A proposito di Jim e del suo maglione
C’è una qualche non infondata possibilità che il vero protagonista dell’ultimo film dei fratelli Coen non sia il personaggio interpretato da Oscar Isaac, ma piuttosto quello interpretato da Justin Timberlake. La ricostruzione minuziosa del Village così come la cura della fotografia lo fanno pensare almeno quanto il maglione arancione indossato da Jim, il personaggio interpretato da Timberlake. Ben pettinato, cortese e dagli sguardi attenti e leziosi, Jim è un giovane cantautore di successo inconsciamente già sulla via del tramonto perché come ben ha scritto Giovanna Maffoni poi arriverà Bob Dylan e di maglioni arancioni e di ciglia seducenti non se ne parlerà più per molto tempo.
Perché quindi Jim è il protagonista? Perché in versione vintage, e per certi versi anche hipster, mi circonda nella sala dentro cui mi sono ritrovato a vedere A proposito di Davis e ancor più riempie le strade di qualsiasi grande città con il proprio incedere affettato e seducente.
Jim non è facilmente attaccabile, è gentile e premuroso, veste, non dico bene, ma con gusto di certo sì, è trasversale a qualsiasi ambiente di lavoro, sta bene con chiunque e se viene tradito non se ne accorge e uguale se è lui a tradire. I buoni sentimenti lo attraversano, ma al momento giusto ci rimane anche male e va consolato. Jim ha buoni voti e ottimi studi ed è il classico tipo che “fa star bene”.
Una volta si sarebbe potuto definire un buon partito, poi lo si sarebbe deriso dandogli del ragazzo da marito (all’incirca negli stessi anni in cui è ambientato il film), ora un po’ camuffato da una società quanto mai paurosa e desiderosa di amicizie, sicurezza e garanzie (sentimenti leciti, quanto facili) più che di amori, avventure e semplicemente voglie (sentimenti meno leciti e spesso complicati), Jim pare prendersi definitivamente la scena e l’impressione è che sarà sua per molto tempo ancora.
Justin Timberlake non è mai realmente odioso, nemmeno nell’atroce esibizione di Please Mr. Kennedy, e aderisce perfettamente al suo personaggio sfumando sullo schermo. Solo trent’anni fa sarebbe stato quasi impossibile anche solo trovare un attore così in grado di passare inosservato incidendo senza incidere.
Non sarà Jim a dare il colpo di grazia a Llewyn Davis, non sarà lui a negargli aiuto, o amicizia: a fare questo ci penseranno altri. Jim semplicemente prenderà il suo posto senza sostituirlo e non solo perché con la sua roba si fanno i soldi, ma perché Jim se lo merita e Llewyn no.
È il mito della regolarità, del merito o più semplicemente dell’ordine. Un ordine che prevede classifiche, bilanci, scuole, PHD e seminari. Quando va bene. Quando va male, solo retorica, ma spesso non c’è poi una gran differenza.
Jim è un personaggio disanimato di Richard Yates, privo di angoscia, alcol e senza il rischio di perdersi, eppure non è uno stereotipo e rappresenta molto bene il far carriera senza rischi, il crescere senza dolori, l’orgoglio misurato e la dignità ben temprata.
Verrà appunto il tramonto anche per lui, ma sarà quanto basta malinconico e non traumatico: i colori del cielo che virano all’arancione come il suo maglione e forse una lacrima che riga docile il suo viso.
Non commuovetevi per la sua aria affranta quanto seducente che tanto assomiglia al vostro vicino di poltrona, e ancor meno fingete di preoccuparvi del destino di Llewyn Davis di cui vorreste magari prendervi cura, ma di cui al massimo sopportate la presenza sul divano giusto ogni tanto.
Lasciate perdere, lasciamo perdere: una cena tra amici sicuramente da qualche parte ci aspetta, abbiamo sicuramente maglioni arancioni, rosa o color corallo con cui illuminare i nostri sorrisi stupidi, e chi ne è privo semplicemente è già spacciato.