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Diario russo 5. Tolstoj fuorilegge a Mosca
Le notizie che arrivano dalla Russia in questa settimana sono sconfortanti. Oltre all’adattamento, disgustoso quanto si vuole ma, ahimè, normale in condizioni come queste, la situazione all’interno del paese peggiora di giorno in giorno. Un peggioramento che non è solo economico, anzi, al momento le sanzioni si avvertono fino a un certo punto, perché il loro effetto viene alleviato dalla bilancia commerciale in attivo: d’altronde, non si riesce più a importare nulla, e l’esportazione di gas e petrolio continua a registrare ottimi incassi. Una parte di quell’ampia zona grigia, frastornata, disorientata tra shock e non accettazione della guerra, ora si è schierata. Mi è capitato di esser testimone di chi, durante i primi giorni di guerra, con la chiusura delle principali catene di abbigliamento e di consumo, mi chiedeva una mano per cercare lavoro qui in Italia, e ora pubblica i maldestri e velenosi “reportage” di alcuni interessati italiani, pronti a negare qualsiasi possibile realtà mostruosa del conflitto.
E forse questa reazione è indicativa di cosa hanno prodotto i due decenni del sistema di Putin in Russia, inoculando nella coscienza collettiva un siero composto di consumismo e sciovinismo, di glamour e una certa concezione di orgoglio ferito e avvelenato. In russo vi è una parola che descrive molto bene questo atteggiamento, gordynja, dove l’orgoglio è mescolato all’arroganza e all’egoismo, e sembra un vero e proprio ritratto non solo di certe persone, ma anche delle rappresentazioni del potere russo. Ad essa si aggiunge un’altra espressione, che provano tanti altri, l’ispanskij styd, letteralmente “vergogna spagnola”, simile al tedesco fremdscham. L’ispanskij styd nasce con la diffusione delle telenovelas latinoamericane nella Russia postsovietica, e una delle versioni accrediterebbe l’origine dell’espressione nella vergogna provata per le scene assurde e melense trasmesse sul piccolo schermo. Oggi gli adolescenti e i giovani utilizzano l’inglese cringe come sinonimo, e spesso capita di leggere, riguardo a quel che sta accadendo, la definizione di imperija krinža, l’impero del cringe.
È la consapevolezza che scaturisce da queste definizioni a muovere tanti. Saša Skočilenko, una ragazza pietroburghese di 31 anni, musicista e artista, in questo momento rischia una condanna a 10 anni per aver sostituito ai cartellini dei prezzi di un supermercato le notizie sui bombardamenti di Mariupol’. Un’azione lanciata dal Movimento femminista antimilitarista, molto attivo in azioni di piccola ma quotidiana e significativa resistenza. La Skočilenko è la prima arrestata, resterà in cella fino a giugno, e nel frattempo rischia parecchio, perché è affetta da una grave forma di celiachia. I cartellini con le cifre son già predisposti dalle femministe, e riportano vari numeri, dai morti ai danni economici, come “400 – l’esercito russo ha bombardato una scuola d’arti dove si riparavano circa 400 persone”, “1998 – l’inflazione settimanale ha raggiunto il suo punto massimo dal 1998. Fermate la guerra in Ucraina”.
La pratica si è estesa alle banconote, su un biglietto da 5000 rubli vi è la scritta “5000 abitanti di Mariupol’ sono stati uccisi dai soldati russi”, invece su quello da 1000 “con questi soldi paghi le tasse, e queste tasse vanno a finanziare l’omicidio dei civili ucraini. Per te va bene?”. Queste azioni hanno avuto una crescita in questi giorni, martedì scorso c’è stato il processo ai redattori di Doxa, giornale studentesco nato alla Higher School of Economics, prestigioso ateneo moscovita, poi estesosi ad altre realtà universitarie. Alla Glutnikova, Armen Aramyan, Vladimir Metelkin e Natalia Tyškevič sono stati condannati a due anni di lavori correzionali per aver “irretito i minorenni e coinvolti in manifestazioni non autorizzate”: Doxa aveva dato notizia degli eventi del gennaio 2021 seguiti all’arresto di Alexey Navalny. Attorno al tribunale Dorogomilovskij a Mosca tanti studenti si sono radunati per seguire la sentenza, e tanti di loro sono stati poi fermati e condotti nei commissariati della capitale. Eppure in Italia di Doxa se ne parla poco, lo fanno solo le studentesse e gli studenti di lingua e letteratura russa, come ad esempio il collettivo di traduzione Zeta3, e sarebbe importante far conoscere le vicende di chi si oppone, pagando un prezzo elevato, all’impero del cringe.
Mercoledì scorso sono stato invitato a tenere una lezione su Putin e il nazionalismo russo all’Università per stranieri di Siena, grazie a Giulia Marcucci, le cui traduzioni di letteratura russa contemporanea sono preziosissime, e a Tomaso Montanari. Mi ha colpito molto, prima di iniziare, il silenzio tramortito degli studenti, forse perché oggi noi che studiamo quella lingua e quella cultura ci sentiamo a disagio, nonostante non abbiamo colpe e la stragrande maggioranza sia sempre stata contro il disegno autoritario di Putin, e a maggior ragione ora. Per questo ho voluto dire, all’inizio, due parole su questo stato d’animo, e sulla responsabilità che abbiamo noi nel dover far conoscere le altre voci che sempre ci son state e sempre ci saranno nel mondo della cultura russa. Ed è assai curioso vedere come alcuni atti uniscano in un’alleanza alquanto singolare chi si dice totalmente nemico del Cremlino e i difensori della politica delle autorità russe: l’odio per il povero Lev Tolstoj è un esempio folgorante, a Mosca qualche giorno fa un uomo, Aleksandr Goldman, è stato portato via dal Giardino d’Alessandro, ai piedi del Cremlino, perché era fermo con una copia di Guerra e pace davanti alla lapide commemorativa di Kiev nel monumento al Milite ignoto della Seconda guerra mondiale; il 2 aprile un altro manifestante solitario è stato preso davanti alla Chiesa di Cristo Salvatore perché aveva un cartello con una citazione del gigante della letteratura russa, tratta da Patriottismo e governo. La citazione incriminata è la seguente: «Il patriottismo rappresenta il rifiuto della dignità umana, della ragione, della coscienza, e della sottomissione da schiavi a cui ci si sottopone a chi è al potere. Il patriottismo è schiavitù».
Secondo il verbale del commissariato del quartiere di Chamovniki, l’autore di Anna Karenina è ancora oggi un pericoloso sovversivo: «Lev Nikolaevič Tolstoj, secondo i fatti storici, rappresenta una figura storica che è praticamente il cosiddetto “specchio della rivoluzione”, ed è un fatto noto a tutti come nelle opere dell’autore si criticava ferocemente l’allora regime». Ho pensato a come il verbale facesse da eco a quanto detto in una trasmissione radio da un noto volto dei media, che ha attaccato il “fronte dei sensibili a Tolstoj” e la “letteratura tolstojana”, e mi son sentito immensamente triste, in un mondo di gendarmi della parola.
Intanto la guerra continua, con il suo corredo macabro di atrocità, con i rifugiati in cerca di un approdo sicuro, con le violenze indicibili di una disumanizzazione sempre più spinta e alimentata in rete. E la repressione inghiotte le esistenze di amici e colleghi, di chi mi scrive interessandosi a possibilità di studio e di lavoro qui in Italia: loro non hanno cambiato idea sulla vergogna dell’aggressione militare, ma rischiano ogni giorno di potersi vedere persi nel gorgo poliziesco. Mi son sempre detto che il mio mestiere è bello, perché permette di farsi tante domande, ma ora, oggi, vorrei avere solo risposte per queste amiche e per questi amici, e non ne ho.
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