L'altro dell'altro / Marrani
Questo articolo può sembrare una recensione, ma non lo è. E non lo può essere perché non riesco a nascondere pensieri tutti miei, seppur generati dalle pagine magiche che ho letto. Dico del libro Marrani, L’altro dell’altro, (Einaudi 2018) di Donatella Di Cesare, che insegna Filosofia Teoretica alla Sapienza di Roma ed Ermeneutica filosofica alla Scuola Normale Superiore di Pisa.
Da Teresa d’Avila a Baruch Spinoza, da Husserl a Yerushalmi, da Jacques Derrida a Carlo Marx si forma il concerto nel quale si staglia il canto vittorioso e di lacrime della viola Donatella Di Cesare.
Nel suo libro giovanile La Questione ebraica, Carlo Marx, afferma che, con il capitalismo, la diffusione della borghesia farà diventare “ebraica” di fatto la società europea del futuro. Sarà smentito dalla Storia del poi.
A questa citazione a memoria aggiungo mie riflessioni delle quali mi prendo piena responsabilità: Marx si era convertito, con la sua famiglia, dall’ebraismo al cristianesimo luterano, come tanti, nel XIX secolo, l’epoca dell’integrazione. Non si trattava quindi di una conversione forzosa, ma quello che mi chiedo è perché mai lui pensasse proprio all’ebraismo, lui, quello delle religioni “oppio dei popoli”? Perché l’ebraismo o non piuttosto lo scintoismo? Il marranesimo di cui scrive Donatella Di Cesare fu un fenomeno inizialmente sefardita, cioè Spagnolo, e Marx era ebreo askenazita d’origine e tedesco di scelta, anche culturale.
Però Orson Welles, nel suo film Lo straniero smaschera un nazista clandestino negli Stati Uniti quando questi, con imprudenza, definisce Marx un “filosofo ebreo”.
Donatella Di Cesare sa illuminare con i fari degli eventi della Storia l’evoluzione delle identità di coloro che furono chiamati marrani dagli Spagnoli: gli ebrei convertiti, cioè i nuovi cristiani. La parola marrano contiene disprezzo e sospetto.
Eventi drammatici, anzi tragici, che iniziano nel XIV secolo proseguono oltre il XVII: si completa la Reconquista, cioè la crociata per la dominazione cattolica nella penisola iberica che era stata islamico-cristiano-ebraica.
Dopo la scoperta dell’America si sviluppano gli Imperi Spagnolo, Portoghese, Olandese e Inglese: il nostro Pianeta cambia le proprie dimensioni, e mentre le Americhe, e non solo, vengono ferocemente colonizzate, si spezza il Cristianesimo tra il mondo protestante, luterano e calvinista e quello cattolico, divampano senza pietà le Guerre di religione, la Chiesa cattolica inaugura la sua Controriforma e di conseguenza l’indimenticabile Inquisizione.
È vero che nel 1600 si accendono i primi barlumi dell’Illuminismo, anticipato da filosofi e scienziati, ma nel frattempo le popolazioni amerindie vengono decimate anche dalle epidemie delle infezioni di origine europea, e nel Vecchio Mondo si propaga la sifilide, regalo sgradito del Nuovo Mondo: un film di fantascienza…
Trascinato dalla descrizione del tumulto antropologico, ho lasciato nella penna Umanesimo, Rinascimento e invenzione della stampa a caratteri mobili.
Gli ebrei che erano già arrivati nella Penisola iberica al seguito dei conquistatori romani, si erano integrati con le popolazioni ispaniche e, durante il Medioevo, avevano vissuto sotto la dominazione araba il periodo d’oro della loro Storia.
Adesso, sconfitti gli arabi, tutto era finito: persecuzioni, uccisioni, tumulti della plebaglia, infamie della Chiesa e dei poteri civili, conversioni forzose di una ferocia mai vista, sospetto che i convertiti fossero rimasti ebrei fraudolenti, portarono alla cacciata dalla Spagna e alla limpieza de sangre, anticipazione del razzismo nazista. Oggi si sa che una parte degli Spagnoli sono di origine ebraica e che gli ebrei sefarditi sono Spagnoli.
Gli ebrei sono stati vittime del genocidio fisico nazifascista e, prima, di quello culturale iberico. Di quest’ultimo si parla in Marrani con particolare riferimento a un evento spirituale di enorme importanza nel mondo in cui viviamo. La Di Cesare descrive nei Marrani la nascita di una identità personale segreta, diversa da quella cattolica che si doveva mostrare in pubblico per sopravvivere in un mondo nel quale era sufficiente accendere due candeline alla sera del venerdì per esporre alla morte un’intera famiglia.
La memoria del passato può all’inizio avere aiutato la formazione dell’identità nascosta e quello fu forse il periodo più pericoloso, quello nel quale si conoscevano ancora le preghiere, le ricorrenze e i rituali domestici, ma, anno dopo anno, generazione dopo generazione, vinceva l’oblio, fin quando della vecchia identità ebraica non restava altro dentro di sé che una flebile fiammella che illuminava diafani e confusi ricordi. Finché dell’ebraismo non restò altro che il confessarlo al momento di morire al figlio primogenito perché continuasse a portare il segreto dentro di sé per le future generazioni.
E così la fiammella si perpetuava e diffondeva per giungere fino ai nostri giorni, nei quali dobbiamo riconoscerla come il chiarore della modernità. Se Marx fosse stato marrano, avrebbe potuto capire che nei tempi del futuro avrebbe trionfato, più che non l’ebraismo, il marranesimo: e cioè l’ineffabile, ma inestinguibile duplice identità personale. Quell’alter ego che, come chiarisce la Di Cesare, è la persona dentro di noi con la quale discutiamo, origine del dubbio, fondamentale nella nostra etica e nella nostra cultura. Il mondo è popolato da marrani, non importa di che religione siano. Guai quando l’intimo colloquio viene a cessare!
Tutti noi, anche quelli non osservanti, non credenti e ateistici, conserviamo nel nostro io quel lumino e lo riconosciamo negli altri: i famosi ebrei di S. Nicandro Garganico, per esempio, le nuove Comunità del Sud e della Sicilia, ma anche gli amici che talvolta sentono il bisogno di confidarci: “Il mio cognome porta i segni dell’ebraismo e inoltre so di qualcuno fra i miei antenati dei quali le male lingue dicevano che fosse ebreo”.
Gli scrittori Fruttero e Lucentini trasformarono in un romanzo l’Ebreo Errante in un signore elegante di mezza età. Il leggendario personaggio interrompeva la sua eterna peregrinazione per fermarsi a Venezia alcuni giorni, durante i quali la sua misteriosa personalità affascinava le signore della haute lagunare.
Il sospetto si è trasformato in speranza: Maya, Aztechi e Inca non hanno dimenticato e verrà un giorno nel quale alcuni israeliani, ebrei, vanteranno le proprie origini arabe e alcuni israeliani, arabi, vanteranno le proprie origini ebraiche. Tardi verrà quel giorno. Ma verrà.
In un recente viaggio in Sicilia per ammirare lo splendore dei mosaici del Casale fui ospitato da giovanotti di Enna, la capitale della mia infanzia del 1939, che dedicavano il loro tempo libero alla ricerca serena di vestigia di antiche Sinagoghe nelle vecchie Chiese cristiane…
Quando la nuova Spagna democratica stabilì che gli ebrei sefarditi potevano acquisire la cittadinanza spagnola, la mia fiammella si ravvivò di orgoglio. Aveva vinto ancora la speranza.
Questo articolo è già uscito su “Pagine ebraiche”.