Anatomia della melanconia
Portando sul palcoscenico l'adattamento teatrale di Anatomia della Melanconia di Robert Burton, la compagnia di Birmingham Stan's Cafè ha affrontato una sfida che sfiora l'impossibile.
The Anatomy of Melancholy. What it is: With all the Kinds, Causes, Symptomes, Prognostickes, and Several Cures of it. In Three Maine Partitions with their several Sections, Members, and Subsections. Philosophically, Historically, Opened and Cut up (questo il titolo completo) è quanto di più lontano da un testo teatrale si possa immaginare: un trattato medico-filosofico di più di mille pagine, scritto in inglese e latino, apparso nel 1621.
Il libro, a vocazione enciclopedica, contiene una raccolta di tutte le opinioni e notizie allora conosciute sulla melanconia. Fin dall'antichità il termine "melanconia" indicava una grande varietà di stati d'animo e disposizioni ambivalenti, che possono essere piacevoli oppure dolorosi, che vanno dallo stato contemplativo, alla nostalgia, alla tristezza fino a svariati stati patologici, da quella che chiameremmo oggi depressione al delirio, dalle crisi d'ansia all'isteria.
"Melanconia" (dal greco Melàine Chole, bile nera) indica però innanzitutto la sostanza responsabile di questi stati. Secondo la teoria degli elementi e degli umori, che risale a Ippocrate, il corpo umano è composto e retto da quattro umori: il sangue che ha sede nel cuore, il flegma che ha sede nella testa, la bile gialla (detta anche collera) che ha sede nel fegato e infine la bile nera, o, appunto, melanconia, che ha sede nella milza. Questi umori corrispondono agli elementi fondamentali e ne rispecchiano alcune caratteristiche: la bile nera corrisponde alla terra ed è, come questa, fredda e secca, la bile gialla corrisponde al fuoco, il flegma all'acqua e il sangue all'aria.
La diversa composizione di questi umori è responsabile dello sviluppo, della costituzione fisica e del temperamento e personalità di ogni individuo: vi sono soggetti flegmatici, melanconici, collerici e sanguigni. Ma si tratta di classificazioni sommarie, perché i quattro elementi possono combinarsi in innumerevoli variazioni, il che determina l'infinita varietà dei caratteri riscontrabili nella natura umana. L'equilibrio di tali umori può cambiare nel corso della giornata, dei mesi e degli anni: per esempio, ogni stagione comporta un aumento significativo dell'umore corrispondente e gli anziani tendono a diventare melanconici per via dell'inaridimento progressivo del corpo.
Al di là di queste differenze congenite e fisiologiche, un'alterazione dell'equilibrio dei quattro umori può dare ruolo a patologie fisiche e psichiche (discrasie). In particolare un'anomala prevalenza di bile nera induce nel soggetto uno stato melanconico patologico, che richiede di essere curato ristabilendo il giusto equilibrio tra gli umori.
La riduzione teatrale di The Anatomy of Melancholy ha innanzitutto il merito di rendere accessibile un testo estremamente arduo per il pubblico contemporaneo, ma multiforme e affascinante. Il trattato è insieme un testo di anatomia umana; un saggio medico-filosofico sull'influenza reciproca di corpo e spirito; una speculazione lirico-filosofica sulla natura della melanconia, sull'amore, la spiritualità e l'esistenza umana: una tassonomia delle differenti forme di melanconia, catalogate in base ai sintomi e alle cause; una disanima delle variegate e spesso contraddittorie indicazioni terapeutiche, da leggersi come un manuale di farmacia; una raccolta di quelli che oggi chiameremmo casi clinici (dalla celebre melanconia di Democrito, fino al racconto di una donna che per giorni ha vomitato pietre e serpi). Non manca infine un marcato tratto autobiografico. Burton confessa di dedicarsi allo studio della melanconia per curarsi dalla melanconia da cui egli stesso è afflitto:
Quando per la prima volta mi sono assunto questo compito, et quod ait ille, impellente genio negotium suscepi [e, come dice Giovio, ho intrapreso quest’opera rispondendo a un impulso interiore], a questo miravo, vel ut lenirem animum scribendo a calmare il mio animo scrivendo; poiché avevo gravidum cor foedum caput, una specie di ascesso in testa, di cui ero molto desideroso di liberarmi, e non potevo immaginare un modo più adatto di questo. Inoltre, non riuscirei a trattenermi, perché ubi dolor, ibi digitus, si deve grattare dove prude.
Questa idea del dover grattare dove prude rivela, più che la natura terapeutica del libro, la sua natura sintomatica: il testo appare allora come il prodotto della melanconia più che un processo di guarigione. Non è un caso se Burton scrisse e riscrisse questo libro mastodontico fino alla morte e ne pubblicò sei versioni successive, tutte incrementate e corrette.
La riduzione teatrale di Stan's Café (prodotta dal Warwick Arts Centre con la partecipazione della Wellcome Trust) tiene fede alla struttura multiforme del testo di Burton e trasforma in punti di forza quelle che sono le asperità del testo. Innanzitutto viene mantenuta la struttura in sezioni, libri e capitoli, scanditi da lavagne a fogli mobili che vengono via via sfogliate con il procedere del libro dalla prima sezione (che tratta di cause, sintomi e prognosi della malinconia) all'ultima (che tratta della melanconia amorosa e religiosa).
Il carattere enciclopedico e citazionistico dell'opera viene reso tramite una polifonia di voci: i quattro attori in scena discutono delle interpretazioni da dare a un certo fenomeno o delle cure raccomandabili, rendendo molto bene l'aspetto di "collezione di opinioni illustri" che caratterizza il testo. Il tutto viene sottolineato da una serie di cartelli riportanti i nomi degli autori citati che gli attori estraggono di continuo dai cassetti delle scrivanie che compongono la scarna scenografia, con un effetto insieme informatico e vagamente comico.
Gli attori non esitano a strappare al pubblico alcune risate, ironizzando con grazia sulla lingua arcaica e affascinante di Burton (che non è stata modificata nella riscrittura) con i suoi fantasiosi giri di parole per indicare le funzioni corporali espletive e riproduttive che come si può ben immaginare ricorrono in continuazione, e i suoi astrusi termini medici ormai decaduti.
Se la lingua di Burton suona alle volte grottesca o ridicola ai nostri orecchi, altre volte si abbandona a belle digressioni liriche, permettendoci di apprezzare tutta la musicalità dell'inglese elisabettiano.
Lo spettacolo riesce a trasmettere il fascino dei primi passi compiuti dalla medicina moderna, ancora intrisa di nozioni alchemiche e convinzioni religiose, ma già orientata verso la sistematicità e l'empirismo. È lo stesso fascino che suscitano i primi automi meccanici, gli atlanti antichi che tracciano con precisione i contorni delle terre conosciute e abbozzano fantasiosi profili di continenti ancora poco esplorati, fino a infarcire le campiture degli oceani di rappresentazioni di bestie immaginarie o malamente riprodotte, o ancora le prime tavole anatomiche.
The Anatomy of Melancholy non è mai stata pubblicato integralmente in italiano. È stata però pubblicata la lunga introduzione (da cui è tratta la citazione qui sopra): Anatomia della malinconia, Venezia, Marsilio, 1983, prefazione di Jean Starobinski; traduzione dall’inglese di Giovanna Franci; traduzione dal francese del saggio di Jean Starobinski di Francesco Fonte Basso.
Esiste inoltre una traduzione italiana del terzo libro del trattato (Love Melancholy and Religious Melancholy) privo però della sezione 4, sulla melanconia religiosa, sotto il titolo: Malinconia d’amore, Rizzoli, Milano, 1981. Prefazione di Attilio Brilli.