla scena politica non solo in Italia, ma anche in Europa negli ultimi vent’anni. I leader carismatici che emergono in America e in Europa sono coloro che riescono ad annullare ogni possibile distanza tra i propri sentimenti e impulsi e quelli dell’uditorio che li ascolta e li segue. Basterebbe seguire nel web, nella televisione privata creata da Beppe Grillo in Internet, le esternazioni del leader del Movimento cinque stelle per ritrovare esattamente questo aspetto. L’attenzione oggi si sposta sulle “motivazioni”, e questo distoglie l’attenzione dei seguaci e simpatizzanti dalla “valutazione degli atti”.
In questo contesto “l’intimità va a scapito della socievolezza”, sostiene Sennet. Il carisma, scrive con una formula efficace, “è uno striptease psichico”. Si concentra l’attenzione del pubblico sui gusti del leader, si rivela la sua sfera intima, i suoi amori e le sue passioni, così che l’attenzione è sviata dai problemi concreti della vita quotidiana, seguendo in questo una politica dell’immagine introdotta dallo star system hollywoodiano. Si pensi alla nuova “fidanzata” del Cavaliere, una ragazza di vent’anni, presentata in pubblico e sui giornali. Tutti i leader politici, con l’eccezione di Bersani, sono stati protagonisti di un servizio di Chi, la rivista “teorica” del berlusconismo militante. Neppure l’ex giudice Ingroia ha resistito a “presentare” la sua famiglia sulle pagine patinate dirette da Signorini, ideologo del partito televisivo del Cavaliere.
Ma dove è cominciato tutto questo e come? Con la televisione in America, due anni prima che avessero inizio le trasmissioni televisive in Italia (1954). Un esempio perfetto della politica dell’intimità è stato infatti il Checkers speech di Richard Nixon nel 1952, ben presto imitato da tutti i politici. Per stornare da sé il risentimento popolare, per la notizia che uomini d’affari gli hanno versato del denaro per favorirli, Nixon scoppia in lacrime davanti a milioni di telespettatori, ma non troppo a lungo per non dare l’impressione di non sapersi controllare, e in modo sufficiente per mostrare di avere un cuore e di essere una persona degna di fiducia. L’esibizione dei propri sentimenti più intimi, offerta dal pianto, fu la chiave del suo successo in quel frangente. Nixon parlò del tailleur della moglie, dichiarò di amare i cani, anzi di possederne uno, di cui disse davanti a tutti il nome, come quello di un famigliare.
Sennett sostiene che a partire da quell’epoca, e con un culmine negli anni Settanta, l’intimità si trasformò da risorsa sociale in una forma di tirannia, anche per via dell’avvento della cultura del narcisismo. Ora gli individui sono portati a considerare più importante il controllo su se stessi, sul proprio corpo e sulla propria mente, piuttosto che quello che si può esercitare sul mondo esterno, sugli altri. Gli altri appaiono come uno specchio di Sé, cosa che Warhol aveva perfettamente compreso: “Sarò il tuo specchio”, è una delle sue frasi più citate. Inoltre, le tonalità sentimentali diventano di primaria importanza; la prima conseguenza è che l’immagine dei propri e degli altrui sentimenti oggi conta più degli atti effettivamente compiuti. L’Io appare ora fondato sulla “motivazione”, un Io del tutto commisurato sulla propria vita pulsionale, come spiegano gli psicologi.
Lo stesso fenomeno del localismo, che si è diffuso con la fine degli anni Settanta negli Stati Uniti, e poi in Europa, sarebbe secondo Sennett, figlio di questa “tirannia dell’intimità”: la comunità contro la società. Lo studioso americano sostiene che l’idolatria intimista impedisce di utilizzare la comprensione dei fenomeni di potere come guida dell’agire politico. Così il risentimento diventa il sentimento maggiormente coltivato dalla nuova politica dell’intimità. Ma questa è già un’altra storia, su cui varrà la pena di ritornare.
L'articolo è apparso il 7 febbraio su L'Eco di Bergamo