L'angoscia dell'influencer
Il tennista Jannik Sinner vince la semifinale del torneo 500 Atp di Halle (Germania). L'ex direttore degli Uffizi Eike Schmidt è alla vigilia del ballottaggio che potrebbe portarlo all'elezione a sindaco di Firenze. Sul tavolo c'è l'ultimo libro dello storico dell'arte Ernst Gombrich. Sullo schermo un articolo del semiologo Gianfranco Marrone. Chiara Ferragni ha partecipato al party prenuziale di una celebre giornalista sportiva. È un sabato italiano ma non è un sabato qualunque se all'improvviso, mentre il sole cala fra le nuvole, i disparati articoli dell'enumerazione caotica delle righe viste sopra convergono, si prendono per mano e si dispongono armonicamente nel cerchio di un lieto girotondo. Procediamo in ordine cronologico inverso.
22 giugno, primo sabato estivo, pomeriggio inoltrato. Mentre scrivo è passata poco più di un'ora da quando Jannik Sinner ha rischiato di perdere un set contro il suo avversario Zhizhen Zhang. Dovendo battere per scongiurare un set-ball ha lanciato in aria la pallina ma prima che potesse colpirla con la racchetta il silenzio rituale dello stadio è stato interrotto dal potente starnuto di uno spettatore. Sinner ha rinunciato a battere la palla, si è messo a ridere. Ha provato a battere di nuovo, ma aveva la ridarella. Lo stadio, l'arbitro e l'avversario si sono messi a ridere a loro volta. Dopo pochi secondi si è ricomposto. Al suo terzo tentativo, ha battuto un ace, ha annullato il vantaggio dell'avversario e alla fine ha vinto set e match. Sinner?
Soltanto due giorni prima, il 20 giugno, il nome di Sinner compariva già nella prima riga di un'analisi del semiologo Gianfranco Marrone intitolata "Influencer: l'industria dell'autenticità" e pubblicata su Doppiozero. Sinner è testimonial fra l'altro di una marca di pasta delle più note e dopo aver ricordato che "Italia uguale pasta, si sa", Marrone si chiede se "è Sinner a testimoniarlo o, viceversa, se è la pasta ad attestare la (comunque) perfetta italianità dello sportivo", che non ha un nome italiano e che non corrisponde allo stereotipo del carattere italiano. Il dubbio un poco paradossale e arguto (com'è tipico nell'argomentare di Marrone) introduce a un discorso sulle diverse figure che hanno affiancato quella più assestata del testimonial pubblicitario: "l’opinion leader, il trend setter, il creator digitale, lo status symbol, il blogger, l’influencer". Quest'ultimo, in particolare, " è un personaggio perfettamente costruito per sembrare non costruito, un autentico per mestiere che deve meticolosamente cancellare il lavoro necessario a produrlo". Marrone ne parla con un semi-anagramma credo inconsapevole: l'"intrinseca sincerità". Ma se il testimonial fornisce una prova, una "autentificazione" del prodotto, a scopo di pubblicità, "l’influencer si limita a vivere e a consumare, proponendosi come modello esemplare di un vissuto che non lo trascende [...] Così, la figura dell’influencer ha senso se e solo se la si inserisce in una rete complessa di rapporti entro cui si crea qualcosa come una fiducia, ovvero una fede". Fede?
Ancora un passo indietro. Il 7 settembre 2023, sempre su Doppiozero, lo storico dell'arte Claudio Franzoni presentava l'ultimo libro di Ernst Gombrich, uscito postumo e ora tradotto in italiano: La preferenza per il primitivo. Episodi dalla storia del gusto e dell’arte occidentale, a cura di Lucio Biasori, traduzione di Valentina Palombi, Torino, Einaudi 2023. Il libro ricapitola episodi della storia dell'arte, e del gusto, in cui si respingevano le evoluzioni recenti per rifarsi a un passato più remoto, vissuto come più puro e spirituale: "I Nazareni, che rifiutavano le opere mature di Raffaello, esaltavano la sua prima maniera che permetteva di godere della pura bellezza della sua visione, non intaccata, a loro parere, dall'influenza corruttrice dell'appariscenza". Espressioni estetiche, che però si aggrappavano a convinzioni ideologiche e religiose, come il ripudio dell'interesse per la rappresentazione sensuale del corpo umano ascritta al paganesimo e la preferenza dell'intransigente clericalismo per un'arte morigerata, non naturalistica nel tratteggiare corpi e passioni. La fede escludeva il naturalismo e propugnava, casomai, naturalezza e semplicità.
Il libro di Gombrich è appassionante soprattutto nel mostrare come lo schema spiritualismo vs sensualismo non possa essere in realtà adottato in forma rigida, tanto è vero che i due campioni degli schieramenti si sono segnalati per la loro capacità di riconciliare gli opposti. L'arte di Beato Angelico, "nonostante la spiritualità dei temi e dell'espressione delle figure [...] non rifiutava affatto i progressi del naturalismo, né tantomeno rispettava l'ingiunzione di negare il corpo [...]". I sensualisti si rivolgevano a Sandro Botticelli, la cui Venere esibisce un "tipo di bellezza" il cui fascino risulta "doppiamente allettante perché in esso si percepiva una sensualità non ancora sbocciata appieno": "un tipo virginale, a dire il vero un po' goffo, ma seducente proprio in virtù della sua apparente innocenza". Botticelli?
Ultimo passo indietro e chiusura del cerchio. Ora in un declino che i più sembrano presagire definitivo, l'influencer Chiara Ferragni ha forse conosciuto il massimo della sua popolarità il 16 luglio 2020 quando, alla riapertura dopo le prime e maggiori restrizioni dovute alla pandemia del Covid 19, pubblicò sul suo profilo di Instagram una foto che la ritraeva davanti alla Nascita di Venere di Sandro Botticelli, durante una visita agli Uffizi compiuta in compagnia del direttore di allora del museo, quello Schmidt che oggi, e per due giorni ancora, è candidato alla carica di sindaco.
Lunedì sarà un ex candidato, eletto o no che sia. Lunedì avrò anche saputo se Sinner sarà uscito vittorioso anche dalla finale. Non basteranno pochi giorni invece perché Chiara Ferragni ritorni in auge o perché ci si accorga di averla perfettamente dimenticata. Del resto Gombrich ha scelto una citazione dal De oratore di Cicerone per il suo libro: "È difficile dire per quale motivo le cose che riescono più gradite sono proprio quelle che più presto ci danno fastidio e ci stancano". Noi sappiamo però che Chiara Ferragni è inciampata proprio su una questione di autenticità conculcata, di sincerità soltanto estrinseca, forse di fede tradita.
Senza confondere i livelli ci si potrebbe forse chiedere quali corrispondenze ci siano tra la propensione attuale per l'autenticità e quella che pittori e teorici in diversi momenti della storia dell'arte hanno cercato nei "primitivi". Confondendo i livelli si potrebbero cercare calembour tra fede, Fedez e Federer. In questo sabato, italiano ma non qualunque, mi limito invece ad ammirare come il caso, questo croupier metafisico, ha mescolato e distribuito le carte a questo giro.