Speciale
Fontanelle / Iseo
Ovunque nel paese c’erano fontane: nella zona delle carceri se ne trovavano addirittura tre e servivano tutta la piazza e il quartiere di via Duomo, un’altra era nascosta sotto la chiesa della Madonna della Neve e poi c’era quella di via Roma.
La fontana è sempre stata senza rubinetti, li hanno messi molto più tardi, c’erano solo due beccucci che facevano scendere l’acqua. La vasca esiste tutt’ora, mentre il cortile una volta era immenso, più grande di tutto lo stabile intorno. Nel palazzo c’erano tre scale che si lavavano con l’acqua della fontanella: quella dove abitava il sindaco che aveva due sorelle zitelle, e in quella scala si era più rispettosi, nella seconda invece la padrona di casa puliva e ridipingeva spesso le ringhiere perché ci viveva la madre di due sacerdoti, mentre la terza scala era la più trascurata.
Nella parte rivolta verso il paese, tutto il prato era ricoperto di orti, ogni famiglia ne aveva uno e lo coltivava con l’acqua della fontanella e inoltre ci tenevano anche animali da cortile: polli e conigli. Coltivavano gli orti anche nella scarpata che correva lungo i binari della ferrovia, l’acqua veniva raccolta con innaffiatoi e secchi e si faceva scivolare sulla discesa dove c’erano tante piante di zucca che coprivano il terreno con le loro foglie rampicanti.
La fontanella era usata soprattutto per il bucato: si vedevano tante donne intorno ai bordi a tutte le ore del giorno, sin dal primo mattino. Si lavava e si sciacquava non senza discussioni: c’era quella che strofinava prima i fazzoletti, e non era ben vista perché tutte sapevano che prima si lavava la biancheria più delicata, quella dei bambini, poi il bucato più pesante, asciugamani, lenzuola e di seguito gli indumenti più sporchi: pantaloni da lavoro, calze e solo per ultimo i fazzoletti.
Siccome la fontana era divisa a metà, nella prima si lavava e nella seconda vasca venivano sciacquati i panni, si provvedeva a pulire e poi si riempiva di nuovo e si lasciava il posto alle altre donne. Intorno alla fontanella si tiravano i fili della biancheria che veniva stesa nel prato: man mano che asciugava un bucato, se ne stendeva un’altro perché lo spazio del balcone era troppo piccolo e bisognava appendere i panni all’aperto.
La fontana non era solo per il bucato, alcune famiglie ci andavano anche per lavarsi. Si scendeva di mattina presto, specialmente le madri con i figli e il più famoso del quartiere, Rino B., che non ha mai voluto farsi un bagno in casa e ha continuato a lavarsi a quella fontanella fino a che è campato. Usciva in mutande armato di sapone e salvietta finché con l’andar del tempo è diventato una figura comica, che faceva divertire i bambini.
C’era tanto spazio per giocare, l’acqua della fontanella si poteva anche bere, era fresca e buona: si riempivano le bottiglie e si preparavano delle bibite.
Non si vedevano automobili ma tantissime biciclette, sia degli adulti che dei bambini, c’era solo l’auto di quello che si lavava nella fontana e faceva anche da taxi a tutto il paese.
I bordi della vasca diventavano piste per automobili da far invidia al circuito di Monza, mentre fra le pertiche che sorreggevano i fili della biancheria ci si lanciava in bici a tutta velocità, e nel momento in cui gli occhi erano semichiusi si riusciva a immaginare di scendere dalla discesa di Kitzbuhel, e il prato, anche se non era poi tanto verde, sembrava un campo da tennis, magari proprio quello di Wimbledon.
Quello che ho scritto è tutto vero, ma non è la mia fontanella.
Io ho sempre vissuto su un’isola e il lago per me era la sola grande fontana. Anche qui le donne vi sciacquavano i panni, ma non le ho mai viste.
Questa invece è la fontanella di un uomo che ho conosciuto, dei suoi ricordi d’infanzia e dei racconti che mi ha confidato intorno a quella vasca. Adesso vivo con lui.