Un progetto dedicato alla lettura / Coquelicot Mafille. Essere intreccio

20 Febbraio 2019

Incontro Coquelicot Mafille in una mattinata di inizio febbraio: fredda, tersa, con un cielo azzurro che fa pensare alla fine dell’inverno, alla rinascita, alla preparazione per qualcosa di nuovo e imprevisto. Milano sotto questa luce è bella come è bella in questi ultimi anni e il Walden Cafè si trova in una posizione privilegiata, in via Vetere, con affaccio sul Parco delle Basiliche.

Il Walden Cafè è un luogo accogliente e inondato di luce, un caffè letterario con una selezione di testi molto interessante e una cucina quasi esclusivamente vegana. Coquelicot mi aspetta al bancone mentre chiacchera amichevolmente con Delis, che si occupa del bar e insieme gestisce anche la programmazione culturale del locale. Qui dal 30 gennaio (fino al 28 febbraio) sono in mostra alcuni suoi lavori pensati e realizzati a partire dal 2016, e ora esposti per la prima volta. 

 

Il progetto, che si intitola Lectures, è dedicato alla lettura, o meglio all’atto di leggere in sé: disegni stampati su cartoncino rappresentano donne, uomini e bambini con un libro in mano, intenti a leggere o assorti nei propri pensieri; su questi è poi ricamata una scritta che indica i dati del libro, ovvero autore e titolo originale, casa editrice e anno della prima edizione. Ai ricami su cartoncino fanno da contrappunto quelli che Coquelicot chiama “ricami su muro” e “ricami su vetro”, ovvero interventi su una parete – e una porta – all’interno del locale e sulla vetrina, realizzati con il nastro adesivo. Quando chiedo all’artista il motivo di questa scelta, mi risponde limpidamente: “ho iniziato anni fa, volevo abitare le pareti con i miei interventi di street art in modo temporaneo”, rivelandomi, con una semplice frase, la delicatezza del suo modo di stare nel mondo.

 

Angolo Walden Café.


Delicatezza che non significa assenza di voce o ripiegamento, perché Coquelicot, nome che in francese vuol dire papavero, ha tantissime cose da dire e di mondi ne ha visti parecchi. Prima di tutto a livello identitario e linguistico, ma anche geografico e culturale: con madre franco-danese e padre italiano di Gallipoli, la sua infanzia si è svolta nel quartiere africano di Parigi all’altezza del XVIII arrondissement, quello della Basilique du Sacré-Cœur. All’epoca questa era una zona multiculturale e composita, in una mistione di case borghesissime e palazzine popolari abitate da arabi e africani. Tra i ricordi più vivi è il mercato – un intero isolato di botteghe – dove con la mamma stilista faceva incetta di tessuti, che colleziona tutt’oggi; e poi colori, suoni, musiche, lingue sconosciute, profumi e gusti inaspettati. Trasferitasi in Italia, studia poi a Pavia e si laurea in Scienze Politiche con indirizzo afroasiatico, approfondendo il suo interesse per le altre culture e incontrando libri che segneranno la sua prospettiva, tra cui, su tutti, Orientalismo di Edward Said. Coquelicot è perfettamente bilingue, uno sdoppiamento – o raddoppiamento – del linguaggio che rafforza in lei la consapevolezza di essere solo una piccola parte della molteplicità di culture e punti di vista che abitano il mondo. Così, appena maggiorenne, decide di viaggiare, spesso da sola, visitando Giappone, Eritrea, Malesia, Vietnam, India, Burkina Faso, Marocco, Israele…

 

 

PH Giovanni Candida.


Viaggi fisici, ma anche immaginari: la dimensione del viaggio è intesa da Coquelicot non tanto come spostamento, ma come immersione nell’alterità. Ciò è possibile anche attraverso la lettura e infatti lei stessa si definisce una “lettrice bulimica”, soprattutto di saggi, perché questi permettono la formazione di una prospettiva che prima di tutto è una presa di coscienza della realtà. 

Torniamo quindi al progetto per Walden: i titoli scelti e ricamati sui cartoncini riguardano letture significative per l’artista, riguardanti l’ambiente, l’ecologia, l’economia, la filosofia politica, il rapporto uomo-animale, le questioni di genere e il femminismo. Vediamo ad esempio che una ragazzina con il velo è concentrata nella lettura del già citato Orientalismo di Said (1978), mentre la pittrice rinascimentale italiana di nobile rango Sofonisba Anguissola (tratta da un suo autoritratto) legge L'usage du Monde di Nicolas Bouvier (1963); un giovane ragazzo (da una foto trovata, risalente al 1940, scattata a Londra durante i bombardamenti) è alle prese con Histoire de la Folie di Michel Foucault (1961), invece il figlio dell’artista Aliseo con la sua amica Olivia affrontano When God Was a Woman di Merlin Stone (1976). Non mancano i fondamentali L’ordine simbolico della madre di Luisa Muraro (1991), in mano ad un uomo che dà il biberon a un neonato, e Nonostante Platone di Adriana Cavarero (1990), assegnato a Marilyn Monroe. 

 

Nonostante Platone, Adriana Cavarero.


Se nei disegni sono rappresentati soggetti tratti dalla storia dell’arte e altri dalla cultura popolare e dalla vita quotidiana, le Lectures fondono la tradizione con la creazione di una nuova prospettiva. Così come i saggi scelti sono tutti ormai dei classici, il fatto di rappresentare il fruitore nell’atto di leggerli apre a orizzonti inediti: come si rifletteranno quelle letture nella sua vita? Si tratta di uno spostamento spazio-temporale, un’operazione di détournement: luoghi e tempi diversi si incontrano e reagiscono nel momento della lettura, sollevando interrogativi che solo la ricerca personale – in uno spazio e in un tempo diversi quindi da quelli dell’autore – può chiarire.

 

Masanobu Fukuoka.


Le scritte ricamate, in questi lavori, sono una componente fondamentale: il collegamento più immediato è quello con la tradizione della tessitura femminile (a questo proposito consiglio Marina Giordano, Trame d’artista. Il tessuto nell’arte contemporanea, Postmedia, Milano 2012) ma anche la passione per le stoffe ereditata dalla madre. Ma la connessione più importante che l’atto di tessere implica, mi precisa l’artista, è con la scrittura: “il ricamo nasce dalla scrittura”, mi ripete più volte. C’è tutto un lavoro sommerso che le sue opere implicano senza svelare: Coquelicot scrive, scrive sempre, poesie, reportage dei suoi innumerevoli viaggi, appunti sparsi nelle sue agende impilate sugli scaffali della sua casa-studio milanese. La scrittura e il ricamo richiedono entrambe, ancora una volta, tempo, la disponibilità a percorrere un viaggio mentale e ad affrontare una narrazione immaginifica e non del tutto prevedibile. Entrambe necessitano poi di sintesi: il segno in sé, della parola come del ricamo, è insufficiente; il reale, in altre parole, è accennato, implicato, ma non esaurito all’interno del segno. La scrittura quindi è un lavoro per sottrazione, così come il tratto dei suoi disegni e dei suoi ricami, riconoscibilissimi e sintetici nelle loro linee minime. 

 

Foucault, Histoire de la Folie.


Ecco perché i suoi interventi sul muro, o sulla vetrina, sono da considerarsi come “ricami su muro” o “ricami su vetro”: gli adesivi, con le loro interruzioni ed estrema sintesi, ripropongono il tratto del ricamo. Il segno come evocazione si apre alle infinite interpretazioni del suo lettore, in un gioco di intrecci che è alla base della struttura del linguaggio della scrittura così come di quella del ricamo.

Coquelicot d’altra parte mi parla di sé ribadendo con forza il suo essere intreccio, nodo indistricabile di culture, lingue, identità. “Se si cerca sempre più di separare, di definire, io sento di andare nella direzione diametralmente opposta”, mi dice. È dettata anche da questo motivo la decisione di abitare e lavorare nel cuore del quartiere di Paolo Sarpi, la chinatown milanese. Quando visito il suo studio, un appartamento accogliente dove la sua passione per i viaggi è narrata dai numerosi oggetti collezionati, mi mostra anche i suoi dipinti, protetti da tessuti africani. Nella pittura sviluppa un'altra componente fondamentale nella sua ricerca: la sovrapposizione. è riscontrabile lo stesso tratto minimale dei disegni (alcuni dei quali per altro sono stati recentemente pubblicati in “Segnature”, n. 15 / 2a edizione, gennaio 2019), ma qui soggetti, persone, paesaggi e luoghi diversi sono sovrapposti su più piani. Ne risulta una composizione, complicata anche dall’uso del colore, non subito riconoscibile, richiedendo quindi particolare attenzione da parte dello spettatore. 

 

Structures anthropologiques de l'imaginaire.


A ben vedere anche nei cartoncini delle Lectures i piani sono molteplici: stampa-disegno, ricamo-scrittura. Per non parlare della vetrina del Walden Cafè: osserviamo l’interno del locale – l’arredamento, le persone, i libri, le opere esposte, la vita che ospita – proprio attraverso la sua vetrina, sulla quale un personaggio, tratteggiato con il nastro adesivo, legge abbracciato al suo cane.

Coquelicot con la sua arte sembra dirci che non siamo altro che carte da lucido, disegni in controluce, pronti a inglobare dentro di noi altre realtà, altre prospettive, altre letture. Non per perderci ma, piuttosto, per (ri)trovarci.

 

Tutte le fotografie, eccetto quella indicata, sono di Luca Contino

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