Christoph Büchel: il Monte di Pietà da Prada
Habe illius curam recita il versetto 10,35 dell’evangelista Luca. E Habe illius curam è lo slogan utilizzato dal Beato Bernardino da Feltre per pubblicizzare i nuovi istituti di credito, ideati e fondati dagli Osservanti Francescani. È proprio con un cartiglio riportante tale motto, che è rappresentato in una tempera conservata nel Museo Civico Gonzaga di Novellara: una piccola tavola (52x130cm), di datazione incerta tra il 1500 e il 1550, genericamente attribuita alla Scuola Lombardo-Ferrarese, completamente occupata dalla figura stante del frate che, con l’indice della mano con la quale tiene il primo cartiglio, indica la rappresentazione dei tre monti, sorretti nell’altra mano, sovrastati dal Cristo Pietà, adornati da un secondo cartiglio con l’altro motto ampiamente utilizzato dai frati: Nolite diligere mundi.
Impiegati col principale scopo di esortare i più abbienti a donare e versare delle quote a queste organizzazioni, al fine di accantonare del capitale da poter prestare ai più bisognosi, soprattutto piccoli bottegai e artigiani, a tasso zero o calmierato, per scongiurare la possibilità di passare sotto il giogo dell’usura e scalzare l’egemonia giudaica dall’attività della gestione monetaria. Che divenne uno dei motivi della campagna antisemita artatamente costruita e messa in campo nel corso dei secoli. Emblematica è la cosiddetta Cappella del non più beato Simonino all’interno del palazzo Bortolazzi Larcher di Trento, per il quale, solo dopo 549 anni, è stato dimostrato quanto la campagna d’odio antisemita fosse fomentata dai forti interessi curiali dell’epoca. Essendo un’attività, quella di prestare i soldi, fortemente condannata dalla Chiesa (sempre in Luca 6, 34: "E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto”) e, nella visione cattolica, essendo i giudei già condannati all’inferno, per secoli era stata demandata a loro, soprattutto perché erano ben poche le occupazioni manuali che erano autorizzati a svolgere e che la rispettiva religione concedeva.
Dunque, prendersi cura di Lui, del Cristo, ovvero del bisognoso, staccandosi dalle cose terrene, per essere ricompensati nell’aldilà (Luca 6,35: “Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo) sono le parole d’ordine della propaganda francescana per smuovere gli animi e esortare l’espansione dei Monti di Pietà perché il denaro, se ben usato, poteva diventare strumento di elevazione spirituale. Sorti a Perugia nel 1462, e ben presto diffusisi su tutta la Penisola, i Montes Christi attestano il notevole scarto economico, accompagnato da quello culturale, che ha segnato la società negli anni a cavallo tra la fine del Medioevo e gli inizi del Rinascimento, che, da rurale, gradualmente si trasforma in un’economia di scambio, rendendo più forte l’esigenza di disponibilità di denaro, tanto che nel XIV secolo i cambiavaluta cattolici erano ampiamente maggiori di quelli giudei. Tuttavia, anche senza conoscere la storia che c’è dietro ai Monti di Pietà, e le rispettive conseguenze, è quanto si percepisce attraversando l’omonima spettacolare iperrealistica installazione di Chistoph Büchel.
Raramente, i lavori realizzati dall’artista svizzero, nato a Basilea nel 1966, dove tuttora vive, passano inosservati. Non a caso, il sostantivo che quasi sempre compare negli articoli che accompagnano i suoi lavori è “provocazione”. Seppur l’intento non sia quello di “invitare a una reazione violenta o irritata”, le risposte alle sue opere sono sempre sopra le righe, con repliche nette e radicali. Sarà anche una strana coincidenza, ma proprio a Venezia sono state realizzate quelle che maggiormente hanno generato reazioni estreme. Risale alla 56. Biennale del 2015 The Mosque, l’installazione realizzata per il padiglione islandese che trasformò la chiesa di Santa Maria della Misericordia in una temporanea moschea per la preghiera dei musulmani, che, da anni, non riescono a trovare un luogo per le loro preghiere. E che, dopo alcuni giorni, carichi di proteste dei cittadini e del Patriarcato (che ne aveva dato il nulla osta), fu chiusa il 20 maggio dello stesso anno perché, secondo le autorità, non poteva essere utilizzata per finalità diverse dal culto cattolico, nonostante sia di proprietà privata e chiusa al culto dal 1969. Mentre Barca Nostra (2019), è stata esposta nel corso della 58. Biennale.
Il peschereccio naufragato al largo delle coste della Libia, nella notte del 18 aprile 2015, con a bordo più di 800 migranti morti, solo 28 sopravvissuti, dopo che l’imbarcazione è entrata in collisione con un cargo portoghese che tentava di soccorrerlo. Con l’appello “Urgent Call for Radical Action: Halt the Venice Art Biennale Now”, perché Venezia “è un parco giochi distopico per ricchi […] che alimenta la macchina della propria distruzione attraverso il turismo di massa”. Lavoro, quello dell’Arsenale, che ha un ulteriore sviluppo in From the Collection/Verlust der Mitte (Perdita del centro). Realizzata nel 2017 allo SMAK di Ghent, l’installazione trasforma il museo, e la sua importante collezione, in un asilo per i rifugiati, ricoprendo il pavimento delle diverse sale con vecchi materassi, accompagnati da coperte, valigie, vestiti e oggetti vari.
Con la ricostruzione artificiale della realtà, Christoph Büchel insiste con le sue aspre critiche all’attuale società che utilizza il debito come forma di controllo sociale e politico, sollevando spinose questioni, che non sempre sono ben accolte. Oltre a The Mosque, basti ricordare Simply Botiful (2007). La prestigiosa galleria Hauser & Wirth fu trasformata in una flophouse, con negozi di vendita di elettrodomestici di seconda mano. Questioni che lo hanno anche implicato in alcuni percorsi legali, come quello con il Mass MoCA (Massachusetts Museum of Contemporary Art di North Adams), avviato nel 2008. Il Museo citò in giudizio Büchel presso la corte federale, affinché fosse riconosciuto il diritto di aprire al pubblico Training Ground for Democracy, una sorta di labirinto sociopolitico sulla cultura americana, che l’artista aveva assemblato per mesi all'interno di un magazzino del Museo, prima che i suoi rapporti con l'istituzione si inasprissero e i lavori si fermassero.
Anche se il Tribunale diede ragione al Museo, all’indomani della sentenza, Christoph Büchel ha stampato e accatastato e diffuso le migliaia di pagine di corrispondenza e documenti tra il Museo e l’artista, appendendo delle cornici vuote per indicare quelli che gli sono stati negati perché “riservati”. Dal suo mirino non ha escluso neanche Donald Trump, che è stato protagonista di una petizione on line sul sito We the People della Casa Bianca, sponsorizzata dall’organizzazione no-profit MAGA (che sarebbe l’acronimo dello slogan della campagna presidenziale dello stesso Trump: Make America Great Again). Lanciata nel 2018, da Tijuana (Messico), l’interrogazione era: “Donald Trump è un artista concettuale?”, in base alla quale si affacciava la possibilità che i prototipi (costruiti al costo di 3,3 milioni di dollari attinti dai fondi federali) del muro di confine messicano voluto dal Presidente degli Stati Uniti fossero designati come monumento nazionale, come parte di “una grande mostra di Land Art di alto valore culturale” e, quindi, i prototipi considerati come arte concettuale. Un’impresa ardua, quella di Christoph Büchel, cui non è nuovo.
Ha trascorso anni per ottenere l’approvazione per Terminal che prevedeva la sepoltura, a sue spese, di un Boeing 727, costruito a sue spese, a grandezza naturale, in un terreno di sua proprietà situato nel deserto del Mojave, vicino Boron, in California, ottenuta nel 2012. Passione per gli aerei attestata anche in DUMMY (F-16), del 2022, nell’Hamburger Bahnhof di Berlino. Attraverso la riproduzione fedele in plastica del caccia statunitense F16, l’aereo da guerra più comunemente utilizzato, affronta il tema della guerra moderna che, spesso, utilizza repliche simili per ingannare il nemico. E una vena di ironia sembra percorrere anche altre opere, come con No Future, presentata alla Biennale di Sydney del 2008. Nel Museum of Contemporary Art, l’unico museo australiano dedicato all’arte contemporanea, ha realizzato un’installazione accompagnata da una performance: una banda punk con volontari ultra ottantenni, provano god save the queen, il successo dei Sex Pistol del 1977, che originariamente si intitolava, per l’appunto, no future, che, seppur bandito dalla BBC, riuscì comunque ad arrivare in cima alle classifiche.
Così, l’intero palazzo Ca’ Corner della Regina della Fondazione Prada è stato riportato alla sua precedente funzione di sede del Monte di Pietà, attivo dal 1834 al 1969. La fedele, quanto puntuale, ricostruzione dell’antico Banco dei Pegni, rimarcato, all’esterno, da cartelli “COMPRO ORO/VENDO ORO”, “LIQUIDAZIONE TOTALE”, “FUORI TUTTO”, oltre a far dubitare spesso che sia reale e non rifatta, “ingozza” il visitatore con l’eccessiva sovrabbondanza di oggetti, ponendolo di fronte a infinite considerazioni e constatazioni. Dalla più semplice, quanto la nostra società sia ricca e circondata dal futile. Ma anche come, in quella stessa società, vivano persone che, per affrontare il quotidiano, sono spinte a dare in pegno qualsiasi cosa possa trasformarsi in denaro, dal passeggino al bastone da passeggio, dalla biancheria intima al materasso, dal paralume agli sci, dalla bicicletta alle protesi, al televisore, al servizio di piatti, al quadro, e così per centinaia e centinaia di oggetti, mischiando elementi di scarso valore economico con altri di maggiore pregio. È il caso dei sei barattoli di Merda di Artista di Piero Manzoni, o una lavagna di Joseph Beuys, o The Diamond Maker, la valigia concepita da Christoph Büchel, contenente diamanti realizzati in laboratorio attraverso il processo di trasformazione delle opere dell’artista ancora in suo possesso (inizialmente anche questi diamanti erano realizzati con le feci di Büchel). Tra i vari ambienti, oltre al bancone delle valutazioni, come quello della messa all’asta dell’oggetto, qualora il proprietario non avesse riconsegnato il prestito, alla cappella, una certa inquietudine è provocata dalla sala dove computer sempre attivi controllano l’andamento delle borse nonché il mercato parallelo dei bitcoin, che si affiancano a letti, a resti di pasti, perché gli addetti vivono come carcerati assorbiti in questa attività totalizzante.
È impossibile non richiamare alla memoria l’altra straordinaria installazione Useless Bodies? di Elmgreen & Dragset, sempre della Fondazione Prada, nella sede di Milano, che voleva esplorare la condizione del corpo nell’era post-industriale. Mentre altri provocano un sorriso amaro, come lo sportello automatico per il prelevamento di contanti col bancomat, cash 24h, su cui campeggia un biglietto con la scritta FUORI SERVIZIO. Un accumulo nel tentativo di trarre sicurezza dagli oggetti. Perché spesso noi siamo i nostri oggetti (come non ricordare l’immensa catalogazione realizzata da Barbara Iweins con suo lavoro fotografico Katalog, 2022, col quale effettua un inventario degli oggetti esistenti nella propria abitazione). Attraverso di essi, si legge la storia sia individuale che collettiva. Perché, anche se in modo differente, per ognuno non sono semplici entità vuote, ma carichi di significati simbolici e affettivi, che ci accompagnano per tutta la vita e, generalmente, non sono quelli strettamente utili.
Christoph Büchel | Monte di Pietà
Venezia, Fondazione Prada
fino 24 novembre 2024
In copertina, Fondazione Prada, Monte di Pietà, Christoph Büchel.