Andrei Kurkov. Diari Ucraini
Diari ucraini di Andrei Kurkov è un libro importante. La sua narrazione, in forma di diario, degli eventi quotidiani che hanno accompagnato la "rivoluzione del Maidan", la caduta del regime di Yanukovich, l'occupazione russa della Crimea e la guerra segreta condotta dalla Russia nel Donbass, aiuta chi non ha assistito da vicino a quegli eventi a comprenderne la natura, e mostra come abbia potuto viverli un cittadino ucraino nato in Russia, russofono da sempre, abitante a Kiev e portato ad osservare senza pregiudizi la vita del proprio paese.
La forma diaristica è efficace per far comprendere l'evoluzione degli avvenimenti, il quotidiano sovrapporsi di eventi minimali che impercettibilmente realizzano cambiamenti storici, incontrollabili e a volte imprevedibili da chi li osserva. Si assiste a una rivoluzione nata per caso e sfociata poi in un drammatico cambio di potere, in lunghe giornate di lotta e di morte, nella caduta di un regime ottuso e corrotto che ha scatenato però la vendetta immediata di chi dall'estero lo sosteneva; innanzitutto, con l'occupazione manu militari della Crimea, da anni perseguita, e realizzata con fulminea efficacia già a partire dal 20 febbraio, giorno della carneficina sul Maidan, dunque ben prima della caduta del regime, come rivelato all'autore da un'onorificenza creata ad hoc per i soldati occupanti la penisola; successivamente, con la promozione e il sostegno di un'iniziativa separatista nel Donbass, per mostrare all'occidente, ritenuto sobillatore della rivoluzione, che si poteva creare un'azione uguale e contraria per destabilizzare e potenzialmente smembrare il Paese.
Kurkov è un uomo lucido, uno scrittore cosmopolita, e non ha rischiato per un istante, pur essendo nato in Russia ed essendo russofono da sempre, di farsi lontanamente irretire dalla martellante propaganda che ha inteso convincere i russi e gli abitanti della Crimea e del Donbass (grazie anche all'oscuramento dei canali ucraini) del fatto che a Kiev fosse in atto un golpe fascista, condotto da sanguinari ucraini dell'Ovest intenzionati ad intaccare i diritti di chiunque prediligesse la lingua russa, e in particolare degli ucraini dell'Est. Gli abitanti di Kiev, che per lo più parlano il russo, hanno sin dall'inizio solidarizzato con la protesta, esasperati, come chiunque fosse minimamente informato, dalla protervia e corruzione del regime, che stava soffocando l'economia del Paese con la pura e semplice razzia di ogni attività economica.
Kurkov, che abita a poche centinaia di metri dal Maidam, quasi quotidianamente si recava sui luoghi della protesta, e partecipava preoccupato all'evolversi cruento della situazione, tra le subdole violenze dei titushki, colaborazionisti della repressione, le manifestazioni spontanee dell'Automaidan e di chi sosteneva la rivolta, in un'atmosfera caotica e sospesa, in cui ogni protagonista non aveva ben chiara la direzione degli eventi. Essere a Kiev in quei giorni difficili, ma anche di esaltazione per chi cercava di abbattere il regime bloccando il cuore della città e i palazzi del potere, infondeva davvero una tensione costante, diluita nell'incertezza e a volte nell'incredulità di fronte agli sviluppi della lotta. L'autore perde il sonno, si alza la notte per seguire la situazione, cerca di mantenere in famiglia un'atmosfera tranquilla, pur soffrendo per la totale mancanza di certezze, e per i cupi presagi che in molti avvertono da Mosca.
In un crescendo di violenze e di timori, giungono i giorni di febbraio, con lo scontro finale tra il regime e i dimostranti, sino all'insensato criminale tirare dei cecchini sulla folla, che causerà più di cento morti in due soli giorni. Poi, la repentina e inattesa fuga del Presidente, che abbandona il Paese nelle mani del Parlamento e dell'opposizione, in un'atmosfera di smarrimento, con la gioia per la vittoria macchiata dalla tragedia e dal sangue, e subito dopo spazzata via dall'occupazione della Crimea e dalla rivolta nel Donbass.
Kurkov afferma di essersi sentito invecchiare di anni, nei brevi mesi della rivolta: per lui l'Ucraina indipendente da ventitré anni non sarà più la stessa, e ancora non sa che direzione prenderà il futuro; il libro si chiude con una malinconica osservazione, su come l'Europa, per timore di perdere i lauti affari con la Russia, stia già in sostanza abbandonando l'Ucraina al suo destino. Una certezza non abbandona l'autore: riguarda il fatto che non esistano due ucraine o due parti della nazione in conflitto, ma solo una distanza fra una parte della popolazione cosciente e informata, e strati passivi abituati ad obbedire e a credere alla televisione, con una mentalità sovietica assuefatta all'arbitrio perenne del potere.
Fra questi strati raccolgono ancora consenso i rappresentanti del vecchio regime, e i manipolatori che attraverso l'ossessiva propaganda dei canali russi dipingono scenari cruenti e irreali. Kurkov resta convinto che nessuna sollevazione armata sarebbe stata possibile e realizzabile nel Donbass senza il fattivo intervento di Mosca, e sa che tuttora l'Ucraina è soggetta alla minaccia di un'invasione, come già mi confessava preoccupato a marzo, nei giorni del Salon du Livre a Parigi, quando già la Russia si era presa la Crimea.
Chissà che questo libro possa contribuire, con il suo racconto pacato e quotidiano, a far comprendere la rivolta ucraina anche in Italia, dove interessi economici e ingiustificate nostalgie rendono spesso conveniente credere all'opposta propaganda. Meritorio e tempestivo l'impegno dell'Editore Keller, da sempre e con passione attento alle vicende dell'Europa orientale; i Diari ucraini inaugurano l'arrivo di Kurkov nel catalogo della Casa editrice, che si arricchirà presto di altri romanzi dell'autore, conosciuto e stimato in molti paesi ben più che in Italia.