Canto del mormorio
Da Riga 47, a cura di Angela Borghesi, Massimo Marino e Laura Vallortigara (Quodlibet, 2024) pubblichiamo un testo di Giuliano Scabia (1935-2021), artista poliedrico e sapiente che in cinquant’anni di inesausta e visionaria attività creativa si è situato al crocevia di più generi e linguaggi, scrivendo commedie fantastiche e politiche, portando il suo Teatro Vagante fuori dei teatri, nei manicomi, nei boschi, nelle piazze, dedicandosi dagli anni Novanta sempre di più alla poesia, al romanzo, all’affabulazione.
Canto del mormorio è l’operina di auguri del 2009, una di quelle che componeva ogni Natale e andava a recitare per amici, in luoghi segreti, con il suo cavallo di cartapesta Benegheli.
Il volume monografico a lui dedicato del periodico semestrale diretto da Marco Belpoliti e Ezio Grazioli è editato da Quodlibet con il contributo della Fondazione Giuliano Scabia. È curato da Angela Borghesi, Massimo Marino, Laura Vallortigara e consta di oltre 450 pagine con scritti dell’autore, una selezione delle sue interviste più significative, alcuni suoi inediti e un inserto di immagini. Completano il volume una scelta di recensioni e commenti alla sua produzione e una raccolta di saggi e interventi inediti, scritti per l’occasione da studiosi e compagni di strada.
Al limite estremo – dove tutto, forse, sta nascendo – all’inizio del tempo.
Un cavallo alato e un cavaliere stanno immobili, in ascolto.
DICE IL CAVALIERE
Lo senti, cavallo, un mormorio?
DICE IL CAVALLO ALATO
Lo sento – e me ne beo.
DICE IL CAVALIERE
Che luogo strano.
Si sente il mormorio
ma non si vede niente.
DICE IL CAVALLO ALATO
Forse non c’è niente.
Non c’è, ancora, niente.
Non è ancora nato niente.
DICE IL CAVALIERE
Ma dai – senza niente
non ci sarebbe neanche il mormorio.
DICE IL CAVALLO ALATO
È sommesso.
Mi sembra che
un poco un poco
aumenti.
DICE IL CAVALIERE
È niente
e fa immaginare tutto.
DICE IL CAVALLO ALATO
Sai, uomo, cosa penso?
DICE IL CAVALIERE
Cosa?
DICE IL CAVALLO ALATO
Che siamo, finalmente,
arrivati all’origine di tutto.
DICE IL CAVALIERE
Non c’è notte, non c’è giorno,
non c’è acqua, fuoco, sasso, cose –
c’è solo il mormorio. Cavallo,
siamo forse dove
sta cominciando il tempo.
È scienza. Chissà.
DICE IL CAVALLO ALATO
Se non fossimo, noi due, sogni sognati,
immaginari e alati,
non ci si crederebbe.
DICE IL CAVALIERE
Guarda! Là nello spazio! Vedi?
DICE IL CAVALLO ALATO
Vedo un teatro immenso
di galassie e stelle
e la luce che illumina la notte.
Vedo creature, fuochi, nuvole,
vedo colori e trasparenze,
e angeli, diavoli – e gli dei che ridono,
la vita che nasce, le prime erbe, le prime bestie:
cavaliere mio – tutto si vede – tutto.
Che sia la famosa evoluzione?
DICE IL CAVALIERE
È un gran mistero, mio cavallo:
siamo qui dove tutto sta per cominciare
e vediamo tutto ciò che è successo dopo,
fino ad adesso. Forse
abbiamo finalmente trovato.
Ora lontano lontano, sulla terra, si vede un prato verde smeraldo costellato di crochi viola. Vi pascola un gruppo di cavalli elegantissimi.
DICE UNO DEI CAVALLI, BIONDO
Avete trovato? Veramente.
Io sono il cavallo di re Artù.
Quanto abbiamo cercato.
Ma eravamo certi che un giorno
qualcuno avrebbe trovato.
DICE UN ALTRO CAVALLO, NERO
È letizia, è felicità.
Io sono il cavallo di Orlando,
ho visto la sua follia d’amore:
cosa cercava, in realtà, il mio signore?
DICE UN ALTRO CAVALLO, BIANCO
Cosa cercavano i cavalieri?
La vita? La morte? No.
Cercavano di capire
Io lo so, io che sono
il cavallo dell’Apocalisse,
cioè della Rivelazione.
DICE IL CAVALIERE
Allora tutto l’andare, il cercare,
era per finalmente ascoltare
il mormorio?
Alla domanda nessuno risponde.
C’è un bel silenzio.
Il mormorio cresce.
Ed ecco che si sente un canto.
Viene dalla foresta di castagni sopra il rio Re – verso Marmoreto.
Che canta è un uomo vestito da guerriero – con la spada e l’elmo.
Accanto c’è un bambino, che ascolta e guarda verso il cielo.
CANTO DEL GUERRIERO
O cavallo, o cavaliere,
con piacere vi saluto –
ritornate a raccontare
ciò che mai s’era veduto.
Fra i castagni fruscia il vento
s’ode l’acqua mormorare
un bambino ascolta attento
una fola raccontare.
Adesso il mormorio diventa voce che racconta.
Il bambino, il guerriero, il cavallo e il cavaliere ascoltano.
DICE IL MORMORIO
Io sono l’inizio. Ma cosa sia l’inizio, neanch’io lo so.
Sono il mormorio di me. Qui cominciano tutte le cose – e le storie.
Da dentro di me, dopo tanto tempo, sono arrivate le stelle,
poi è arrivata la vita, e le piante, le bestie, e gli uomini.
Adesso finalmente gli uomini hanno capito,
con le loro macchine e telescopi,
che all’inizio c’ero solo io, il mormorio.
Ma come sarà stato possibile che da un mormorio
nascesse tutto?
DICE IL BAMBINO
Me lo spieghi?
DICE IL MORMORIO
Allora, bambino, hai sentito la mia voce?
DICE IL BAMBINO
Sì che l’ho sentita – e la sento.
DICE IL MORMORIO
E allora attento – guarda come mi espando.
Vedi? Vedi?
DICE IL BAMBINO
Sì che vedo.
DICE IL MORMORIO
E adesso sta ancora più attento
perché divento immenso, immenso,
vedi?
DICE IL BAMBINO
Vedo! Ti vedo! E non ho paura.
DICE IL MORMORIO
No – non aver paura.
Perché da questo fiore immenso, col tempo
nascerai anche tu.
Anche nella foresta di castagni sopra il rio Re e ovunque sulla terra tutti stanno a guardare incantati.
DICE IL CAVALLO ALATO
Ecco – abbiamo visto nascere l’universo.
È sbocciato come una rosa.
DICE IL CAVALIERE
L’abbiamo immaginato ed è successo.
È nato il nuovo anno.
DICE IL CAVALLO
Un anno piccolissimo
e immenso.
DICE IL CAVALIERE
Sono sbalordito.
In questo momento il bambino si mette a cantare –
e le bestie del bosco e tutti, su e giù per l’universo, ascoltano.
IL CANTO DEL BAMBINO
Ho visto nascere una rosa
che sono io: ho sentito
lontano, un mormorio:
ho visto cavalli e cavalieri
volare, parlare: adesso
ho ascoltato la storia,
domani cosa accadrà?
DICE IL CAVALIERE
E adesso come torniamo?
DICE IL CAVALLO ALATO
Seguiamo la voce del bambino.
Via, in volo!
DICE IL CAVALIERE
Chi l’avrebbe mai detto
che da un mormorio sarebbe nato tutto
il bambino, l’universo, Dio.
Volano nel tempo. E volando cantano insieme.
CANTO DEL CAVALIERE E DEL CAVALLO ALATO
Lode al mormorio del vento,
del tempo – e del volo
che tutto accompagna.
È un gioco volare,
immaginare – noi
cavalli e cavalieri,
lieti di raccontare
per bene augurare,
torniamo dalla visione
allegri e spaventati:
mai eravamo arrivati
così lontani:
martore, volpi, poiane,
fra i castagni dormite,
ninna nanna, sognate
i cavalli e i cavalieri –
sognate, sognate,
tutti i sogni saranno
verità rivelate.
L’umanità di ieri e di oggi, e le bestie, le piante, le stelle, i pianeti, le galassie, tutti, disposti nel gran teatro del tempo, sorridono e applaudono il cavallo alato e il cavaliere che tornano. E a un certo punto si sente la voce di Giuliano Scabia che dice:
Sempre sarà che stelle chiare
davanti in ogni parte notte
a far cammino avremo. In nostre
barche per il tempo sparse
astronavi anime andremo
e sempre più chissà forse vedremo
dell’infinito il bordo estremo. Sì?
(nell’anno 2009 gli scienziati astronomi di Cascina in Toscana, di Hannover in Germania, della Louisiana e dello stato di Washington, collegati nella medesima ricerca, hanno detto che il Big Bang non è un tuono, ma un mormorio).
dal Teatro Vagante, dicembre 2009
(da Canti del guardare lontano, Einaudi 2012, pp. 43-50; ora in Riga 47, Giuliano Scabia, a cura di Angela Borghesi, Massimo Marino e Laura Vallortigara, Quodlibet 2024, p. 464)