Lettera a Lapo Elkann
Milano 3\6\2014
Caro Lapo,
non ci conosciamo. Ho pensato di scriverti una lettera. Ma non ho il coraggio di spedirti veramente questa lettera. Per via della timidezza. Che ritrovo in te. Anche tu vivi nell'eterno imbarazzo, mi sembra. E dentro una ferita, ho il sospetto. Proprio com'è capitato a me. Perciò ti sento amico e fratello. Abbiamo entrambi occhi che sfrecciano così tanto da sembrare led o spirali. Con questi occhi vedo ogni giorno le tue foto apparire su Facebook. Ogni tanto vengono ripubblicate nelle gallery dei grandi giornali o sui siti di gossip. Poi vengono condivise su Twitter e Facebook.
Sotto le foto spuntano subito tantissimi commenti. Ridono di te. Dell'azzurro della tua giacca, del colore della tua pochette. Ti odiano perché sei ricco. O ti sfottono per via di quella notte a Torino. Ma tu sei un labrador, col pelo biondo zuppo di pioggia. Così ti vedo. E sotto il pelo fradicio c'è il cuore impazzito di un cardellino. Che batte forte. A 180 bpm. Per via dell'imbarazzo. Dell'equilibrio spezzato. Di un incidente accaduto mentre guidavi al tramonto a Honk Kong o a Miami. Parlo in metafora e per intuizione, naturalmente. Posso sbagliarmi. Quando dico 'incidente' intendo qualcosa accaduto dentro di te, infatti. Sotto gli occhiali da sole, sotto le palpebre. Tra la resina e i draghi volanti a Dubai. Nell'interno Solaris dove riappare l'orologio e il sembiante di tuo nonno Gianni. Una zebra che zoppica sulla Piazza Rossa. Un elicottero bianco sopra lo stadio. Even the greatest stars dislike themselves in the looking glass.
Qualcosa si è rotto dentro, spezzato, ed è evidente nella gallery. Per quanto accechi il cuoio bianco di un mocassino mentre rosso in volto scendi da un Ferrari. Eppure non fanno che ridere di te, condividere oggetti e fare ironia o battute o sarcasmo su di te. Perché questo è il tempo e questo è il tropico di foto e status tra cui ci spostiamo con le dita rosa sul vetro. Siamo nel fitto profondo della vegetazione. Tra i cristalli del tempo presente. Nella sala di una galleria o di un museo ciò che importa non è tanto l'opera, ma l'umano che incontro alla periferia dello sguardo, mentre si china verso il quadro o lo spiega. Nella sala dei fiamminghi, è lì alle mie spalle.
Nella stanza del manierismo, invece, mi precede. È un visitatore. Ha pagato il biglietto. È lì con il suo naso, con la sua bocca tedesca o francese, con la giacca a vento lucida di pioggia e gli euro in fondo alla tasca. Naturale come una mela che pende e cade da un ramo. È un essere umano. Le sinapsi ramificano, perché ora è immerso nella conoscenza, estratto dalla flora interconnessa della parodia. Dunque io voglio, con questa lettera e attraverso di te, battere tre colpi sopra la crosta terrestre. Io voglio – contro l'ironia, il sarcasmo e l'odio quotidiano di tutti – restaurare la dignità umana di tutti.
Gianluca '86
Post Scriptum: Questa lettera è uno dei lavori prodotti in occasione di 'Newton', mostra d'arte allestita a Milano presso il Ristorante Carpaccio. È stata riprodotta in 150 copie, piegata e infilata in una busta bianca con destinatario Mr. Lapo Elkann. La lettera è stata quindi distribuita ai partecipanti al vernissage. Da quel momento in poi ciascuno è stato così attribuito della facoltà di affrancare e spedire, cestinare o tenere la lettera per sé.