Giovanni Boccaccio / Rime, XCIII
Anche il mondano Boccaccio si prese la briga, sulla scorta del maestro Dante Alighieri (un verso come “che fece Italia già donna del mondo” risente della lezione dantesca e sembra discendere direttamente da “non donna di province ma bordello”), di intonare un’appassionata invettiva in versi all’Italia. E sebbene l'autore del Decameron riconoscesse che lo scrivere in versi non era nelle sue corde, questo suo sonetto civile, scritto probabilmente intorno al 1375, è tutt’altro che disprezzabile.
Fuggit’è ogni virtù, spent’è il valore
che fece Italia già donna del mondo,
e le Muse castalie son in fondo,
né cura quas’alcun del lor onore.
Del verde lauro più fronda né fiore
in pregio sono, e ciascun sotto il pondo
dell’arricchir sottentra, e del profondo
surgono i vizi trionfando fore.
Per che, se i maggior nostri hanno lasciato
il vago stil de’ versi e delle prose,
esser non de’ti maraviglia alcuna.
Piangi dunque con meco il nostro stato,
l’uso moderno e l’opre viziose,
cui oggi favoreggia la fortuna.
Edizione di riferimento: Giovanni Boccaccio, Tutte le opere, a c. di V. Branca, Mondadori, Milano 1992