L’utopia concreta di Lecce

8 Agosto 2014

Continua la collaborazione con Il Giornale delle Fondazioni - Giornale dell'Arte. Pubblichiamo oggi un approfondimento su Lecce, città italiana candidata a Capitale Europea della Cultura 2019 con un'intervista a Airan Berg, coordinatore artistico di Lecce 2019 - Città candidata Capitale europea della cultura

 

 

 

Di quale struttura organizzativa intende dotarsi Lecce per la governance della candidatura e del proprio programma?


Posso affermare che la prima necessità è stata quella di trovare buoni modelli di governance, affinché il progetto goda di una sua indipendenza e la struttura decisionale non venga influenzata dalla politica. Pertanto nel momento in cui dovessimo ricevere il titolo di Capitale Europea della Cultura, sia il direttore artistico che il direttore di candidatura saranno nominati attraverso una call internazionale e il team decisionale lavorerà secondo un principio di competenze e non di gerarchie, cosa che avviene già oggi.

 

Una sfida concreta per favorire lo sviluppo locale sarà definire ulteriormente e implementare ampi strumenti di governance basati su una profonda conoscenza del territorio, il cui patrimonio principale è il settore culturale in senso lato. Tali strumenti avranno come fulcro la condivisione e la diffusione della conoscenza nonché la trasparenza, anche e soprattutto sulle questioni economiche.


Pubblico e privato, locale e internazionale. Quale è la vostra strategia di sostenibilità per garantire al programma mezzi finanziari certi e adeguati?


E'  ormai una sorta di parola magica, che prima non si sentiva nominare da nessuno. Naturalmente non c’è sostenibilità senza volontà politica, quindi ciò che pensiamo adesso è sempre in vista del 2019: ciò significa prevedere infrastrutture che abbiano un impatto sostenibile, ma anche altri aspetti immateriali come il fare rete, creare collaborazioni, ecc.
L’eredità che rimarrà sul territorio la si vedrà anche in questi aspetti immateriali della città ed è quanto più difficile da immaginare ci sia: stiamo lavorando sul sistema scolastico, la professionalizzazione, l’internazionalizzazione e su iniziative di ampio respiro sul territorio, come «Fucina Futuro».

 

Si tratta di un’associazione e un’iniziativa a lungo termine, i cui soci fondatori sono privati, imprenditori e professionisti, disposti a condividere la responsabilità e a svolgere un ruolo attivo in un processo che riguarda la collettività. L’associazione sta già sensibilizzando e mobilitando la comunità imprenditoriale e la società civile sul progetto Capitale Europea della Cultura, non solo su Lecce e Brindisi ma anche su tutta la Puglia.

 

L’idea è quella di contribuire allo sviluppo e alla sostenibilità del progetto sulla base degli obiettivi e delle strategie di Lecce2019. In questo modo supporterà la candidatura, ma lavorerà anche oltre la stessa e il 2019. Si parte, comunque, dalla convinzione che la sostenibilità inizia ora e non nel 2019: il progetto è focalizzato su un anno, ma bisogna soprattutto mettere al centro il processo che può continuare anche oltre questa data con differenti forme di energie in ballo.

 



Il coinvolgimento dei cittadini è insieme alla «dimensione europea» il criterio principale su
cui viene giudicato il progetto di candidatura e un fattore strategico su cui si gioca il successo del programma, anche in termini di effetti nel lungo periodo. Cosa propone Lecce?


La cittadinanza è coinvolta attraverso differenti modalità, step e piattaforme: ci sono le cosiddette «Curiosity Zone», che si svolgono in spazi pubblici e nelle scuole; i LUAC, Laboratori Urbani Aperti Creativi, anche nella versione QAC, quartieri aperti creativi; e gli spazi virtuali, i social media, ma anche Idea Per Lecce. Modalità differenti che servono ad informare, coinvolgere e far interagire i cittadini con il progetto: questo lavoro di partecipazione è il pilastro su cui poggia la candidatura e non si fermerà con la presentazione finale del dossier. A ciò si aggiunge il collegamento con progetti già in atto come ad esempio, quello di Smart City. Non basta essere una città «conosciuta» a livello europeo. Le Capitali Europee della Cultura devono mostrare le diversità culturali, avvicinare i cittadini e aprire nuove opportunità di collaborazione a livello internazionale.

 

Come viene sviluppata la dimensione europea all’interno del programma? Quali i possibili rapporti con la ECoC della Bulgaria?


La dimensione europea è da intendersi su due livelli: il primo riguarda il territorio; il secondo gli scambi che si possono mettere in atto con gli altri Paesi. Questo è un progetto europeo, che non riguarda solo l’Italia: in questo processo siamo partiti dal guardarci dentro per capire chi siamo per poi guardare al di fuori di noi, dei nostri confini. Faccio un esempio: quando interagiamo con la cittadinanza, cerchiamo focus precisi.

 

Chiediamo: siamo una città del Sud, ma come possiamo rendere ancora più forte ciò che ci lega al sud dell’Europa? In fondo tutti i Paesi, in questo particolare momento storico, soffrono problemi simili ai nostri, dalla disoccupazione, alla mancanza di infrastrutture, etc. Ovviamente siamo aperti anche a collegamenti con il centro e nord Europa e, per vicinanza geografica, riteniamo un’ottima opportunità poterci collegare con i paesi che si affacciano sull’Adriatico, con la Nuova Europa. Siamo aperti a tutti i tipi di scambi, culturali, sociali, economici: ci siamo confrontati con tutte le città candidate bulgare ed abbiamo cercato di identificare progetti che siano cruciali per il nostro territorio e unici, da sviluppare con ognuna di esse.

 



Quali sono i temi e i principali orientamenti del progetto culturale?


Partendo dal presupposto che la candidatura a Capitale Europea della Cultura non può risolvere tutti i problemi di un territorio, è stato importante intraprendere un’azione di cambiamento puntando ad una meta, EUTOPIA. Ovviamente il progetto deve essere il più concreto possibile e porta avanti cambiamenti reali, dando credito alle persone coinvolte nel processo di candidatura.


Per raggiungere gli obiettivi abbiamo definito otto utopie: DEMOCRAtopia, POLIStopia, EDUtopia, TALENTopia, PROFItopia, ECOtopia, ESPERIENtopia e ARTopia. L’utopia principale per il 2019 e oltre è DEMOCRAtopia. Sarà fondamentale nella creazione di un clima di fiducia, consapevolezza, spirito collaborativo e responsabilità. DEMOCRAtopia sarà lo strumento attraverso cui si individueranno i temi e si rifletterà sulle priorità della Capitale della cultura. Coinvolgerà anche le pubbliche amministrazioni, trasformandole in amministrazioni creative, capaci di lavorare in modo inter-dipartimentale, di andare oltre i settori e cooperare con la società civile, rappresentando un elemento cruciale in questa Utopia.


POLIStopia, invece, è un modello urbano e sociale incentrato sull'inclusione e l'accessibilità, secondo cui l'estromissione di un individuo comporta una perdita di valore. Ogni individuo rappresenta una risorsa, mentre la partecipazione di tutti si realizza con il minimo di marginalizzazione e il massimo coinvolgimento. POLIStopia è la città aperta a tutti, in tutte le occasioni. EDUtopia è il modello in cui i luoghi di educazione e istruzione diventano strutture aperte alla città; un modello di valori inclusivi, in cui si insegna e si impara allo stesso tempo; dove tutti sono protagonisti del loro processo di apprendimento. Un luogo in cui non esistono allievi senza talento e, allo stesso tempo, in grado di riconosce i loro talenti individuali, soddisfacendo obiettivi e sogni, mettendo in atto una vera e propria Rivoluzione dell'Istruzione.


Di pari passo con EDUtopia va TALENtopia, che si concentra invece sullo sviluppo del potenziale umano. È incredibile come ci si preoccupi della crisi finanziaria e climatica, senza prestare alcuna attenzione alla crisi delle risorse umane, il che comporta uno spreco dei talenti. In questo modo abbiamo sprecato moltissime risorse, trascurando l'esperienza del singolo e il patrimonio dei saperi delle comunità. L'economia prospera grazie a talento e sapere.
Il potenziale umano è una preziosa «fonte-risorsa» nel nostro modello di PROFItopia: il benessere degli individui non dipende, infatti, solo dalla soddisfazione dei loro bisogni materiali, ma anche dalla soddisfazione dei loro bisogni sociali, come fiducia, amicizia, famiglia e solidarietà.


L'utilizzo corretto dell'ambiente e la nostra riconciliazione con esso rappresentano il fulcro centrale di ECOtopia. La mancanza di una pianificazione sostenibile, il flusso di turismo stagionale e l'avidità economica hanno portato a uno sviluppo urbano rapido e squilibrato del nostro territorio. Le città hanno perso l'antico rapporto con i paesaggi rurali. Questo ha messo a nudo i problemi connessi con un moderno sviluppo urbano, così come la bassa qualità e la mono-funzionalità delle periferie.
ESPERIENtopia intende promuovere un nuovo modo di vivere un territorio rispettandone le abitudini; saperne di più sulle sue tradizioni; incontrare credi diversi; partecipare a ogni tipo di cultura e, ultimo ma non meno importante, farne uno stile di vita. ESPERIENtopia è la somma di tutte le diverse componenti che collegano cultura contemporanea, patrimonio culturale, tempo libero, gastronomia, sport e nuove forme di mobilità, all'interno dell'Esperienza Salento.


Il virus positivo che contamina le Utopie con uno spirito creativo, generando così il cambiamento, ha origine in ARTopia. Sia come catalizzatori di partecipazione attiva, sia come persone da cui imparare o modelli, gli artisti ricopriranno molti ruoli in questo processo. Contaminando le diverse Utopie, le nutriranno con creatività e spirito giocoso. Assorbendo i bisogni di queste Utopie, il virus positivo si adeguerà alle loro realtà specifiche. Viaggiando attraverso tutte le Utopie, il «virus» permetterà di comunicare tra loro e identificare esigenze comuni, desideri, generando nuova conoscenza e di conseguenza anche innovazione.

 



Quali sono i principali progetti infrastrutturali a cui la città intende dare vita (nuove opere, riqualificazione e interventi di conservazione e valorizzazione)?


Le politiche a lungo termine della città includono diverse azioni che miglioreranno la mobilità sul territorio. Sono previsti anche interventi di rigenerazione urbana che interesseranno spazi abbandonati per restituirli alla comunità: posso citare, ad esempio, il Villaggio Culturale, la Città dell’Arte e della Musica, progettata dall’architetto portoghese Alvaro Siza e integrata nel parco delle Cave di Marco Vito, e la Torre d’Europa, che rappresenteranno una nuova generazione di spazi culturali per il contemporaneo e avranno anche effetti sul modo in cui il lavoro artistico viene prodotto e presentato, in termini di vitalità artistica e di sviluppo dei settori culturali e creativi locali.

 

Accennavo prima anche alla mobilità: tra i progetti infrastrutturali è prevista anche la riqualificazione della stazione ferroviaria e la valorizzazione delle antiche mura cittadine e i nuovi collegamenti passeggeri porto-aeroporto di Brindisi (2015) e aeroporto-stazione ferroviaria a Brindisi (2018), che migliorerà l’accesso nazionale e internazionale al Salento. Ultime, ma non ultime, le Masserie Urbane (Urban Farms), attualmente in fase di studio di fattibilità.

Il progetto di candidatura prevede interventi di rigenerazione urbana in aree specifiche della città?


Si, ne prevede diversi come La Casa del Parco, un centro polifunzionale del quartiere Leuca con la partecipazione attiva della cittadinanza (2015); il recupero e uso delle antiche mura della città con camminamento sopraelevato e accesso al centro storico (2015); il recupero delle ex cave di Marco Vito e riqualificazione delle Marine leccesi (2015); il completamento della rigenerazione dei quartieri Leuca e San Pio di Lecce; creazione di un «circuito verde» di rilevanza storica e ambientale; il completamento del Parco di Belloluogo (2014); Trax Road Park (2014); Parco delle Mura (2015); Parco degli Agostiniani (2015); Parco dell’Università (2015); Rete Ecologica Ex Cave di Marco Vito (2015); rigenerazione delle aree rurali «giardini di Lecce»; piste pedonali e ciclabili (2016); Parco Rauccio (2014).

Quale è la vostra strategia di comunicazione?


La nostra comunicazione è focalizzata sui cittadini e sul rendere visibile l’invisibile. Basti pensare alla campagna «Jump for change», grazie alla quale abbiamo coinvolto un pubblico enorme. Il nostro obiettivo è rendere i cittadini ambasciatori del progetto perché ogni individuo è creatore di cultura. Siamo molto presenti on e off line: dai social network, alle webtv, le webradio alla carta stampata. Nel tempo abbiamo stabilito accordi con diversi media partner che si sono offerti di aiutarci gratuitamente, come Nuovo Quotidiano di Puglia, Imovepuglia.tv, SalentoWebTV, Telerama, Salento In Tasca, Radiowau condotta da studenti universitari, solo per citarne alcuni. Questo ci dà la possibilità di raggiungere le persone in vari modi. Cerchiamo di creare ponti tra istituzioni e società civile e la comunicazione può servire per accrescere la fiducia.

Quali sono gli effetti di lungo periodo che il progetto auspica di generare a seguito dell’anno dedicato alla manifestazione?
Quello che speriamo si generi dopo il 2019 è sicuramente una qualità di vita più alta, un senso d’orgoglio per aver raggiunto un risultato importante, maggiore fiducia in noi stessi e di restituire al Sud la dignità che gli appartiene. Cerchiamo di realizzare un progetto dal punto di vista del Sud, dalla prospettiva di un Sud che possa diventare un modello per l’Europa. Speriamo, inoltre, di implementare una nuova cultura delle relazioni, locali ed internazionali. E ovviamente la realizzazione delle otto utopie del dossier di candidatura!

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