La cultura è un territorio mentale
È davvero difficile, in questi giorni, col maestrale che solleva le fiamme, provare a scrivere di una Sardegna diversa. Il fuoco divora interi territori come in passato ha divorato eretici e libri, e l’obiettivo è lo stesso: renderci più poveri, più vulnerabili, più ignoranti. Ma c’è qualcosa che la cultura può fare, e che la Sardegna sa fare molto bene: raccontare. Per non perdere la memoria di ciò che siamo, per essere fenice che rinasce dalle ceneri. Ed è quello che faremo ora.
Siamo un villaggio di pescatori nel golfo di Oristano che ospita un fine settimana di incontri, teatro e musica. Siamo una pineta sotto le cui fronde persone di tutte le età ascoltano e dibattono, ridono e fanno domande (e a volte si incazzano). Siamo muggini che saltano fuori dall’acqua per ascoltare Diego De Silva che parla d’amore e canta De Andrè. Siamo la bibliotecaria del paese che si fa pescatrice di lettori, mietendo tessere della biblioteca tra un incontro e l’altro. Siamo uno spicchio di luna che assiste al reading-concerto di Giacomo Casti e Matteo Sau in una piazza gremita di gente, e ascolta il racconto di una Sardegna amata e odiata, lontana e vicina. Siamo il dubbio che Internet non sia la soluzione di ogni problema, ma anche una bella opportunità. Siamo Marcello Fois e Omar Onnis che parlano di luoghi comuni, miti e bugie sulla Sardegna, e di un’isola che non è solo spiagge, di profumi che avvolgono e inverni che sferzano. Siamo Michela Murgia che spiega a De Silva cosa sta facendo la barca che pochi metri più in là gira in tondo, e dice che anche noi siamo lì a straullai su pisci, a smuovere le acque. Siamo il tramonto a pelo d’acqua che accompagna i quadri di Marco Pili fatti di terra, fango e pietre, e le foto dall’alto di Francesco Cubeddu che ritraggono una Sardegna così insolita e speciale. Siamo un teatro colmo di bustoni di immondezza che racconta ai bambini il ciclo di vita dei rifiuti e un pianeta più gentile con sé stesso. Siamo abitanti che si interrogano sulla loro terra e la loro storia più lontana, su ciò che è stato e ciò che potrebbe essere.
Siamo il paese delle castagne e delle nocciole, e le terme del I secolo dopo Cristo, che ospitano Veronica Raimo a piede Lìberos. Siamo Simonetta Agnello Hornby che racconta di un’isola che non è la Sardegna, e siamo Efraim Medina Reyes, per il quale l’isola è quella in cui ognuno costringe la propria vita.
Siamo ogni scrittore che racconta e ascolta, ogni paese che si apre al confronto attraverso i libri. Siamo racconto e memoria, un territorio che nessun fuoco può bruciare. In una parola, siamo cultura.