I Quaderni ucraini. Intervista a Igort
Con quale spirito si è avvicinato all'Ucraina, con quali idee generali la vedeva, e quale è stato l'impatto con la nuova realtà capitalista postsovietica?
Io sono un raccontatore, mi sono avvicinato all’Ucraina perché volevo fare un libro sulle case di Cechov, che ha abitato a lungo tra Ucraina e Russia. Poi vedendo la realtà di quei luoghi mi sono reso conto che qualcosa di terribile era ancora in atto, una sofferenza sorda che soffocava quelle anime. Ho deciso di stabilirmi lì, di vivere come loro, per capire cosa li affliggeva. Sono rimasto per quasi due anni, viaggiando in lungo e in largo per l’Ucraina, la Russia e la Siberia. Calandomi, poco alla volta, in quell’universo strambo e quasi incomprensibile che è stata l’Unione Sovietica. Quando sono entrato credevo di essere un comunista, quando sono uscito mi sono reso conto che Kafka era un realista, qualcuno che conosceva bene quello spirito, quelle pratiche.
Come pensa che sia stata modificata l'umanità delle persone dallo shock seguito alla dissoluzione dell’impero sovietico?
La mia impressione è stata quella di una grave perdita. Intendiamoci, il modello sovietico aveva portato morte e terrore, ma anche dei ruoli prefissati che davano a quelle persone una sicurezza sociale, degli spazi da occupare, dei lavori da svolgere.
Il crollo di quel modello mi pare ch abbia portato un grande stordimento, una incapacità di capire, cui è seguito un forte senso di depressione. I giovani, d’altronde, che non hanno conosciuto quell’impero, si sono lasciati invadere da un’idea di puro edonismo e consumismo. Categorie che nella mentalità orientale hanno deflagrato forse senza troppi limiti.
Nel libro si narrano storie comuni, di persone normali, eppure si tratta di storie terribili, durissime; a gesti di umanità si alternano comportamenti di totale disumanità: pensa che ancora oggi permanga una certa durezza nei rapporti umani?
Basta andarci per vedere. C’è una grande miseria. Moltissima dignità. Un rito della solidarietà che si incrina di tanto in tanto. È un popolo molto operoso, abituato a sofferenze indicibili. Sopravvissuto a diverse carestie, alcune delle quali volute per punirli da Stalin, che li ha richiusi e ha requisito il grano e il cibo. Morirono in soli 2 anni, tra il 1932 e il 1933, da 6 a 10 milioni di ucraini. Un vero genocidio. Mascherato da lotta di classe, com’è noto.
Nella nuova edizione del libro lei affronta con grande lucidità la nuova tragedia che affligge l'Ucraina, ovvero la guerra portata dalla Russia per ristabilire la propria influenza, fatta passare per sollevazione armata nell’est del paese: ci dica le sue sensazioni su questo drammatico conflitto.
Io registro le storie, riporto i racconti, cerco di dare voce a chi non ha solitamente diritto alla parola. A me interessa la Storia, attraverso le storie piccole, della gente della strada, non degli eroi. Per questo il mio lavoro è diverso da quello dei giornalisti, io non cerco la storia esemplare, lo scoop. A me interessano gli aspetti umani, le cose minuscole. Vedo che si parla sempre meno di questa guerra, che, lo so perché ho amici là e li sento tutti i giorni, continua a essere terribile, inumana, ingiusta.
È una guerra che affligge anche i poveri militari russi che si trovano nelle cosiddette “esercitazioni” oltre confine, in territorio ucraino, e che ci lasciano spesso la pelle. Le madri sono in rivolta. Il governo finge di non sentire. L’Ucraina è completamente alla mercé di un’armata sostenuta dalla potenza russa. La cosa che mi stupisce è che, conoscendo un pochino la situazione da vicino, mi rendo conto di quanto la stampa taccia e nasconda le cose. È atroce e indegno di un continente che si dice evoluto, come l’Europa, che rimane sotto schiaffo della Russia per questioni puramente energetiche.
Secondo lei, come mai parte della sinistra italiana è disposta a credere alla propaganda russa e non comprende la reale situazione: per semplice antiamericanismo, per l'efficacia e la pervasività della propaganda, perché esiste ancora l'illusione che la cleptocrazia russa sia l'erede dell'Unione Sovietica, o per semplice mancanza di informazione?
Ripeto, io non sono un sovietologo, per questioni letterarie mi sono occupato da vicino di questo continente dello spirito. E di quello che ne resta. Credo comunque che ci sia da una parte molta propaganda, persone che scrivono non so quanto in buona fede. Ricopiano le veline del Cremlino. Poi altri, abbastanza disinformati, o vittime delle svariate teorie del complotto, perché oggi abbiamo anche questo. E in generale molta indifferenza e assuefazione.
La ballata di Evgeny Myazin, narra di un soldato russo che non voleva partecipare alla guerra in Ucraina. È stato ucciso e la sua morte è stata fatta passare per incidente: un'altra storia emblematica di un potere che non si ferma di fronte a nulla pur di perseguire i propri obiettivi. Lei pensa che l'Ucraina riuscirà a salvaguardare la propria indipendenza o dovrà di nuovo chinare il capo di fronte alla preponderanza militare ed economica russa?
Non so, per ora le cose si stanno mettendo in quel modo. La Russia ha problemi seri per le sanzioni, ma ha in mano il grosso della fornitura energetica di molti paesi europei, compreso il nostro. La stessa Germania è impotente, perché il 24% del gas lo prende dalla Repubblica russa, come si può immaginare un intervento di fondo? Per ora, lo vediamo chiaramente, si parla di scaramucce diplomatiche. La situazione intanto esplode, ci sono armate paramilitari che fiancheggiano entrambi gli eserciti e che si macchiano di gravi atrocità. È una guerra di invasione, una guerra postmoderna, non dichiarata, la combattono carri e blindati russi senza bandiere, soldati senza mostrine e i media che falsificano continuamente gli avvenimenti. La propaganda sovietica è arrivata sino a noi con il suo bagaglio anacronistico di disinformacija. Noi abbiamo internet, i satelliti, i social network, eppure in molti ci cascano, è come il classico granello di sabbia che inceppa l’ingranaggio più sofisticato.
Se una cosa questa guerra ci insegna, credo che sia la necessità di risvegliare il nostro senso critico e di combattere pigrizia e indifferenza. Può una guerra renderci migliori? Più sensibili a chi soffre? Sarebbe già una grande cosa.
Il libro: Igort, I Quaderni ucraini (nuova edizione), Cononino Press, 18,50 €