Maturità: tracce tendenziose?
Non seguo le vicende della scuola se non attraverso il percorso dei miei figli e quindi non so davvero come si sia arrivati a produrre tracce che si estendono per nove pagine. Le domande sono così articolate e precise che, lungi dal valutare le capacità espressive dei candidati, un premio andrebbe attribuito a quelli che riescono a giungere in fondo alla lettura di queste proposte, così diverse tra loro e così tendenziose nelle conclusioni che suggeriscono.
Volendo riconoscere ai commissari le migliori intenzioni, la prima domanda che dovranno porsi i professori che correggono le prove sarà: premiare l’ascolto dei candidati, e quindi la loro capacità di entrare in sintonia con le intenzioni suggerite dalle tracce, o la preparazione e l’immaginazione di chi scrive?
La prima proposta è una poesia di Ungaretti. Piuttosto difficile. Faccio un esempio sulla parte iniziale che mi sembra piuttosto misteriosa: ogni mio momento/ io l’ho vissuto/ un’altra volta/ in un’epoca fonda/ fuori di me.
I suggerimenti interpretativi chiedono proprio cosa significhi un’epoca fonda/ fuori di me. Googlando la poesia su skuolanet viene fuori che Ungaretti in diverse interviste ricorda di aver incontrato degli ingegneri francesi che gli parlarono di un porto sepolto ad Alessandria d’Egitto. Si riferisce a questo? E se è così, che possibilità ha un ragazzo di arrivare al sottotesto cui fa riferimento Ungaretti se non ha già studiato la poesia nel corso dell’anno o se non ha, come me da casa, accesso a internet? Ed è importante riferirsi a questo dettaglio biografico o ci si deve invece rivolgere alla potenza evocativa e metafisica del verso? Anche le altre domande mi sembrano piuttosto difficili (la versificazione, che mi sembra un terribile modo di esprimersi di derivazione industriale, anzi falso, come se la poesia nascesse in qualche altro modo e poi venisse trasformata in versi da un mestierante), e quindi, anche se tra le tracce proposte questa è quella che sentirei più vicina, temo che la sceglierei e farei un compito poco apprezzato.
Più semplice è la traccia su Bellodi e Sciascia, dove le domande hanno il merito di riferirsi al testo proposto che è abbastanza semplice. Anche qui, nell’interpretazione del brano, si danno per scontate delle contrapposizioni (onestà e legalità da una parte contro illegalità e omertà dall’altra) che sono solo l’ingresso nelle opere di Sciascia. Il mondo che ci presenta Leonardo Sciascia è più profondo e complicato. Bellodi è uno straniero e questo stratifica il suo sguardo sulla Sicilia che lui comprende e non comprende. Però è una traccia che si può seguire e se, come suggerisce Luca Serianni, bisogna tenere in mente i commissari (si dice ancora così? Altra traccia semisovietica della nostra scuola!), si possono scrivere delle cose ordinarie, pertinenti, che mettano al sicuro la prova di maturità.
C’è poi un lungo passaggio di Tommaso Montanari sul patrimonio culturale e il futuro della democrazia. A parte il fatto che avrei messo breaking news e fantasy in corsivo, ma immagino che ci sia stato un ragionamento più sofisticato del mio al Ministero, il brano è sentito e le domande indirizzano i candidati a risposte semplici e chiare. Mi sembra ci sia una vena piuttosto polemica nella domanda in cui si dice che il passato trasmesso dalla televisione è diverso da quello che ci si conquista imparando a conoscere e interpretare i monumenti. Se si suppone che i ragazzi guardino troppa televisione, è questo il momento per fargli una ramanzina? O si vuole dare un’opportunità a chi ha già a diciotto anni la maturità per fare questa distinzione di brillare di fronte ai compagni? Anche qui, come distinguere la piaggeria di un primo della classe da un genuino interesse per il passato che poi passato non è? Anche il fatto di ricordare che si è stati battezzati come Dante sette secoli prima (quando Dante ricorda anche, e assai più significativamente, che da quel battistero salverà un bambino!) a me pare poco gentile nei confronti dei tanti italiani ebrei, mussulmani, agnostici o comunque non cattolici che non vengono battezzati. Non so che percentuali ci siano oggi riguardo al battesimo, ma forse l’identificazione che sente l’autore non è universale come crede. Comunque le intenzioni sono buone, è giusto salvare il patrimonio storico, anche questa traccia si può fare.
Anche la traccia su Bartali mi sembra densa di un dibattito storico e ideologico che ci farà capire poco di quale mondo si affacci attraverso i diciottenni di oggi, e ci racconta invece molte cose che già sappiamo sulla generazione che ha steso le tracce.
Così per il brano sulla guerra, l’umano stolto e geniale di Fernbach, per l'eredità del novecento e per l'orazione di Luigi Viana per il generale Dalla Chiesa.
Non invidio i ragazzi che hanno affrontano questa prova. Conclude il percorso scolastico, e questa è una buona cosa. Della scuola italiana si possono dire molte cose, positive e negative, e non è questo il luogo. Quello che mi sembra salti fuori da queste tracce, ed è un difetto del nostro sistema, è che la comunità che la frequenta ogni giorno è molto più determinata dai docenti che dai ragazzi. Incoraggia poco a diventare adulti e suggerisce forse un po’ troppo quali risposte bisognerebbe dare alle domande. I professori sono anche spesso genitori, e genitori ansiosi, e il passaggio generazionale avviene in un clima (quello scolastico) che fa poco spazio alle necessità di rottura e confronto che sono così necessarie a crescere. Più ancora che dalle scarse opportunità professionali, a me pare che molti giovani decidano di partire per sottrarsi a uno sguardo piuttosto oppressivo di genitori che faticano a sentirsi contraddetti, a vedere che le opinioni che hanno sul mondo sono storiche e quindi destinate a venire superate. Questo purtroppo continua anche nelle università e nei dottorati, che in Italia si chiamano scuole di dottorato perché in fondo continuano l’affiliazione passiva così nociva per lo sviluppo critico e creativo di un’intelligenza. Parlo della mia generazione e forse oggi anche di quelli più giovani di me. E quindi parlo anche di me. C’è così tanta bellezza nei bambini e nei giovani, tanto vero futuro, primavera, promesse… se solo sapessimo ascoltare, forse anche la voce che racconta il passato verrebbe ascoltata in modo diverso, non come la norma che opprime ma come le altre forme che il mondo ha preso in precedenza e che spiegano certo ulteriori metamorfosi dell’arte, della lingua, della storia.