Ceronetti, Biamonti e lap dance
Domenica 2 Giugno 2013, a Final Borgo, Guido Ceronetti è stato premiato come Inquieto dell'anno nell'ambito della VI edizione della Festa dell'Inquietudine.
Prima di lui e in altri anni era stata la volta di Elio, Don Ciotti, Costa Gravas, Oliviero Toscani o in tempi più lontani Gad Lerner e Francesco Biamonti.
Quest'evento e la contemporanea prima rassegna di vini rari ed "inquieti" (Mattaossu, Barbarossa, Susumaniello, Perda Pinta...) sono stati l'occasione e il pretesto per una serata in quel paese.
Festival atipico quello dell'Inquietudine, centrato sull'idea che questo sentimento-sensazione sia alla base della curiosità e dell'attenzione verso il mondo, in definitiva (forse a ragione) condizione preliminare di ogni azione, opera o destino umano che possa dirsi in qualche modo culturale.
Festival atipico dicevamo e che non casualmente ha la sua sede in questo lembo di ponente ligure.
Sotto il Castel di San Giovanni, posizionato su un basso colle tra strette gole, "lontanissimo" dal mare da cui pur dista poche centinaia di metri, Final Borgo è una sintesi della geografia della Liguria e della sua cultura antica, probabilmente una delle sue immagini migliori. C'è del resto un'inquietudine di fondo nel paesaggio ligure, pienamente mediterraneo e solare certamente, almeno secondo i canoni turistici abituali, ma è sempre una mediterraneità e una solarità "da decifrare", ben distanti ad esempio dalle coste del nostro meridione o anche solo della vicina Toscana.
I portali antichi in marmo o ardesia, le strade ed i vicoli acciottolati con sassi di mare parlano immediatamente non solo di una certa architettura ma anche di un complesso rapporto con l'ambiente circostante. Assenti i campi intorno al paese, i terrazzamenti ospitano solo orti e frammenti di oliveti, uno stretto ritano (ruscello) lambisce le case allineate a delimitare le mura cittadine mentre la verticalità delle montagne è una presenza sempre incombente. Paesaggio sospeso tra passato e presente, tra antica ricchezza e contaminazioni turistiche, tra gli echi di un antico modo di vivere e i vicini frastuoni del presente, Final Borgo è un teatro naturale della Liguria, e una visita tra le sue mura offre sempre una passeggiata di inquietudine, già dall'ingresso di una delle sue porte, quando, lasciando la strada asfaltata e prima dell'acciottolato, le case sul ruscello, le strette finestre e i panni bianchi al sole possono dare un'idea di estraniamento, improvvisamente affacciati su un panorama vivo del XVI o XVII secolo.
Tra i libri di Guido Ceronetti Il silenzio del corpo (Adelphi 1979- 2001) è forse il più noto; opera difficilmente collocabile, fatta di aforismi, osservazioni, notizie, curiosità, brevi saggi con al centro il corpo e la biologia umana, la sua unicità e fragilità, al confine tra antropologia e medicina, arte, storia, letteratura, spesso nella terra di nessuno di alcuna disciplina. Lettura dal fascino particolare, "inquieta" come poche e dove le dimensioni più vitali e immediate del corpo e della biologia - il cibo e la sessualità - occupano un posto di rilievo nelle curiosità e negli interessi dell'autore intessendo una fitta trama di rimandi dalla luce difficilmente decifrabile ma da cui il lettore resta inevitabilmente avvolto.
"Sembra un fatto di cronaca letto oggi. Il Budda morì di avvelenamento da funghi mangiati nel bosco dell'orafo Cadra. Il fungo non è diventato la croce dei buddisti; però è curioso: la sua forma è un Tau, una croce."
" ...Ma essere vegetariano non basta... il burro, i formaggi sono carni incruente, il pane è figlio del fermento, fabbrica cattivo odore. La natura però è sempre ambiguissima: grandi necessari, solari, purificatori, l'aglio e la ventosa cipolla generano pesanti aloni e gas... figli del cielo sono l'olio d'oliva, il miele, il riso, il tè."
Il cibo e la sessualità, sopratutto questa:
"...In realtà l'uomo è fatto per altro e non può sopportare a lungo il legame coniugale senza avvilirsi.Troppo mescolarsi ad una donna fa male. L'amore con eccesso di mescolanza cioè nel suo massimo grado di perfezione, è nocivo. Eravamo fatti per l'aratro, la caccia, la guerra, la poesia, la musica e Dio; siamo tutto camere, pianerottoli, fotografie, ascensori, contrasti, preoccupazioni di doveri, estenuanti fino all'imbecillità..."
Personaggio unico nel panorama culturale italiano, erudito, poeta, filosofo, traduttore finissimo della Bibbia, creatore del Teatro dei Sensibili, giornalista, convintamente vegetariano, nel Silenzio del corpo Ceronetti esprime parte dei suoi interessi, timori, entusiasmi con al centro l'uomo, i suoi fulgori e i suoi mali.
Come nei libri di Piero Camporesi, i cui saggi costituiscono una vera e propria letteratura del genere, nel Silenzio del corpo, l'attrazione del lettore deriva dagli aspetti irrazionali e nascosti della biologia, con tutti i misteri in cui l'umanità si è persa per secoli e tutt'ora si smarrisce nonostante ogni avanzamento delle conoscenze biochimiche e metaboliche, nonostante l'accesso alle frontiere del DNA e alle sue promesse di certezza.
Perché il corpo medicalizzato e intriso delle conoscenze scientifiche del XXI secolo si specchia ancora con un lato oscuro fatto di incertezze, di conoscenze parziali e senza un disegno generale che dia promessa di benessere o anche solo di piena consolazione. Nel Silenzio del corpo incontriamo semplicemente la fragilità umana in dimensioni inattese e sconosciute e perciò più "vere".
"Il corpo è un perfido e un traditore: con lui viaggiamo come con un Thug. Fa sorrisi alla vita ed è un sicario di morte."
Fragilità del paesaggio e quella della condizione umana... su un altro piano è in fondo la stessa fragilità che si può trovare nelle pagine di un altro "inquieto", Francesco Biamonti, che pure il paesaggio ligure di ponente - e inevitabilmente anche di un certo mediterraneo- ha descritto come nessun altro. Paesi appesi su pendici rocciose riarse dal vento e dal sole, oliveti in rovina , qualche manciata di uomini e donne del Nord Europa smarriti tra mare e monti in una sorta di Eden che sembra poter essere in grado di curarli; insieme a loro una residua antica umanità colta un istante prima del declino finale.
" ...Andarono sotto il portico di casa. Passavano nuvole sempre più rapide. La pioggia rischiarò il mare, lo unì alle colline in un’atmosfera bianca. Egli pensò invece che il sole vi gettava un manto di lusso. Con l'azzurro ogni cosa andava verso un suo destino."E poi la costa vicina e lontana come irresistibile tentazione e maledizione di tempi oscuri...
" Cercarono un bar. Ma da per tutto rumore e schiamazzi, percussione, macchine.
- Meglio scappare da questa costa assassinata, non ci si può più stare. Conosco un posto riparato dall'aria.
Si spostarono verso il confine. Quella terra verticale, a picco sul mare, s'era un poco salvata..."
Poi, dentro un mondo dai contorni rarefatti, i rapporti tra le persone mai scontati, quasi sempre labili, appesi alle leggi del caso, all'inevitabilità degli avvenimenti, alla fragilità umana; ancor di più gli amori e il rapporto con le donne. Creature, nelle pagine di Biamonti, quasi sempre carnali ma anche ascetiche nella misura in cui restano "altro" e imprevedibili, fisicamente presenti ma in qualche misura irraggiungibili, e poi i sentimenti sempre alla prova dei giorni, delle distanze, dell'ingombro della memoria...
Non a caso nei libri di Biamonti, le donne, protagoniste o meno, sono spesso straniere e comunque figure rarefatte, incerte, impronte umane solo in transito sulla costa come sui monti della Liguria.
Final Borgo, Ceronetti, Biamonti e già... i vini inquieti.
Di quelli presenti alla rassegna, ne conoscevo solo uno e solo di nome: il Mattaossu, vino bianco prodotto nelle colline intorno a Finale e Varigotti e dal nome affascinante. Caratteristica questa peraltro comune anche a tutti gli altri, ma come quelli un vino fragile, perché raro o abbastanza raro, poco conosciuto, fors'anche in "via d'estinzione"... Dunque un Mattaossu bevuto all'aperto indugiando in una piazza del paese e poi un incontro per caso e "affinità spirituali" parlando con una giovane donna dell'est non più ragazza e con il suo socio. In un italiano non più approssimato ma con tutto l'esotismo linguistico che danno le cadenze slavofone, mi spiega che è in Italia da sette anni, che abita sulla costa e che poco lontano gestisce con il socio italiano un locale notturno, un disco bar, anzi un disco bar-lap dance.
"Nei fari apparve una donna che cercava di nascondersi dietro un ginepro: tentava di arrampicarsi per la Ripa, ma scivolava. Le era caduta la borsa.
Leonardo si fermò istintivamente.
- Non abbia paura non fugga.
Lei raccolse la borsa. Lui aprì la portiera. Rimise la marcia. Era minuta e bionda. Parlava un italiano stentato. Era bosniaca.
- Viene dal bar?- le chiese.
- Ero al bar. Ma ho preferito scendere a piedi, non aspettare che qualcuno mi portasse.
- Lassù la festa continua..?"
Dopo, rientrando verso casa ero consapevole che era proprio quello il brano che mi era venuto in mente pur non sapendo in quale romanzo collocarlo. Neanche una pagina intera, ma a suo modo intensa e dove l'incontro con la ragazza straniera ha tutta la forza e la fragilità degli incontri di Biamonti.
"...Sull'Aurelia illuminata la vide meglio, un bel profilo, delicato e raccolto e gli occhi stanchi...Indossava un corto soprabito che lasciava le gambe scoperte e aveva un luccichio nei capelli e un odore combinato di tabacco e di essenze. Passarono due capi rocciosi e due cittadine in cui erano sopravvissuti eucalipti e palme".
Il giorno dopo, cercato con calma, quel brano l'ho ritrovato in Le parole la notte (Einaudi 1998), l'ultimo romanzo di Biamonti.
La sera precedente, nella piazza di Final Borgo, terminando il Mattaossu, ero intanto venuto a sapere il nome del locale lap dance, Effimero.
Immediata la mia domanda del perché di un nome così inusuale per un locale notturno, una discoteca e per giunta lap dance. La spiegazione del socio, pronta, era stata in ragione degli amori che vi avevano scena: "...perché gli uomini poi si innamorano..." Quasi folgorato, a quel punto avevo già dichiarato geniale il nome e da assoluto inesperto di nigth, sorprendente - in realtà sorpreso solo per un attimo - che in un nigth-lap dance si potesse arrivare ad innamorarsi.
Più tardi, dopo una cena in trattoria e passando quindi per l'Aurelia - la strada da cui i personaggi di Biamonti periodicamente sono attratti lungo la costa ingombra di luci e di gente - abbiamo incrociato l'ingresso e l'insegna dell'Effimero; un'aria mista tra il discreto e l'ambiguo che i locali del genere debbono probabilmente mostrare: ingresso defilato, insegna non troppo evidente e non eccessivamente illuminata.
A quel punto, anche quel nome era diventato solo un'altra forma e un'altra declinazione della parola fragilità.