Star Trek come rifugio utopico
È in uscita presso l’editore FrancoAngeli il volume di Robert V. Kozinets Il culto di Star Trek. Media, fan e netnografia. Il volume, curato da Tito Vagni, esce in occasione dei cinquant’anni dalla prima puntata di questa celebre serie televisiva di fantascienza ed è frutto di un’approfondita ricerca sul campo condotta alcuni anni fa sui fan della serie. Presentiamo in anteprima alcune pagine dal volume.
La serie era utopica sotto diversi aspetti, rompeva molti tabù sociali dominanti, mostrando un gruppo di persone appartenenti a razze ed etnie diverse intente a lavorare insieme nel futuro, e inserendo inoltre donne e uomini neri in posizioni di comando. L’episodio di Star Trek, “I figliastri di Platone” è passato alla storia per aver mostrato il primo bacio interrazziale della televisione americana. Star Trek, in questo modo, conferma in maniera enfatica l’affermazione di Dyer per cui i testi dei media contemporanei, per poter intrattenere (entertaining, i.e., procurare piacere), devono rifarsi a immagini e ideali che sono utopici. Anche se pone l’enfasi sull’ideologia piuttosto che sul piacere, Jameson, similmente, osserva che “le opere della cultura di massa non possono essere ideologiche senza che allo stesso tempo siano esplicitamente o implicitamente Utopiche…”.
Molti fan si servono delle articolazioni utopiche di Roddenberry per esprimere la loro attrazione verso il consumo di Star Trek, interpretando le immagini potenti e politicizzate della serie come immagini orientate contro le imperfezioni del mondo sociale esistente. “Elaine” è una trentasettenne della Virginia, madre di due gemelli, che ha preso parte ai club americani di Star Trek, contribuendo e recensendo fanzine (giornali scritti e pubblicati dai fan) e partecipando a convegni. Lei conferma che Star Trek “è stato il simbolo di un mondo dove non c’erano razzismo, povertà, anormalità, nazionalismo idiota o ingiustizia politica… noi fan abbiamo investito molta passione su questo aspetto della serie e nel voler rendere il mondo un po’ più simile alla Federazione che noi tanto ammiriamo”.
Come molti altri fan in questo studio, Elaine considera Star Trek, non una semplice forma di intrattenimento, ma una visione a cui aspirare. “Christine”, una studiosa di cultura popolare che vive nel Midwest e che in passato ha partecipato a un convegno su Star Trek, riassume perfettamente questa prospettiva dicendo che “Nella sua semplicità, Star Trek per me – e, penso, per molti fan – è una possibilità… Le persone vogliono vivere nell’universo Trek”.
Di frequente, l’utopismo sociale di Star Trek è metonimicamente riassunto nell’acronimo “IDIC”. IDIC sta per “Infinita Diversità in Infinite Combinazioni”, una filosofia religiosa di Vulcano che viene presentata nelle serie originali di Star Trek. L’egualitaria filosofia IDIC professa l’accoglienza della diversità e non semplicemente la sua tolleranza. “Andrew” ha ventisei anni, vive in Inghilterra, fa parte del fan club britannico di Star Trek associato con la Star Fleet, partecipa ai convegni e colleziona libri e merchandising della serie (“scenografia”, “piccole cianfrusaglie”). Per lui, la filosofia IDIC e la sub-cultura di Star Trek sono concettualmente connesse: «[IDIC] contrasta duramente con molto di tutto ciò che vediamo oggi – politici, religioni o quantomeno persone religiose, individui meschini, in generale, che riversano odio e disprezzo, qualunque sia il capro espiatorio di turno. Il “Non posso fare nient’altro che odiarti perché voti laburista/sei omosessuale/la tua pelle ha un colore differente dalla mia/non credi nel mio stesso dio…” che vedi intorno a te. In Star Trek, e negli Star Trek fandom, questo non esiste. Una volta ho sentito qualcuno dire che la loro prima volta ad un convegno di Star Trek è stato come sentirsi a casa. La mia prima reazione (dopo aver superato la sensazione dell’essere l’ultimo arrivato) è stata ‘sì, QUESTE sono il mio tipo di persone’” (Andrew).
I commenti di Andrew descrivono il fandom come una sfera sociale dove l’accettazione delle differenze è la norma. Andrew vede tutto ciò in netto contrasto con il mondo moderno in cui potenti forze esterne, i “politici” e coloro che controllano i dogmi religiosi, cercano di accentuare le differenze sociali e dividere le persone. Contrapposto al “governo moderno” (“Veronica”), al “nazionalismo idiota” e all’“ingiustizia politica”, Star Trek è descritto da questi fan come un “simbolo”, un testo utopico che potrebbe conferire al mondo terreno quella identica armonia sociale che regala ai fan nel fandom.
Questa ricerca etnografica analizza alcune delle declinazioni del significato e della pratica che i fan usano per connettersi alle immagini e agli oggetti del sistema mediatico di Star Trek. In tutte queste articolazioni sono evidenti le ideologie macroculturali, come quelle che, stigmatizzando, mettono in relazione il consumo del fantasy con le categorie sociali di malattia mentale, dipendenza, immaturità, superficialità e consumo compulsivo. D’altro canto, ci sono un’altra serie di significati, costruiti dai fan e dai producer di mass-media, ad esempio, e che mettono in relazione il consumo di Star Trek a pratiche che si rifanno a concetti come l’uguaglianza, la speranza e l’utopia. Istituzionalizzate nel fandom, le pratiche di consumo sono influenzate da questi significati così come da affinità socialmente strutturate (genere, età, classe) e dal bisogno di conformarsi a categorie macro-culturali di consumo adeguatamente verificate. Attraverso questi significati e queste pratiche, ogni fan legittima particolari differenze, individua le proprie fonti di identità e di vitalità, e colloca se stesso all’interno del mondo sociale in modi peculiari.
In passato, il pubblico della cultura di massa era considerato un destinatario passivo delle ideologie permeate di “falsa coscienza” e iniettate ipodermicamente. Il pubblico era considerato sopraffatto dai testi dell’élite culturale dominante. Goulding, per esempio, ha descritto l’attività del fan di Star Trek come “consumismo industriale… un percorso compulsivo irrazionale, prodotto dalla saturazione mediatica”. In particolare, sin dai primi anni ’80, la teoria e la ricerca hanno invece enfatizzato il fatto che i significati che il pubblico trae dai mass-media sono mobili e negoziati, e sono costruiti all’interno delle “interazioni tra pubblico attivo e media attivi” (Neuman). Nel fandom, il processo è sub-culturalmente mediato. La ricezione dei messaggi mediatici nel fandom è guidata da una relazione affettiva con la cultura del consumo che offre a ogni fan una fonte di identità, di forza, di differenziazione e di potere.