Il poeta greco / Nanos Valaoritis, esiliato al centro del mondo
“Mi sono svegliato a quarant’anni”, era solito dire Nanos Valaoritis, poeta greco che ha lasciato una traccia durevole nei modernisti inglesi, i surrealisti francesi e la Beat Generation statunitense, prima di diventare, a 90 anni, uno dei portavoce della protesta ateniese contro le pretese tedesche dei primi anni 2010. Colui che resterà sempre un “contemporaneo capitale” per varie generazioni ci ha lasciati il 13 settembre 2019, a 98 anni.
“Nanos ha accettato di vederla”, mi scrive Ersi Sotiropoulos, “può chiamarlo da parte mia”. A 91 anni, questo poeta che si dice sia stato il più grande della diaspora ellenica da Cavafis in poi si è appena lanciato in una dura battaglia politica, al limite talvolta oltraggiosa, in cui rivivono tutti i dolori dell’invasione italo-tedesca del ’41 e del debito di guerra mai pagato a una Grecia martirizzata. Per la prima volta, la sinistra radicale rappresentata da Syriza appare un’alternativa elettorale credibile, senza sapere troppo se, una volta al potere, avrà i mezzi per realizzare tutto il programma o perlomeno una parte. Per cercare di capire meglio cosa succede ad Atene in questo giugno 2012, ho deciso di andare a sentire cosa hanno da dire i poeti.
Cosa dicono i poeti
La Grecia è uno dei rari paesi d’Europa in cui la poesia contemporanea, lontana dagli spasmi del post-modernismo, conta ancora un po’, e Nanos Valaoritis è quindi conosciuto da tutte e tutti. Devo decidere, quasi come si accorda un immenso privilegio, chi tra tutte le persone che conosco qui, condividerà la mia fortuna di incontrarlo. E scelgo Nikos, l’amico di Parigi, tornato ad Atene poco tempo prima della crisi, e che ora vive ormai parzialmente in strada. Diventerà più tardi un personaggio del romanzo del giornalista Léonard Vincent, Athènes ne donne rien (pubblicato in Francia nel 2014, non tradotto in Italia, ndt).
Nanos – è così che si fa chiamare – vive nel quartiere Kolonaki, un po’ lontano dalle piazze scelte dagli avversari del giorno per i loro ultimi meeting: a Piazza Omonia – letteralmente della concordia – parlerà Tsipras, mentre il favorito della destra parlerà a Piazza Sintagma – la costituzione.
Concordia o costituzione? Sembra che dietro quest’ultima alternativa geografica si nasconda un messaggio sul futuro del continente. O forse non è che una maniera come le altre di presentare un dilemma.
Quando arriviamo, Nanos ci accoglie con sua figlia nella penombra di un antico appartamento, le persiane mezze chiuse per proteggersi dalla canicola di un’estate precoce. Mi ricordo i suoi capelli scompigliati, la sua barba rigogliosa e i suoi vestiti, semplici e logori, apparentemente in contrasto con un discorso nel quale fluiscono senza fermarsi le tracce di una cultura classica, di cui hanno potuto beneficiare solo i figli benestanti della sua generazione.
Da Parigi a Londra
Nato a Losanna, da una famiglia cosmopolita, che conta tra gli antenati un poeta e deputato dei tempi eroici dell’indipendenza, Nanos studia ad Atene, dove ben presto vive l’occupazione tedesca, che gli lascia un trauma profondo: come dimenticare in effetti che, dopo la Polonia, la Grecia è il paese che ha pagato il più caro tributo al nazismo in proporzione della sua popolazione globale. Mi ricordo bene del suo gesto quando indicò un’altra stanza dell’appartamento: “Qui stavano i tedeschi”.
Più tardi fuggì verso la Turchia, poi l’Egitto, e in Inghilterra, dove abitò 10 anni e dove si associò al circolo dei poeti modernisti. Quel pomeriggio, evoca come ama fare, cosciente o no dell’effetto che provoca, i nomi di T.S. Eliot che ha frequentato a Londra, o di Lawrence Durrell e di Henry Miller, incontrati in Grecia, o di altri ancora, come quelli di W. H. Auden o di Dylan Thomas. Resto pietrificato davanti a questo signore anziano, così presente al mondo, i cui ricordi sono quelli di un museo vivente.
Nel corso degli anni Cinquanta risiede a Parigi, dove incontra una pittrice surrealista californiana dallo sguardo ipnotico, Marie Wilson. I due si sposano, e lei lo presenta a André Breton. Mi rievoca un’agata perfetta trovata nel letto del fiume vicino a Saint-Cirq Lapopie, dove il capofila del surrealismo, che lì si trasferì nel 1950, ha “finito di desiderarsi altrove”. Nella sua casa aperta a tutti, il tesoro finì per essergli sottratto.
“Scombussolato d’amore”
Ma Nanos, eterno espatriato, è di passaggio in questo movimento come in altri, ma vi resta abbastanza perché nel 1991 gli venga affidata la grande mostra del Centre Pompidou sul surrealismo greco.
Anche dal punto di vista politico, si collega a una sinistra non marxista, in un’epoca nella quale queste idee non sono tra le più convenienti. Rientrato in Grecia, è costretto nuovamente all’esilio con l’arrivo dei Colonnelli. A San Francisco, frequenta Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti.
Al termine della nostra intervista, riparto con le braccia piene di libri, tra i quali una magnifica antologia della poesia greca tradotta in inglese. Nikos mi sorride senza dire nulla. È lui che mi scrive, dopo qualche anno di silenzio, una strana lettera, che inizia così: “Conservo sempre un dolce ricordo di quella visita”. Mi annuncia poi che Nanos ci ha appena lasciati, nella forza dell’età oserei dire, la forza dei suoi 98 anni.
Nei mesi successivi al nostro incontro, io e lui ci siamo scambiati qualche lettera. Nell’ultima che ho ricevuto, c’era una poesia in allegato che non ero riuscito ad aprire. Venendo a sapere della sua morte, ho fatto tutto il possibile per capirne il contenuto. Eccolo dunque, nella traduzione dell’autore:
“Con le mie due mani
Respingevo la pietra tombale
Ho rinnegato il mio giuramento
E ho compiuto la mia metamorfosi
In scimmia e lo sono ancora
Quello che ero e quello che sarò
Mago poi incantatore
Sempre buon oratore
Scombussolato d’amore”
Testo tradotto da Elena Caruso dal testo originale “Le poète grec Nanos Valaoritis, exilé au cœur du monde” di Olivier Favier, pubblicato su RFI.com il 18/09/2019.