1+1= G / Grazia Toderi e Gilberto Zorio a Vigone
A circa 30 km da Torino si trova Vigone, un piccolo comune di circa 5.000 abitanti, che, dal 2011 è promotore di “Panchine d’Artista”, un originale progetto culturale per la promozione dell’arte contemporanea. A cadenza annuale, il Comune di Vigone e l’Associazione Panchine d’Artista selezionano un artista per realizzare un’opera presso l’area verde dei Viali di Piazza Clemente Corte e per allestire una sua mostra personale nella Ex Chiesa del Gesù in Piazza Michele Baretta.
La panchina è il luogo principe di ritrovo cittadino, è il simbolo di una socialità quotidiana che oggi è quasi scomparsa. La panchina è soprattutto il luogo del possibile, dove tutto può accadere: un incontro inaspettato, un dialogo, una discussione, una riappacificazione, un momento di riflessione, di rivelazione, di condivisione. Ed è proprio il concetto di condivisione a caratterizzare l’edizione del 2021 di “Panchine d'Artista” dove, per la prima volta, sono due gli artisti ad essere stati invitati a partecipare: Grazia Toderi e Gilberto Zorio.
Sebbene le loro ricerche siano totalmente autonome e mai prima d’ora fossero state presentate insieme, per l’occasione i due artisti sono riusciti a delineare una sorta di unica grande opera ambientale, dove i lavori dell’uno diventano contenitori o contenuti in quelli dell’altra e viceversa, in un gioco di continui rimandi ed evocazioni.
Davanti alla Ex Chiesa del Gesù, Zorio delinea al suolo una stella in cemento rosso, lungo il cui profilo colloca cinque sedute costruite con una pietra molto comune in Piemonte, la pietra di Luserna. Le sedute corrispondono alle cinque punte della stella e accolgono, dentro incavi, punti di fosforo che, dopo aver assorbito la luce solare durante il giorno, di notte la sprigionano diventando fosforescenti. Visivamente simili alle stelle del cielo viste dalla Terra, sembrano rinviare alla volta celeste notturna e reale sovrastante.
Questi piccoli punti fosforescenti sulle panchine, così come la stella in cemento al di sotto, vengono sfiorati dalla “costellazione” proiettata da Grazia Toderi tra la facciata della Chiesa e il suolo. La proiezione, che da sempre caratterizza la ricerca dell’artista, corrisponde a stratificazioni di satellitari immagini notturne di continenti e di luci, tese a creare nuove geografie in continua trasformazione, luminose e rossastre come la tonalità dell’atmosfera illuminata artificialmente. O quella di un diverso pianeta. La forma ovoidale della proiezione rinvia al planisfero, nonché al concetto di orbita condiviso dalla Terra, dalle stelle e dai nostri occhi. È Calvino in Le città invisibili a postulare tale legame tra città terrestri, volta celeste e vita dell’uomo: “il calendario della città è regolato in modo che lavori e uffici e cerimonie si dispongono in una mappa che corrisponde al firmamento in quella data”.
Entrati nella Chiesa, la consueta visione centrale-prospettica della navata, dell’altare e dell’abside, ci è negata da una grande e alta struttura che ci induce a girarle attorno, alla ricerca di una possibile e inaspettata apparizione.
Si tratta della Torre Stella (2021) di Zorio, costruita con centinaia di blocchi bianchi di Gasbeton. L’artista realizzò la prima Torre Stella nel 1976 a Brescia, in mattoni e cemento bianco. Da allora ha continuato a costruire strutture simili a torri dalla pianta a forma di stella. Le Torri Stella costituiscono un omaggio alla dimensione antropologica dell’architettura, alla capacità dell’essere umano di applicare l’intelligenza nel lavoro manuale lasciando tracce durevoli. La forma stellare, ricorrente anche in numerose altre opere di Zorio, è definita dall’artista “l’immagine più diffusa del globo”: conscio di non poterla raggiungere, l’uomo l’ha condotta sulla Terra attribuendole molteplici significati e una forma antropomorfa (l’uomo vitruviano è infatti iscrivibile in una stella).
A Vigone, la Torre Stella altera l’ortogonalità dello spazio, ne modifica la normale fruizione, guida il percorso di visita. Come tutte le altre Torri Stella è bipolare nella sua estetica e nella sua funzione: appare a metà tra forma chiusa e forma aperta, tra simbolo di una civiltà estinta e simbolo di una civiltà in divenire, tra decostruzione e costruzione, tra penetrabile rifugio e impenetrabile fortificazione, tra stasi e movimento. Le punte della Torre Stella nella Chiesa, inoltre, producono aperture, passaggi e spiragli, mentre uno dei suoi bracci si prolunga a tagliare in due aree la navata centrale.
Se è vero, come scrisse Germano Celant, che la Torre Stella corrisponde per Zorio all’“habitat del suo fare”, a Vigone l’habitat del fare di Zorio si apre per accogliere il “fare” di Toderi. A Vigone, infatti, lungo un lato della parete corrispondente alla punta allungata della Torre Stella, Toderi proietta, in modo obliquo e radente We Mark (2020-2021), una sua opera di luce che illumina e penetra in quella costruzione.
Una terza proiezione, ovale e dallo stesso titolo, è invece collocata nell’abside, ma decentrata rispetto ad essa. Il mirino rosso della proiezione sembra quasi alla ricerca del centro di quello spazio ed evoca al contempo una croce, reinviando alla funzione originaria del luogo in cui si trova.
Più misterioso e nascosto è invece il lavoro che dà il titolo alla mostra, G (2021) allestito in Sacrestia. Su una stella nera realizzata da Zorio in terracotta, colla vinilica e alluminio, Toderi proietta un fascio di luce rotante che fa danzare la lettera “G”. Se la stella in terracotta di Zorio, incontrando la proiezione, sembra subire un processo alchemico per cui la terracotta diventa simile al metallo, la G della proiezione di Toderi, incontrando la stella di Zorio, diviene argentea e circondata da un alone roseo.
Giunti al termine del percorso espositivo, è evidente che la condivisione dell’iniziale dei propri nomi da parte dei due artisti, è metafora di una ben più profonda condivisione. Entrambi, infatti, sembrano condividere alcuni rilevanti concetti che però conducono a sviluppo in modi differenti. Innanzitutto il comune riferimento all’energia che produce movimento: l’energia luminosa delle proiezioni, spesso, rotanti di Toderi, e l’energia delle trasformazioni chimico-materiche di Zorio. Altro riferimento in comune è la stella come forma geometrico-simbolica nelle opere di Zorio e come metafora possibile in quelle di Toderi, nelle quali i puntini luminosi potrebbero rappresentare non solo una città vista dall’alto di notte o un planisfero terrestre, ma anche una cartografia del cosmo, con tutte le sue stelle e costellazioni.
Entrambi, inoltre, cercano un superamento della linearità del tempo e dello spazio, così come la degerarchizzazione delle tradizionali concezioni di vicino/lontano, centro/periferia, terra/cielo.
Alla base di tali tangenze, c’è forse un concetto chiave, che accomuna entrambi; ossia quello del viaggio. Le opere di Zorio sottendono un viaggio nei materiali e negli archetipi della memoria (tra cui, le stelle), mentre le opere di Toderi rinviano a un viaggio nella dimensione infinita del cosmo, privo di gravità. Per questa ragione, la mostra a Vigone corrisponde a un viaggio nel tempo e nello spazio che ci induce a riscoprire la memoria individuale e collettiva, generando un’osmosi tra il tempo dell’artista e il senza tempo della Storia.
La mostra è curata da Andrea Viliani, si tiene dal 15 ottobre 2021 al 16 gennaio 2022, è organizzata dall’Associazione Panchine d’Artista e dalla Città di Vigone, con il sostegno della Regione Piemonte e il contributo di Fondazione CRT, ed è accompagnata da un catalogo bilingue (italiano/inglese), con un saggio di Andrea Viliani.
Crediti fotografici
Grazia Toderi Gilberto Zorio
G, 2021
Ex Chiesa del Gesù, Vigone (TO)
veduta della mostra
Courtesy gli artisti
Foto Antonio Maniscalco