Qatar: che mondiale è mai questo?
Un anno fa più o meno, giorno più o giorno meno – dopo aver letto un articolo che parlava delle condizioni di lavoro disumane di chi stava lavorando alle strutture dei Mondiali in Qatar – ho confidato a un amico: spero di essere abbastanza determinato da non vedere nemmeno una partita. Sono passati i mesi e questa convinzione a tratti mi è sembrata rafforzata, in altri momenti pareva perdersi tra i giochi del bambino che è dentro chi ama il calcio e confondersi. Non guardo le partite, bene, e quindi? Davvero pensavo e penso di poter sfuggire a un gol di Messi, a una notizia su Benzema che si infortuna, alla scoperta di un nuovo calciatore mai sentito? Oggi è il 22 novembre: scrivo e si sono disputate già le prime quattro partite, non le ho guardate, senza sforzo, ma conosco i risultati, so che chi ha segnato i due gol dell’Ecuador si chiama Valencia – uno che pensavo si fosse ritirato, tra l’altro, e invece ha soli 33 anni– so che il Qatar è calcisticamente irrilevante.
So dei sei gol dell’Inghilterra all’Iran, ma so pure dei due che ha fatto l’Iran, uno dei due è meraviglioso. So anche delle tifose iraniane sugli spalti con i capelli sciolti, al vento, all’aria. So che i calciatori dell’Iran per protesta non hanno cantato l’inno nazionale. So che Kane, capitano dell’Inghilterra avrebbe voluto indossare la fascia arcobaleno e che poi non lo ha fatto, forse avrebbe dovuto, che rischiava? Un’ammonizione, una squalifica? Capirai. So che i calciatori dell’Inghilterra si sono inginocchiati per protesta. So che il Senegal è sembrato scolastico e deludente, mentre l’Olanda è apparsa pragmatica, sì, qualcuno su WhatsApp, ha scritto così. Poche partite giocate e già il Mondiale mette in luce tanti aspetti: i calciatori dell’Iran che non cantano l’inno sanno che tutto il mondo li vedrà, lo sa ogni tifosa con i capelli sciolti.
So troppe cose per disinteressarmi. Non vogliamo però nasconderci dietro a un giochino, vogliamo capire: come siamo arrivati fino a qua? Perché? E, soprattutto, se il gioco in sé – un pallonetto di Messi, un colpo di testa di Lewandoski, una rovesciata di Cavani, un calcio di rigore che finisce sulla traversa – riesca a mantenere una sua neutralità, cioè se quei novanta minuti, moltiplicati per tutte le partite del Mondiale, rimangano solo pallone e vadano isolati da tutto quello ci ha portati a disputare la più grande competizione calcistica a novembre in un paese che c’entra poco con il calcio giocato ma molto, moltissimo con il denaro che gravita intorno.
Il Mondiale di calcio ha sempre avuto a che fare con la politica, ne è sempre stato dipendente, fin dai Mondiali del 1934 e del 1938, vinti dall’Italia fascista, per passare a quelli del 1970 vinti da un Brasile invincibile ma governato dalla dittatura, per arrivare allo scandalo dei mondiali del 1978 vinti dall’Argentina di Videla, più che da quella di Kempes. Dai campionati del 1990 disputati in Italia il dominio si è spostato dalla politica al denaro (ma per molti paesi le due cose vanno a braccetto) il controllo dal 1994 è passato nelle mani dei grandi sponsor e delle televisioni fino alle ultime tre edizioni: 2014 Brasile (anche qui ci furono migliaia di morti ai quali facemmo meno caso), 2018 Russia (non esattamente il paradiso dei diritti civili), 2022 Qatar.
L’evento ha sostituito il campionato con tutto quello che ne consegue. La Fifa è un’organizzazione no profit eppure fa fatturati altissimi, sempre più alti, di torneo in torneo. No profit e fatturato altissimo, non è una novità, così come non sono notizie di prima mano quelle riguardanti gli scandali, la corruzione, gli arresti. Ogni tanto l’apparato viene scosso, ma poi tutto resta più o meno uguale, cambia qualche faccia, un cognome sostituisce l’altro e noi abbiamo il gol impossibile, la sorpresa, un capitano brasiliano, argentino, spagnolo, francese che solleva la coppa. Il mio amico mi ha detto che secondo lui non gli ho mai detto quella frase: o l’ho detta a qualcun altro o l’ho scritta da qualche parte, intanto si sa che i morti durante i lavori per i Mondiali sono 6500.
Il numero impressionante è una stima che viene fuori da un’inchiesta del Guardian del 2021, numeri confermati anche da organizzazioni come Amnesty international. Morti non solo lavorando agli stadi, ma alle infrastrutture, alberghi, strade e così via. Un vero disastro umanitario, ma come accennato prima ci furono migliaia di morti anche per i lavori ai mondiali del 2014 organizzati dal Brasile, con costruzioni di inutili cattedrali nel deserto come lo stadio in piena Amazzonia, e andando più indietro si scopre come ci fu un numero consistente di morti anche durante la fase preparatoria di Italia ’90 (se si vuole approfondire questi aspetti, si legga il giornalista Luca Pisapia su Jacobin Italia). Se stiamo adoperando un linguaggio, l’assegnazione del Campionato Mondiale al Qatar e il 6500 morti sono il completamento di quel linguaggio, l’ultimo aggettivo, l’avverbio, il complemento, il predicato verbale. Non poteva andare che così e così è andata.
Ricomincio a scrivere a qualche ora di distanza, l’Argentina di Messi ha perso 2-1 dall’Arabia Saudita, meritando di perdere a quanto mi dicono. Se l’Argentina dovesse uscire al primo turno (ma è presto per dirlo) la Fifa e il comitato organizzatore dei Mondiali e gli sponsor del torneo di Messi (spesso gli stessi) si troverebbero ad affrontare una serie di problemi. Il calciatore più forte del mondo dovrebbe arrivare in fondo, è una questione di denaro, ancor prima che di pallone e poi di prestigio. Pensate se il Qatar potesse dire cose come: Leo Messi ha vinto il suo unico mondiale qui da noi, mettendosi allo stesso livello di Maradona, giocando nel mese dell’anniversario della morte di Maradona.
Se accostate l’orecchio al monitor potete sentire il fruscio delle banconote suonare. La memoria non può non tornare a Usa ’94, a Maradona, Blatter (presidente Fifa del tempo), a Grondona (presidente della federazione calcio argentina). Vollero Maradona al Mondiale perché serviva, aveva praticamente smesso, lo rimisero in piedi, i biglietti furono venduti. Diego si convinse e cominciò a giocare come sapeva lui. Si dice che ebbero paura, si dice che non sarebbe stato bello vedere Maradona vincere negli Stati Uniti e magari dedicare la Coppa a Fidel Castro. Alla fine della seconda partita dell’Argentina un’infermiera andò a prendere Maradona in campo, lo tenne per mano e lo portò al controllo antidoping, dopo sappiamo come è andata.
Alcune cose strane. La Fifa ha vietato per “motivi tecnici” alla Danimarca di usare in allenamento la maglia con la scritta Diritti umani per tutti, quali siano questi motivi tecnici non è dato sapere. La scritta sulle fasce da capitano arcobaleno – che sono state vietate – è 1 love, chissà qual è l’oscuro motivo tecnico che impedisce l’uso della parola amore, vorrebbe conoscerlo anche Bob Marley. Sull’argomento ha risposto in maniera – secondo chi scrive – abbastanza discutibile, il capitano della Spagna, Sergio Busquets. Il fuoriclasse spagnolo ha detto che le sue opinioni personali non contano, conta invece ciò che decide la Federazione. Davvero, caro Sergio?
Davvero vogliamo cavarcela così? Ecco, i calciatori più importanti non dovrebbero avere paura di esprimere un’opinione, siamo tutti consci degli interessi in gioco, e quanto conti giocare un Mondiale. Busquets, Messi e Cristiano Ronaldo sono all’ultimo giro di giostra, avrebbero la personalità e la possibilità di pronunciarsi e invece manco la fascia arcobaleno mettono (almeno a oggi, poi magari ci smentiscono). One love, One heart, let’s get togheter and feel all right.
Ho appena visto un video molto bello dei tifosi del Senegal che ballano, con la faccia dipinta di bianco. È stato costruito un complesso residenziale per ospitare i tifosi, in Qatar non ci sono così tanti hotel, non bastano nemmeno le case date in affitto. Lo chiamano villaggio ma ha l’aria di una baraccopoli appena riverniciata, lo scrittore Cristiano De Majo, con un tweet, l’ha definito un misto tra i container che ospitavano i terremotati in Irpinia e le strutture per la quarantena Covid in Cina.
Ammetto che non avrei saputo trovare una definizione migliore. Guardandoli si prova una sensazione di disagio e di precarietà molto forte, si è portati a pensare a una sciagura appena avvenuta e non ci sbagliamo. Guardandoli ci si domanda: ma perché un tifoso dovrebbe partire dall’Europa o dal Sudamerica in novembre per andare a dormire in una baracca? La risposta è: per guardare un Mondiale, seppure il più assurdo di tutti. Il tifoso che può permetterselo non rinuncia al banchetto, chiunque lo abbia organizzato.
Secondo un reportage del New York Times durante la costruzione delle infrastrutture in Qatar sarebbero morti 2100 nepalesi, a partire dal 2010. Su 6500 morti 2100 vengono dal Nepal, tra questi circa 200 si sono suicidati. Il NYT nel reportage spiega molto bene le condizioni di sfruttamento degli operai nepalesi in Qatar, francamente si resta agghiacciati. I due gol con cui l’Arabia Saudita ha battuto l’Argentina sono molto belli, Messi ha segnato solo su rigore e ha giocato decisamente sottotono.
Nel 2015 vengono arrestati, sospesi, squalificati, quasi azzerati gli interi vertici della Fifa, l’accusa è quella di corruzione. Quasi la totalità dei membri del comitato che ha assegnato i campionati del 2018 alla Russia e del 2022 al Qatar è stata sospesa o radiata. Anche Sepp Blatter e Michel Platini si dissolvono, saranno indagati, arrestati, squalificati. Tutto molto bello, direbbe Bruno Pizzul e lo diciamo anche noi. Il Qatar comincia a farsi assegnare il Mondiale tempo prima, acquistando il Psg, il proprietario è Nasser Ghanim Tubir Al-Khelaïfi, l’uomo che gestisce il fondo sovrano dello stato.
Gli emiri si comprano la squadra di Parigi, sponsorizzano il Barcellona, sulla stessa traccia si muovono gli Emirati Arabi che posseggono il Manchester City. Parliamo delle due realtà calcistiche più ricche d’Europa. Ah, Messi gioca nel Psg da un annetto circa. Un calciatore della Danimarca è riuscito a colpire il palo, durante la partita con la Tunisia, tuffandosi di testa, a meno di mezzo metro dalla porta. Chi ha lavorato in Qatar è stato pagato con salari da fame, ha lavorato anche per ottanta ore alla settimana, in una situazione sanitaria spaventosa.
Ai 6500 morti e agli altri prima di tutto è stata privata la dignità, fatti arrivare da territori del sud est asiatico o africani, sono diventati proprietà del padrone, dopo la dignità è stata la volta dei passaporti. La parola schiavitù non è esagerata, però Busquets aspetta che la federazione spagnola gli dica cosa fare. La fascia da capitano è piccola, lo striscione esposto dalle tifose e dai tifosi dell’Iran è molto grande e recita: Woman Life Freedom.
Vittorio Sereni in Gli strumenti umani scrive «Sono io tutto questo, il luogo / comune e il suo rovescio», anche il calcio lo è. Si tratta di un mondo sommerso dai luoghi comuni e dalle frasi fatte, di buoni propositi quasi sempre smentiti, di incredibili proclami che non hanno seguito. Basti pensare alle frasi a effetto pronunciate dal Presidente della Fifa Infantino qualche giorno fa: «Oggi ho sentimenti molto forti. Oggi mi sento qatariota, mi sento arabo, mi sento africano, mi sento gay, mi sento disabile, mi sento un lavoratore migrante», poi ha parlato di cose che non si spiega, di ipocrisia. Infantino è il luogo comune e il suo rovescio, è ipocrita e falso, e i fatti dimostrano che di diritti umani non gliene importa nulla, ma non possiamo sprecare una poesia di Sereni per lui.
Il rovescio del luogo comune decidiamo che sia un calciatore inglese, Jude Bellingham, che ha 19 anni, la pelle scura, gioca in Germania e ha segnato il primo gol dell’Inghilterra in questi Mondiali. Bellingham è una delle cose che salveranno il Mondiale, qualsiasi cosa decidiamo di fare, che lo si boicotti o meno, tutti prima o dopo si ricorderanno di questo ragazzo. Un fortunato, un privilegiato, un fenomeno.
Ora un altro amico mi telefona e dice che forse quella frase su vedere o meno il campionato l’ho detta a lui. Andrà a finire che l’ho detta a chiunque. Mentre si va a chiudere questo pezzo, alla fine del primo tempo, la Francia sta vincendo 2-1 con l’Australia, con i transalpini gioca Kylian Mbappé, destinato a diventare il più forte calciatore al mondo (anche lui gioca per il Psg) chissà che questo torneo invernale non rappresenti pure un passaggio di consegne.
Un altro nome, uno che non diventerà il miglior giocatore al mondo: Adbullah Ibhais, è stato membro del comitato organizzatore dei Mondiali, ha denunciato la situazione di alcuni lavoratori che non ricevevano lo stipendio da mesi, è stato arrestato per questo. È in carcere da più o meno tre anni, il processo che lo riguarda è, ovviamente, una farsa. La famiglia chiede giustizia, la Corte di Cassazione tiene udienze sceneggiata in sua assenza. Il luogo comune e il suo rovescio, sta cominciando il secondo tempo di Francia-Australia, voto per un gol di Mbappé.