Dove va Grillo e i suoi blog / M5S e le tre direttrici
Quello di Beppe Grillo e della Casaleggio Associati è stato dal 2005 un affascinante laboratorio di marketing politico rivoluzionario. Il Movimento 5 Stelle sta sperimentando da anni forme innovative, in cui il nuovo medium della connessione digitale si intreccia con le forme tradizionali o arcaiche della comunicazione e della rappresentanza. È un terreno inesplorato, dove si possono fare (e si sono fatte) grandi scoperte, e si possono commettere gravi errori. Dalla parabola del Movimento 5 Stelle, come dalle parallele vicende di Wikileaks e Cambridge Analytica, abbiamo ancora molto da imparare sugli intrecci di politica e comunicazione.
Il successo elettorale del 4 marzo 2018 ha radici antiche per i ritmi della rete e una storia brevissima se guardiamo all'orizzonte storico dei movimenti politici. Era il gennaio 2005 quando Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio lanciavano il sito beppegrillo.com, probabilmente senza pensare che 13 anni dopo avrebbe assunto un ruolo politico determinante nella fragile democrazia italiana e nelle traballanti architetture della Comunità Europea.
Nella prima fase, le comunità riflessive dei meet up e la personalità carismatica del comico genovese, con il supporto tecnologico e di marketing della Casaleggio Associati, hanno raccolto e dato forma a un profondo disagio politico. Cinque anni fa, l'imprevisto successo elettorale ha dato al Movimento 5 Stelle responsabilità politiche a livello nazionale. Cinque anni dopo, quello guidato da Di Maio è il primo partito a livello nazionale, indispensabile in qualunque assetto politico.
Guardando la composizione del Parlamento, l'unica coalizione con qualche prospettiva di stabilità a medio termine sarebbe una alleanza tra il M5S e la Lega. In questa direzione è andata anche l'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Ancorare il M5S a sinistra grazie al sostegno del PD è impossibile, considerando anche le faide interne che dilaniano quel che resta del glorioso Partito Comunista da almeno vent'anni e lo rendono inaffidabile.
Per capire quello che può succedere, è opportuno ripercorrere le recenti evoluzioni delle piattaforme informatiche sulle quali Grillo & Co. hanno costruito il loro successo. Il blog di Grillo è stato per tredici anni il principale strumento del Movimento. Questo portale che svolgeva diverse funzioni: ufficio marketing e ufficio stampa di un comico di successo, piattaforma comunicativa di un movimento politico emergente, comunità virtuale in cui raccogliere i simpatizzanti del movimento, strumento di consultazione, proposta, discussione attraverso i meet up e i seggi elettorali delle Parlamentarie... E inoltre blog/rivista, aggregatore, archivio... Tutto questo convogliava un forte traffico verso il sito, con un notevole valore economico.
Tutto questo ora non c'è più. O meglio, questa idra dalle cento teste si è scissa, a partire dal gennaio 2018, lungo tre direttrici che corrispondono ad altrettante diverse forme politiche e impostazioni culturali.
Il successo elettorale ha proiettato il Movimento 5 Stelle verso la tradizionale rappresentanza politica, con le sue necessità di mediazione e compromesso. I dirigenti del partito, Di Maio in testa, si sono assunti la responsabilità di compiere una serie di scelte (necessarie) anche senza richiedere ogni volta agli iscritti di votare e decidere: una classe dirigente che si è auto selezionata ha rimpiazzato il principio “uno vale uno”, anche perché dopo il 4 marzo in Parlamento il partito non rappresenta solo poche migliaia di attivisti, ma quasi 11 milioni di elettori. Tutto questo trova espressione nel sito ufficiale del movimento, e soprattutto nel blog delle Stelle. Sono canali che comunicano la posizione ufficiale e le iniziative politiche di un partito controllato dal suo gruppo dirigente.
Una seconda direttrice riguarda invece la dimensione innovativa del movimento, il tentativo originario di innescare meccanismi di democrazia diretta e non rappresentativa. È un modello che ha mostrato molti limiti, ma lascia anche intuire le potenzialità di una democrazia 2.0. Questo vettore si incarna nella piattaforma Rousseau, inglobata nel blog delle Stelle. Ospita la discussione sulle proposte politiche del movimento, con i progetti di legge in Italia e in Europa; presenta un livello “interno”, riservato agli iscritti ovvero agli attivisti, e un secondo livello “aperto”, consultabile da tutti, dove è possibile esaminare le proposte al termine della discussione.
L'ultima dimensione riguarda il “garante” del Movimento. Con una decisione assai discussa sulla stampa nazionale, all'inizio del 2018 il sito personale di Grillo e quello del Movimento si sono separati, anche dal punto di vista della gestione: il primo, secondo alcuni osservatori economicamente assai appetibile, è gestito da una società di Roma, la happygraphic. Il secondo resta affidato alla Casaleggio Associati, che dunque mantiene anche il controllo della piattaforma Rousseau. Fin dagli inizi, Grillo ha dato al suo blog un'impronta fortemente culturale: oltre che pubblicizzare i suoi show, tiene viva la dimensione utopica del movimento, l'idea che una tecnologia innovativa e “buona” possa garantire un radioso futuro all'umanità, superando i limiti del capitalismo predatorio e miope delle multinazionali.
Grillo ha dunque abbandonato la maschera del capo carismatico per tornare a indossare quella del profeta: “Sto inseguendo un po' questo futuro che ogni volta che arrivo lui non c'è, va avanti, va avanti. È l'utopia che ti porta ad andare avanti. E con voi voglio farlo tornando al blog come era, nel senso che facciamo interviste, Mohamed Yonus, Stiglitz, Fo, c'erano premi Nobel che ci scrivevano e adesso abbiamo un sacco di interviste, se vedete qui in basso ci sono le interviste di persone che lavorano nei robot, di qua ci sono persone nel hyper-loop, nell'alta velocità, smart city. Abbiamo sistemi di comunicazione meravigliosi che stanno arrivando, come il Li-Fi. Quindi bisogna capire che bisogna essere sempre curiosi, il mio mantra è questo qui, la vita è essere curiosi”, ha scritto presentando il nuovo progetto.
Il primo decennio del Movimento è stato trainato da questi due ultimi vettori. Da un lato il sogno di una democrazia diretta e partecipata, inclusiva. Dall'altro il carisma del leader, in grado di offrire visibilità, riconoscibilità e un punto di convergenza. Con i successi elettorali degli ultimi anni, si sono resi necessari meccanismi di delega e rappresentanza, molto simili a quella delle tradizionali forze politiche, anche se in forme fragili e opache. L'imperativo, nelle prime settimane successive al voto, è stato quello della Realpolitik: occupare maggiori spazi di potere, al di là dei principi fino a quel momento sbandierati come irrinunciabili, costruendo compromessi pragmatici con altri attori politici.
A decidere il futuro del Movimento 5 Stelle (e dunque del paese) non saranno tanto le beghe interne dei vari leader, o lo scontro tra le presunte anime “di destra” e “di sinistra”. A determinare la dinamica politica sarà il difficile equilibrio tra tre diversi progetti culturali, ciascuno a sua volta sottoposto alle proprie dinamiche. Per quanto riguarda il confronto-scontro con la Lega, sarà prima di tutto una guerra sul piano culturale. Da un lato il capitalismo “sovranista” e produttivo della Lega, che rimpiange il mondo “prima della globalizzazione” (e della rete, in fondo). Dall'altro il post-capitalismo utopistico di Grillo, emancipato dal lavoro, aperto, partecipato, inclusivo. Con un paradosso: il M5S ha trionfato al Sud, ovvero nelle zone economicamente e tecnologicamente meno avanzate del paese, mentre il Nord più produttivo, prospero e dinamico si è affidato al conservatorismo identitario della Lega. Al Nord domina la paura di perdere precari privilegi, veri o presunti. Al Sud vince la speranza di un messianico riscatto, ma attraverso forme di welfare che promettono consumo senza sviluppo. Ma i due progetti hanno alcuni punti in comune, oltre al rifiuto della casta ormai di prammatica: la denuncia della globalizzazione (e dunque il rifiuto dello straniero), la diffidenza nei confronti dell'euro e dei suoi burocrati, una scarsa attenzione alla sostenibilità (si tratti di flat tax o di reddito di cittadinanza), e la volontà di demolire quello che resta della sinistra. Che nel frattempo si è cancellata da sola e continua nel suo trend autodistruttivo.