Speciale
Jazzi. Secondo natura / Schiuma
Jazzi è un programma di valorizzazione del patrimonio ambientale dell'area di Licusati (Camerota) a ovest dell pendici del Monte Bulgheria nel Parco Nazionale del Cilento e dell Vallo di Diano, per abitare la relazione con la natura.
La serie dei testi Secondo Natura vuole evidenziare il medesimo ritorno alle esperienze sensoriali
riferendosi a quegli elementi che incontriamo ogni giorno nel mondo intorno a noi: acqua, vento, onde, nuvole, sabbia, polvere, pietre, stelle, eccetera. Un viaggio sensibile e intellegibile che auspichiamo, sulla scorta degli antichi poeti e filosofi, sia davvero secondo natura.
Estate. Sulla riva del mare. Il vento ha creato grandi onde che s’infrangono sul bagnasciuga con bellissimi effetti biancastri. Adulti e bambini vi si tuffano felici. Lo sapevate che c’è qualcosa in comune tra questa massa bianca, il pane, la crema da barba, il cappuccino, una meringa e il sughero? Sono tutti aggregati composti da piccole bolle, ovvero delle schiume: stati instabili. Solidi, liquidi e gas, i tre più noti stati della materia, si combinano in vario modo per formare la schiuma. Ci sono schiume che si mangiano e si bevono, come la mousse o la meringa, il pane o la birra, e schiume che servono per isolare, come il sughero, o ancora materiali schiumosi composti di vetro, come l’aerogel usato in una sonda spaziale della NASA.
Un fisico americano, Sidney Perkowitz, ha scritto un libro divulgativo tutto dedicato alle schiume, La teoria del cappuccino (Garzanti). Il suo l’intento è abbozzare una “scienza della schiuma”, che non riguarda solo gli oggetti d’uso quotidiano, alimentare o no, ma anche micro-fenomeni, come cellule e virus, e macrofenomeni, come vulcani e oceani, e più in generale la forma stessa dell’universo, che può essere pensato, dice Perkowitz, come una serie di bolle, forme schiumose dentro cui galleggiano pianeti, sistemi stellari, intere galassie. Partendo dalle onde del mare si può esplorare questo spazio, seguendo Perkowitz, per guardare in modo diverso molte delle forme che ci circondano.
Se poi si volesse approfondire il tema basta procurarsi un altro bel libro, Bolle, gocce, schiume. Fisica della vita quotidiana di F. Ronald Young (Cortina Editore), dove si spiega che “dove c’è vita c’è sapone”. La “scienza delle schiume” discende della teoria delle bolle, fondata alla fine dell’Ottocento da uno scienziato inglese, Charles V. Boys. Boys nel 1889 la espose in tre lezioni raccolte in Le bolle di sapone e le forze che le modellano. Vi descriveva una strana fisica che non aveva ancora trovato posto in quella tradizionale. Le schiume costituiscono una “materia molle”: non sono un liquido vero e proprio, ma non sono neppure compatte come un solido. La loro vita è senza dubbio effimera. Durano poco, per questo la scienza non le aveva prese in considerazione; eppure, le creste schiumose dei mari e degli oceani, dove ci immergiamo d’estate, coprono di bolle oltre 9,3 milioni di chilometri quadrati, una superficie identica a quella degli Stati Uniti. Quello che colpisce nelle schiume è senza dubbio la loro forma.
Nell’Ottocento un fisico belga, Joseph Antoine F. Plateau, ha cercato di descrivere la seducente geometria della schiuma composta di celle poliedriche, riuscendo a produrre con sapone, acqua e glicerina, bolle che duravano 18 ore. Le congetture di Plateau furono ottenute per via visiva, mentre per dimostrare per via matematica le proprietà rilevate si è dovuto attendere l’inizio del 2000, quando alcuni matematici americani hanno creato una nuova geometria non lineare. Negli ultimi decenni le immagini tornano a essere centrali nella scienza, dopo un secolo e mezzo di prevalenza dell’invisibile, del mondo composto di particelle. Oltre al bosone di Higgs, ipotizzato attraverso un modello matematico, c’è il grande universo delle forme visibili che osserviamo lungo la riva del mare, sul bordo di un torrente o guardando le nuvole del cielo.
In un libro fondamentale, Crescita e forma (Bollati Boringhieri), pubblicato nel 1917, il biologo inglese D’Arcy W. Thompson descriveva con parole e disegni il legame che esiste tra le cellule e le foglie, le conchiglie e i fiori, le ossa e gli alberi, mediante la decifrazione visiva delle forze che scolpiscono il mondo, sia nella sua parte dura e minerale sia in quella molle ed effimera. L’idea di D’Arcy Thompson, zoologo e studioso di lettere classiche, è che le medesime forze agiscono su tutti i sistemi, viventi e non. In uno dei passi del suo studio spiega le configurazioni degli organismi biologici partendo dalle bolle di sapone: le cellule sono modellate dalla tensione superficiale e assumono la forma che utilizza il minimo di energia. Il termine “cellula” è stato coniato nel Seicento dal fisico inglese Robert Hooke, che vedeva negli organismi minimi del mondo biologico tante piccole forme monacali: le celle. Per capire le cellule, la teoria delle bolle di sapone è essenziale: la riproduzione cellulare rispetta gli stessi principi fisici della schiuma.
La “scienza della schiuma” suggerisce un punto di vista sui fenomeni naturali e fisici, e permette di osservare con occhio differente i passaggi di stato della materia, ma anche di integrare tra loro litosfera, atmosfera e idrosfera. La crosta di roccia, lo scudo gassoso e i mari, che da soli coprono il 70% della superficie terrestre, non sono tre sistemi geofisici indipendenti, ma un solo sistema. I vulcani, gli oceani, l’aria e il vento producono di continuo masse schiumose di varia densità e forma.
In una vecchia storiella raccontata dai fisici, un antropologo interroga un vecchio saggio sulla cosmogonia della sua tribù. Il saggio spiega che il mondo poggia su un elefante, che a sua volta si appoggia a una tartaruga. “E dove poggia la tartaruga?”, chiede l’occidentale. “Su un’altra tartaruga”. “E sotto quella tartaruga, che cosa c’è?”, chiede l’antropologo. “Facile, amico mio”, dice il saggio, “da qui in giù, tutte tartarughe”. La risposta degli scienziati, seguendo Perkowitz, potrebbe essere: “Da qui in giù, tutte bolle”.
John Wheeler, collaboratore di Niels Bohr, fisico di genio, ha proposto, al riguardo, il concetto di “schiuma quantica”. In uno dei suoi lavori sulla gravitazione quantistica suggerisce l’idea di una schiuma quantica come substrato di tutta la realtà. Stephen Hawking parla di una “struttura a schiuma” dello spazio-tempo e di bolle gravitazionali. Tutto dipende da che distanza si guarda. All’altezza del nostro mondo lo spazio-tempo è una tavola piatta, proprio come un oceano visto da una navicella spaziale, mentre osservato da molto vicino è un mare in burrasca con onde alte decine di metri. Forse l’universo assomiglia alla Grande onda dipinta da Hokusai, la cui cresta ricasca su di noi – o sotto di noi – in lunghi tentacoli bianchi. Viviamo tra le schiume non solo tuffandoci nel mare.