Bob Noorda Design
Se c’è una cosa davvero italiana, è la grafica. Esiste un Italian Style, inequivocabilmente elegante, efficace, moderno. Come nella moda. Ma a ben guardare lo stile grafico italiano degli ultimi sessant’anni è una sintesi di stili diversi. Dopo l’epoca delle avanguardie storiche, del Futurismo, l’Italia ha ricevuto e rielaborato una serie d’influssi provenienti da tutta Europa e anche dall’America.
Da sinsitra: Bob Noorda Design, doppia Corporate identity per Agip, 1971-1982; Packaging per Olio Cuore, Chiara & Forti. Archivio Bob Noorda, Milano
Senza il Bauhaus tedesco e poi americano, la Scuola di Chicago, senza la grafica svizzera di Max Huber, l’attenzione ad altri luoghi del mondo di Albe Steiner, non ci sarebbe questo stile, che è sintesi originale. Non a caso uno dei più eccellenti grafici italiani della passata generazione è un olandese di nome Bob Noorda. Venuto a Milano nel 1954, attratto come altri della città in piena effervescenza, con aziende quali Olivetti, Pirelli, Eni, o le piccole fabbriche della rinascente filiera del mobile, Noorda ha dato forma ad alcune delle immagini dominanti del periodo che va dal 1960 al 1980. Sua l’immagine delle Metropolitana Milanese, il marchio della Mondadori, della Feltrinelli, il ridisegno del logo della Agip e dell’Eni; e suo anche il marchio della Regione Lombardia, tutte immagini e brand disegnati con altri, tra cui lo straordinario socio di Unimark, Massimo Vignelli, ma anche Pino Tovaglia e Roberto Sambonet. Bob Noorda, che se ne è andato cinque anni fa, aveva studiato all’istituto di design IvKNo di Amsterdam, dove era arrivato dopo il servizio militare in Indonesia sotto le insegne della Regina d’Olanda, al posto di una laurea in architettura. Eppure il senso architettonico gli è appartenuto profondamente: la grafica come architettura, ovvero come costruzione.
Bob Noorda Design, da sinistra: doppia Immagine coordinata Casa Editrice Feltrinelli (in collaborazione con Salvatore Giorgetti); doppia Marchio gruppo editoriale Mondadori. Archivio Bob Noorda, Milano
Esce ora Bob Noorda Design (24Ore Cultura 2015) con scritti di Giovanni Anceschi, Mario Piazza e Giovanni Baule, che presenta l’intero lavoro del grafico italo-olandese, dagli anni Cinquanta agli anni Duemila, libro che si affianca alla bella intervista di Francesco Dondina a Noorda stesso (Bob Noorda. Una vita nel segno della grafica, Edizioni San Raffaele 2009). L’elenco dei marchi e delle aziende per cui Noorda ha lavorato è lunghissimo, oltre cento, e tutte di primo piano, in settori merceologici assai differenti, dalla birra alla gomma, dall’olio alle macchine elettroniche, dalla benzina ai profumi. Ma quali sono state la prerogative di questo olandese che ha segnato di sé l’Italia?
Da sinsitra: Bob Noorda Design, doppia Metropolitana Milanese; Bob Noorda nella metropolitana milanese. Archivio Bob Noorda, Milano
Due i caratteri principali della sua opera grafica. Il primo, forse più importante, sottolineato da tutti i critici e studiosi, è stato l’introduzione della Corporate identity, l’immagine aziendale, già ben presente in America, ma ancora sconosciuta, o solo allo stato larvale, in Italia nel 1956: guardare non solo al singolo segno grafico, al marchio, bensì all’intero brand. Mario Piazza parla giustamente del “progetto come sistema e come business”. La prima modernità di Noorda è stata questa. Fondando Unimark, con sede italiana e americana, ha lavorato per le aziende multinazionali, da Olivetti a Ranx Xerox, da Unilever a IBM. Il suo strumento, allora una novità, è stato il “manuale di applicazione”, che contiene le istruzioni per realizzare un sistema modulare progettato valido nel tempo a seguire per il brand.
Questo non significa che Noorda ha sposato le tecniche del marketing in voga in America. Una sua frase nella intervista ci dice chi è stato Bob Noorda: «Mi sono sempre considerato un freelance anche quando ero art director della Pirelli, perché nella mia vita sono sempre stato un uomo libero». Anche applicando la Corporate identity si è attenuto comunque a modalità artigianali nel suo lavoro, preferendo, come racconta a Dondina, il rapporto diretto con i vertici delle aziende, che rivela un temperamento individualista proprio dei grandi grafici, seppur capaci di lavorare con altri, manifestano in modo evidente. Noorda ha fatto uscire la grafica italiana dal clima tra l’artistico e il mondano del dopoguerra, trasformandola in una vera professione. In questo ha avuto degli allievi: quasi tutti i suoi assistenti hanno poi dato vita a studi propri. Il secondo aspetto, che si coglie immediatamente in lavori come la metropolitana di Milano, quella di New York e di San Paolo del Brasile, ma anche nelle copertine della Feltrinelli e nel marchio, è l’uso della banda continua. Un elemento di standardizzazione, senza dubbio, ma svolto con gusto e sensibilità artigianale. In ogni progetto Noorda punta alla riconoscibilità del brand e alla leggibilità. Il suo capolavoro è la Metropolitana Milanese. Là dove gli ingegneri avevano realizzato un manufatto brutto, quasi inguardabile, Noorda è chiamato dagli architetti Albini ed Helg, che lo devono rivestire, a realizzare il sistema segnaletico e l’immagine della linea di treni sotterranei. La sua mente sistematica inventa una scrittura delle stazioni ben visibile da dentro le vetture; utilizza il motivo del corrimano di Albini e Helg per trasformarlo in una banda continua rossa, opaca e non lucida.
Sarà un progetto talmente riuscito che lo chiameranno con Vignelli a New York, a ridisegnare le mappe e le segnaletiche di quella complicatissima subway. Nella conversazione con Dondina Noorda ricorda, poco prima della sua scomparsa, come questo progetto milanese sia stato via via alterato da interventi grafici e comunicativi negli ultimi anni. Da umile qual era, si era anche proposto di ridisegnare il tutto, nella continuità, perché la comunicazione che funziona non si cambia. Un fatto economico e una lezione di moralità, non solo grafica.
Questo pezzo è apparso su "La Stampa"
Il libro: Bob Noorda, Bob Noorda Design, 24Ore Cultura 2015, pp. 384, € 35