Paolo Volponi / O di gente italiana
Quasi a suggello della sua carriera letteraria, Paolo Volponi, pochi giorni prima di morire, scrisse questi versi amarissimi sull'Italia “infetta”. In O di gente italiana, pubblicata sul Corriere della sera il 3 febbraio 1999, l'autore delle Mosche del capitale allegorizza senza indulgenze il degrado della già dantescamente Italia “puttana”, ancora capace se non altro di piangere o rincorrere i propri figli, trasfiguratasi ormai in “un incanaglito / furente travestito” che si prostituisce “sui raccordi”.
Italia, o di gente italiana;
eri una povera puttana
chiusa nella sua sottana
di casa, con neri occhi vividi
non guardavi per poter obbedire
meglio, toccare, curare; umidi
sempre di lacrime i tuoi gesti
per abbracciare i vivi e i morti,
rincorrere i figli persi
tra le spiagge e le strade,
tra i resti
di paesi distanti, riversi
lungo i tuoi passi.
Mai ti resse un marito
che tu rispettassi:
buttata fuori da ogni letto
raccoglievi i tuoi stracci
e proseguivi sforzando il petto
Ti sfamavi lungo i giorni e le notti
di pane e di cazzo
sfuggendo i rimbrotti
degli accampati e l'angoscioso
scampanio delle chiese.
Quand'è che il tuo cuore si arrese?
Perché oggi tu sei un incanaglito
furente travestito
al margine, senza terra, sui raccordi
che guata l'ombra infetta
dei nuovi quartieri.
Edizione di riferimento: Paolo Volponi, Poesie 1946-1994, Einaudi, Torino, 2001.