Le donne determinate di Angèle Etoundi Essamba
Qualsiasi approccio a un dispositivo testuale dovrebbe pretendere un atto di onestà intellettuale. Nel caso però dell’opera di Angèle Etoundi Essamba, sono le stesse immagini a esigere dallo spettatore una presa di consapevolezza rispetto alle storie, alle idee e alle suggestioni offerte dalle fotografie dell'artista nata in Camerun e cresciuta in Francia.
"Determined Women" in mostra al Museo di Roma in Trastevere fino al 6 ottobre, è la prima retrospettiva italiana della fotografa il cui lavoro agisce principalmente sul discorso della rappresentazione dell'identità femminile nera. Il suo intento è muoversi secondo una traiettoria di rottura con l'immaginario culturale collettivo – implicitamente bianco – che vede il corpo nero portatore di storie e narrazioni perlopiù infelici, misere e sottomesse. Le immagini di Essamba sono al contrario forti, decise, e non in senso esclusivamente metaforico: le sue scelte stilistiche comunicano all’occhio molto più rapidamente di qualsiasi manifesto d’intenti.
Nella mostra sono presenti diversi lavori: alcuni in bianco e nero, altri esplicitamente colorati. Il primo dettaglio che emerge, potentissimo, è la nettezza cromatica presente nelle fotografie. Sia il b/n che il colore sono presenti in toni saturati, con ampio contrasto. Vengono meno le sfumature, i toni pastello; è un’immagine che vuole essere vista, esige di essere presa sul serio. Tutto ciò che sta entro l’inquadratura viene espresso attraverso stilemi formali talmente vigorosi da lasciar fuori tutte quelle sovrastrutture culturali che inconsciamente si muovono sul fondo della coscienza di chi guarda. Dal confronto fra ciò che sta dentro l’opera e ciò che sta dentro la testa dello spettatore – perlopiù bianco, come la stessa autrice di questo articolo – prende il via un'azione di conoscenza nuova, più libera e consapevole.
Nella serie dei Neri (Noirs) e dei Contrasti (Contrasts) il corpo nero diviene esplicita materia fotografica: il bianco e nero dell’immagine è la figura stessa vista talmente da vicino, con tale vigore di volumi e tonalità, da essere contemporaneamente soggetto e oggetto assoluti. La concretezza formale si traduce in una sorta di verità irriducibile al cui confronto gli stereotipi culturali cui si oppone si rivelano banali e angusti. Quest’atto di frattura è particolarmente significativo quando gioca esplicitamente con il potenziale repertorio ideologico dello spettatore. In Renaissance le modelle nere indossano colletti sofisticati che richiamano la storica eleganza bianca dell’Età dell’Oro olandese del XVII secolo, ricreando ex novo un’immagine inedita di un’ideale nobiltà sinonimo di potere, autonomia e abbondanza. Del medesimo umore è la serie Svelamenti (Unveilings) dove l’oggetto del velo religioso viene riscritto come simbolo colorato e liberatorio: accessorio che aggiunge invece che togliere. Sono queste forse le immagini più coraggiose della retrospettiva, poiché vanno a toccare un nodo inconscio così delicato e problematico che, quale che sia il giudizio finale, non può che originarsi da un primo capovolgimento plateale del pensiero.
Sono fotografie, dunque, quelle di Essamba, che invitano a porsi delle domande. La forza dei corpi, delle pose, delle gradazioni, tutto fa pensare a un desiderio estremo di parlare, comunicare a voce alta, indicare plurimi percorsi mentali alternativi; ciò che è culturalmente lasciato ai margini dalla nostra struttura sociale diviene invece centro, soggetto attivo e oggetto di attenzione.
Viene in mente il bel saggio memoir di Nadeesha Uyangoda edito per 66thand2nd, dal titolo La prima persona nera nella stanza, evocativo di per sé dell’esigenza di un riposizionamento di soggetti nel discorso collettivo:
“L’Unica Persona Nera nella Stanza, in Italia, è destinata a rappresentare tutto ciò che è minoranza. E non serve a nulla che ti affanni a spiegare che un Nero Italiano di origini africane è diverso da uno di origini indiane o sudamericane o cinesi (...) Un Non Bianco in un gruppo di caucasici è semplicemente un Nero”
I corpi neri fotografati da Angèle Etoundi Essamba riscrivono la grammatica dei ruoli, relativizzano la parzialità arbitrariamente assunta a universalità. Senza dover chiedere il permesso, cessano di essere Loro e assumono il potere di nominarsi Noi.
In copertina, ©Angèle Etoundi Essamba.