Quanto somigliamo agli animali? / Guadalupe Nettel. Bestiario sentimentale

25 Agosto 2018

Quanto somigliamo agli animali? I nostri comportamenti, le reazioni emotive, lo spostarsi o il restare fermi, lo strisciare e il sollevarsi, il proteggere e l’uccidere, l’amare e il detestare, quanto ricordano o trovano una corrispondenza in quelli degli insetti, dei pesci, dei gatti, dei rettili? Forse possiamo leggere il nostro futuro rimanendo a osservare un animale che si muove per casa; l’animale ci capisce e si trasforma mentre noi ci stiamo trasformando. Muta la pelle come la mutiamo noi. Il nostro malumore diventa il suo. E anche noi possiamo esserne condizionati; addirittura il comportamento di un animale con cui entriamo in contatto ci può mostrare qualcosa di nostro che fino a quell’istante non ci è stato chiaro. Un gatto può parlarci di maternità, una vipera di destino o di passioni impossibili, un pesce rosso della fine della nostra storia d’amore, un’invasione di scarafaggi può far emergere un confitto familiare, una sorta di guerra psicologica. Questo e molto altro ancora affiora da Bestiario sentimentale (La Nuova frontiera, 2018, trad. di Federica Niola), la splendida raccolta di racconti della scrittrice messicana Guadalupe Nettel.

 

«Dicono che per il cervello l’odore dell’umidità e quello della depressione siano molto simili. Non ne dubito.»

Nettel in cinque racconti profondi e originali traccia una nuova mappatura della reazione umana all’imprevisto. Scrive di uomini e donne in bilico, fragili, timidi, spaventati. Personaggi alla ricerca di una qualche felicità che a volte è soddisfazione, spesso è perdita. La scrittrice messicana si pone una domanda universale: “Che cos’è l’equilibrio?”; tenta cinque risposte, nessuna esauriente, ma ognuna è una visione diversa dei rapporti umani, delle conseguenze delle nostre azioni e delle nostre debolezze. A volte perdiamo tutto per molto poco, a volte quello che perdiamo è l’unica cosa che ci permette di ritrovare noi stessi. Nettel con delicatezza, ironia, una rara capacità di immaginare mette in scena noi stessi e ci pone dinanzi allo specchio; ci dice di osservare quello che fanno gli animali perché noi non siamo in grado di osservarci veramente.

 

Guadalupe Nettel, ha già pubblicato in Italia due romanzi: Il corpo in cui sono nata e Quando finisce l’inverno; entrambi per Einaudi, tradotti anche questi da Federica Niola, come i racconti. Un legame che pare molto solido quello tra scrittrice e traduttrice, la prosa di Nettel è resa in maniera molto fluida, molto piacevole. Così come esiste un legame tra i romanzi precedenti e le storie di questi cinque racconti. Quando finisce l’inverno è una storia d’amore che fa saltare gli schemi, storia che nasce da un incontro causale, tra due persone che vivono in due città distanti, e che sono nate in Sudamerica ma in nazioni diverse. In Il corpo in cui sono nata la protagonista è una bambina che nasce con un neo sulla cornea. Mentre vive il disagio delle cure, assiste al disgregarsi della sua famiglia, al crollo delle poche certezze che ha. Anticipando Bestiario sentimentale potremmo azzardare che quella bambina è il pesce rosso o la banda di scarafaggi che arriverà più avanti.

 

 

«Ieri pomeriggio è morto Oblomov, il nostro ultimo pesce rosso.»

È l’incipit del primo racconto: una giovane coppia apparentemente felice, fino a un certo punto felice, è costretta a misurarsi con la comparsa del disagio quotidiano. La nascita di un figlio, la delusione di lei rispetto agli atteggiamenti di lui, i pesci rossi. La posizione dell’acquario, la gestione della bambina, la difficoltà di rientrare al lavoro. Il tempo che manca, la stanchezza. I tentativi destinati a fallire di rimettere le cose a posto quando le cose già non ci sono più. Tutto è accaduto davanti agli occhi, tutto è successo prima nell’acquario, poi nella cameretta della bambina, poi nella camera da letto, poi in cucina. La bravura di Guadalupe Nettel sta nel far esplodere il quadro familiare senza alzare mai toni, facendo sì che tutto capiti mossa dopo mossa; un silenzio, una cena mancata, un sorriso non concesso. Un pesce rosso che muore.

 

«Se non lo raccogli e non te ne liberi» mi disse, «i suoi parenti verranno a prenderlo» […] «Come ti è venuto in mente?» disse, quasi tra sé. «Adesso molto probabilmente saremo invasi.»

Un ragazzino viene affidato agli zii e da quel passato ci parla della sua passione per gli insetti, che diventeranno il suo lavoro. Una mamma che ha problemi e una zia rassicurante, serena, benestante. Una casa perfetta sarà invasa dagli scarafaggi, ognuno degli abitanti della casa combatterà l’invasione a proprio modo. Un misto tra rituali, guerra e rispetto stabilirà una sorta di irreversibilità dei fatti. Sapere se uno scarafaggio è da eliminare o da salvare è molto più di una questione di vita o morte. 

Una laureanda riflette sull’esperienza della maternità e sulle scelte da compiere osservando il comportamento dei gatti. Due amanti, due bravissimi musicisti, si amano e si incontrano in giro per il mondo; il loro è un legame misterioso, che li lega anche da lontano e sono le note e il riconoscersi che li tiene uniti, o è un semplice fungo che fa luce sulle dinamiche di una relazione? O che almeno le rende visibili. E infine Pechino e una vipera, ancora una passione, un dolore, l’Europa, il rincorrersi dentro le foto, nel passato. Un uomo si crea un piccolo regno casalingo dove perdersi e consumarsi, e un serpente nel quale specchiarsi o ritrovarsi.

 

«Tua madre è anche la mia» rispose. «Sono tornato da lei perché le appartengo, ma non sono più quello di prima, quindi non posso più darle le stesse cose. Non so se sarà sempre così. Per adesso mi sento come l’animale che vuoi avvelenare: un morto vivente.»

I luoghi di questi racconti sono Parigi, Città del Messico, Pechino; ma sono soprattutto interni: è dentro le case, gli alberghi o al telefono che accadono le cose, e accadono lentamente. Un appartamento di una giovane famiglia a Parigi, una casa molto grande a Città del Messico, le case lontane e gli alberghi e i teatri in cui i due musicisti si avvicinano, l’appartamento della studentessa universitaria dove si muovono i gatti, la stanza in cui il protagonista dell’ultimo racconto fissa per ore la vipera, che sembra uscita da una storia di Kawabata. Negli interni siamo più vicini agli animali e in quel poco spazio non possiamo far altro che esserne condizionati. Nettel osserva come da un soppalco e da lassù registra, muove e scrive.

Guadalupe Nettel sa che con i nostri animali ci parliamo, forse ci capiscono forse no, e forse non importa; l’espediente narrativo di raccontare la nostra debolezza, la nostra particolarità di finire in mille pezzi, attraverso gli animali che ci stanno accanto nei modi più disparati, funziona perfettamente e apre davanti agli occhi del lettore l’ennesimo, ancora una volta nuovo, modo in cui una storia può essere inventata e raccontata.

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