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Ritorna Scarabocchi / Hai delle belle braccia!
Scarabocchi torna a Novara dal 18 al 20 settembre! Tre giorni di laboratori, officine, spettacoli e piccoli atelier per parlare di “corpi” e rimettere al centro gesti e incontri. Ma prima ancora di incontrarci, con tutte le precauzioni necessarie, Scarabocchi riparte online: quattro disegnatori per quattro lezioni di disegno in diretta Instagram sul profilo del Circolo dei lettori, che si trasforma per l'occasione in uno studio d’artista: Guido Scarabottolo (martedì 7 luglio, ore 19), Giovanna Durì (giovedì 9 luglio, ore 19), Pietro Scarnera (martedì 14 luglio, ore 19), Alessandro Bonaccorsi (giovedì 16 luglio, ore 19) insegneranno a grandi e piccoli come trasformare ghirigori in nasi, orecchie, braccia e piedi. Evviva gli Scarabocchi!
Hai delle belle braccia!
La frase coglie di sorpresa sia me che la ragazza alla quale è rivolta.
Alberto l’ha detta con una tale naturalezza che non lascia dubbi, è evidente l’assenza di malizia e di piacioneria, è solo una dichiarazione.
Lei, da ragazza carina ed educata quale appare, risponde con un timido grazie, mentre io resto con il mio cucchiaio di cappelletti in brodo sospeso quanto quel raro apprezzamento fatto dal mio amico.
Questa scena si svolgeva in una trattoria a Ravenna, circa tre anni fa, Alberto ed io eravamo lì per un festival e la ragazza era una sconosciuta che passava vicino al nostro tavolo. Episodio che avevo quasi dimenticato fino al momento del lockdown, quando le braccia sono diventate gli arti proibiti e “l’abbraccio” a fine sms, mail o WhatsApp, era spesso seguito da un commento, da una sottolineatura imbarazzata, quasi a volersi scusare perché quel gesto non lo si poteva più fare e ricordarlo, anche virtualmente, era fuori luogo.
Delle braccia si parla ben poco nel quotidiano, forse nella generazione precedente alla mia un po’ di più perché ha vissuto la seconda guerra mondiale e della prima ha visto le conseguenze attraverso conoscenti o parenti a cui mancava qualche arto.
Anche io da piccola ne ricordo qualcuno, in particolare un vecchio droghiere, una persona gentile di cui purtroppo avevo paura, proprio a causa di questa menomazione, e poi c’era il fattore di mia zia che non ho mai visto da vicino, ma ho impressa nella memoria la sua camminata sbilanciata insieme alla frase che la zia sempre ripeteva – ne ha uno solo, ma vale per cinque –.
Per una bambina erano impressionanti anche gli ex voto nei santuari, dai più poveri in legno che le mie memorie infantili collocano a Gemona e Castelmonte a quelli in argento, un po’ “barocchetti”, presenti nel centro Italia e a Napoli, che ne è tanto ricca he credo abbiano tenuto gli stampi che continuano a sfruttare per gli amanti dei mercatini dell’antiquariato.
In Grecia invece sono di una latta povera povera, spesso piegati, e in Spagna anche di cera. Ricordo ancora la bellezza e la trasparenza di quelli che vidi nei pressi di Santander, avrei voluto riempire il bagagliaio della macchina ma era un’estate torrida e non osavo immaginare in quale stato sarebbero arrivati a casa. Quelli di cera continuano ancora a produrli perché i P.G.R. non sono solo “Per Grazia Ricevuta” ma servono anche a implorare l’intercessione (una raccomandazione) per la guarigione da una malattia o in previsione di un intervento chirurgico.
Quando penso a un intervento chirurgico alle braccia non posso non ricordare un film, Lo sconosciuto (1927) di Tod Browning, lo stesso regista che fece Freaks. Lo sintetizzo, anche perché i film muti è meglio vederli piuttosto che raccontarli. Genere: drammatico-orrore-sentimentale. Collocazione: circense. Trama: un lanciatore di coltelli s’innamora della sua bella assistente, la stranezza è che i coltelli li tira con i piedi perché pare sia senza braccia, la giovane donna è anche corteggiata da “l’uomo forzuto”, lei però prova una forte repulsione per le braccia maschili e preferisce l’innocuo protagonista ma questo le braccia le ha nascoste sotto un corpetto e, per amore, se le fa amputare da un chirurgo. Quando dopo l’operazione ritorna al circo, scopre che la sua bella ha superato la fobia dell’abbraccio maschile e si è innamorata dell’“uomo forzuto”. Succede dell’altro, però mi fermo qui altrimenti la mia scarsa descrizione rischia di trasformare questo film da drammatico/sentimentale a comico/grottesco.
Senza braccia è anche la Venere di Willendorf o meglio, le ha piccolissime e inutili, appoggiate sui grandi seni e se la si guarda di fronte sembrano solo una decorazione.
E la Venere di Milo? Chissà come le teneva le braccia, non come le altre statue coeve perché a lei non serviva riparare il pube, era già velato. Ne hanno ipotizzato la posizione e hanno costruito in 3D due arti artificiali; l’iniziativa ha lo scopo di promuovere un’organizzazione francese che fornisce assistenza e dispositivi a persone disabili in aree di conflitto. Lo scopo è nobile ma l’effetto visivo è tragico.
Tragiche e bellissime sono le braccia di Dafne quando Apollo la raggiunge; è sulle braccia che il Bernini ha concentrato lo sguardo di chi ammira quel gruppo scultoreo.
Tragica è l’espressione del protagonista della serie After Life, mentre ascolta Into my arms di Nick Cave, e lo capisco bene perché mi commuovo sempre anche io quando sento quel brano. Mi commuovo in generale quando ascolto Nick Cave, ma non mi rattristo, forse perché l’ho conosciuto grazie a un’amica che mi diverte con riflessioni intelligenti e sagaci, Gabriella. È lei che ha coniato una frase sulle braccia mature che completa l’apprezzamento di Alberto sulle braccia giovani: – a una certa età le si deve tenere coperte, a una certa età le braccia sono tragiche! –.
P.S. Quest’ultima frase risale a circa venti anni fa e si riferiva alle nostre braccia, a quando sarebbe stato opportuno nasconderle. Gabriella, interpellata recentemente sull’argomento, mi ha detto una cosa diversamente bella – a me ora piacciono le braccia vecchie, sono forse anche tragiche, però mi piacciono un sacco le braccia coperte di vene dei vecchi.