Democrazia 2.0?

1 Luglio 2011

Stavo leggendo l’ennesimo articolo sul ruolo giocato da Twitter e dalla Rete nelle ultime consultazioni elettorali e referendarie quando, lo dico senza vergogna, mi sono addormentato. Sono letteralmente crollato sopra la tastiera del mio pc mentre scorrevo le parole di un ambiguo cattolico di destra impegnato a sminuire il ruolo del web 2.0, ovviamente dalle colonne del suo blog.
Per farla breve, mi sono addormentato e ho fatto un sogno, di quelli un po’ inquietanti. Niente situazioni splatter o scabrose. Ho sognato Castoriadis.


Sulle prime non l’ho riconosciuto ma quando ha attaccato a parlare di eteronomia e di istituzione immaginaria della società mi son tremate le gambe e ho capito chi avevo di fronte. Non so perché mi sia comparso davanti ma lì per lì sembrava parecchio acceso e animato da una verve polemica che non aveva nessuna intenzione di dissimulare.


Provo goffamente a interagire ma è un fiume in piena. “L’autonomia, l’autogoverno, è il controllo di ciò che si può controllare, la decisione collettiva, lo sganciarsi da un potere del quale non si riconosce più la legittimità, il riconoscere che è la società stessa che crea le proprie leggi, che sta a noi decidere il da farsi, ma sempre con la consapevolezza che viviamo sul Caos, sull’Abisso, che noi stessi siamo Caos e Abisso e che, pertanto, è un’illusione l’idea di poter padroneggiare alcunché” (Fenetre sur le chaos, Editions du seuil, 2007). Resto basito e senza parole e in quel momento mi sveglio.


Provo a ricordare cosa mi ha detto mentre parlava degli smartphone ma è tutto così confuso! Per sommi capi il senso è comunque questo: la società si auto-istituisce attraverso l’elaborazione e la creazione autonoma di un immaginario sociale da cui poi nascono norme, leggi, religioni, etc. Il ruolo agito dal web 2.0, Twitter, Facebook e compagnia ne è l’epifenomeno. Attraverso strumenti sempre più accessibili la rete si estende, esce fisicamente dagli schermi dei pc per dilagare nel mondo reale. In questo modo, il confronto continuo con la realtà quotidiana e i suoi limiti diventa uno stimolo per la creazione di significazioni immaginarie sociali attraverso la critica. Twitter ne facilità la creazione rendendo molto più veloce lo scambio di informazioni.

 

Ecco tutto. Per me i conti tornano. O no?!

I social network non sono strumenti democratici a priori ma sono strumenti di comunicazione. Che gli strumenti di comunicazione siano o meno intrinsecamente democratici e democratizzanti è una cosa che lascio discutere volentieri agli habermasiani incalliti, ai nipoti di McLuhan e a Pierre Lévy. Una piccola cosa mi sembra però chiara e cioè che anche la comunicazione non è niente se non si intreccia alle pratiche di vita quotidiana in una contaminazione reciproca, continua e costante.

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