Oceani. Pianeta Blu
Non Pianeta Terra, bensì Pianeta Blu. Dallo spazio, quando non è coperta dalle nubi, gli alieni la vedono così: una distesa di colore blu che vira verso l’azzurro. Le acque coprono infatti oltre il 70% della superficie, per cui il nome giusto di questo corpo celeste sarebbe: Oceano, dal greco Okeanòs, nome della divinità delle acque che nelle mitologie mediterranee e asiatiche circondava tutta la terra ferma in continuità tra cielo e mare. I nostri remoti predecessori sapevano benissimo che l’oceano è profondo e per questo lo temevano. Dopo le esplorazioni del Challenger (1872-76), la nave che lo ha misurato, e dell’Albatros (1947-1949), nave che ne ha completato l’ispezione con i suoi carotaggi, sappiamo che la profondità media del mare si aggira intorno ai 3.700 metri, sino ad arrivare agli 11.000 metri dell’Abisso Challenger situato alla estremità meridionale della Fossa delle Marianne. Questa superficie blu è enorme, ma non illimitata come ritenevano gli antichi e come continuiamo a pensare anche noi oggi, visto che procediamo a versare nei mari e negli oceani enormi quantità di scarti, prima tra tutti l’indistruttibile plastica. Ma quando si sono formati gli oceani? Sappiamo che il Pianeta su cui viviamo si è costituito poco meno di 4,5 miliardi di anni fa, mentre abbiamo prove del prodursi progressivo di questa massa d’acqua 500 milioni di anni più tardi, poiché 100 milioni di anni dalla sua nascita la Terra non si era ancora sufficientemente raffreddata per dar vita alla crosta terrestre. Occorse dunque molto tempo affinché si formassero le nubi e cadesse la pioggia e gli oceani cominciassero a svilupparsi sulla superficie del Pianeta. Come dicono gli oceanografi, questo spiega perché l’acqua si trovi lì dov’è, ma non come ci sia arrivata e anche perché sia salata. Sapere se su altri pianeti c’è acqua, non servirebbe solo a determinare la possibilità di abitare in futuro altri mondi sparsi nello spazio siderale, ma permetterebbe di rispondere a una serie di domande sulla vita nel Pianeta Blu e sulla sua evoluzione futura. Si è ipotizzato che l’acqua sia arrivata attraverso un bombardamento di comete ghiacciate o materiali ricchi di gas e acqua in un periodo in cui il raffreddamento poteva trattenerli. Ma nel 2015 la sonda Philae, atterrata sulla cometa 67/P/ “Churi”, scoprì la presenza di ghiaccio e polvere e 16 tipi di composti organici. L’acqua è stata dunque portata dalle comete insieme con i mattoni per la costruzione della vita? Tra il 1912 e il 1915 il geofisico tedesco Alfred Wegener avanzò la prima teoria omnicomprensiva riguardante i movimenti dei continenti: la tettonica a placche. Più di un miliardo di anni fa esisteva l’Oceano Panthalassa, che si estendeva in tutto il globo intorno a un super-continente battezzato Rodinia. Gli oceani che conosciamo oggi si sono formati per subduzione molto tempo dopo: la crosta oceanica più vecchia dell’Atlantico ha circa 180 milioni di anni, così che l’Atlantico settentrionale s’è aperto 30 milioni anni prima di quello meridionale, mentre appare evidente che oggi il bacino dell’Oceano Pacifico si sta lentamente chiudendo per lasciare spazio ad altri bacini oceanici. Se poi andiamo indietro nel tempo, troviamo che 250 milioni di anni fa la parte emersa aveva mutato aspetto: Pangea il suo nome. Nel successivo periodo, chiamato Mesozoico, si formò l’Oceano Tetide, di cui resta traccia nel Mar Caspio. La chimica e la fisica degli oceani è assai complessa e nel contempo affascinante, a partire dal fatto che l’acqua non è comprimibile, ragione per cui anche a 4.000 metri di profondità appare ridotta meno del 2%. Si tratta di una sostanza che si comporta in modo strano e che, per quanto sia la fonte stessa della vita, non conosciamo così bene come crediamo. La salinità, altro enigma, è una delle proprietà che influenzano la densità dell’acqua. Negli oceani attuali c’è abbastanza sale per creare uno strato alto 50 metri sull’intera superficie terrestre. Il tema più importante per noi, che abitiamo le terre emerse, è il legame che esiste tra gli oceani e il clima. Come spiega Eelco J. Rohling, oceanografo, si tratta dell’equilibrio che sussiste tra l’energia ricevuta dalla Terra e l’energia dissipata nello spazio. Esiste perciò un rapporto decisivo tra l’apparizione degli oceani e la nascita stessa della vita sul Pianeta. Quando nel mare non c’era quasi ossigeno, nel Protozoico, negli oceani vivevano esseri unicellulari, i procarioti, senza nucleo: erano trascorsi 2 miliardi di anni dall’inizio di tutto. La vita nel mare è poi principiata nel Cambriano con gli artropodi, phylum che comprende scorpioni, ragni, millepiedi, centopiedi, insetti, trilobiti, granchi, aragoste, eccetera, fino alle zecche e agli acari, così che ancora oggi tre quarti di tutte le specie conosciute che abitano il Pianeta Blu sono artropodi. Fino a 500 anni fa gli oceani erano praticamente intoccati, poi è avvenuto qualcosa con grande rapidità: una progressione simile a quella che il Pianeta Blu ha già conosciuto 252 milioni di anni fa, verso la fine del Permiano, con la grande estinzione di massa. Più del 50% dell’ossigeno che respiriamo viene dagli oceani così come il 30% dell’anidride carbonica è assorbita dall’Oceano. Le cinque estinzioni di massa della vita sul Pianeta Blu hanno coinvolto sempre il mare, il grande regolatore termico del globo e il suo essenziale polmone. Nella terza di queste stragi totali, alla fine del Permiano (252,3 milioni di anni fa), scomparve il 96% della vita marina e il 70% delle creature terrestri: l’oceano si era acidificato e l’ossigeno scomparve, così che le emissioni di carbonio esterno superarono la capacità di compensazione dei mari; tuttavia occorsero 66.000 anni perché il processo si compisse. Le emissioni di origine antropica prodotte dalla Rivoluzione industriale appaiono oggi da 5 a 30 volte più veloci. Il riscaldamento del Pianeta nel Permiano era superiore a quello attuale, ma trascorsero 4.000 anni per raggiungere il culmine. I rettili, che ci hanno preceduti nella supremazia sul Pianeta, l’hanno dominato per 200 milioni di anni prima di sparire, anche se non del tutto, poiché i dinosauri aviani si sono perpetuati nei moderni uccelli e in alcuni rettili. Allora i mammiferi placentati, uscirono pian piano dalle loro nicchie per produrre, circa 200.000 di anni fa, l’Homo sapiens. Ora cosa succederà? Anche dopo di noi, dopo la nostra estinzione, l’oceano sarà ancora lì. E, come alla fine della cosmicomica I Dinosauri di Italo Calvino, uno dei rari sopravvissuti alla strage percorrerà valli e pianure, raggiungerà la stazione, prenderà il treno e si confonderà con la folla. La vita ricomincerà, anche se nessuno sa chi sarà questo viaggiatore futuro.
Questo articolo è precedentemente apparso su la Repubblica, che ringraziamo.
Cosa leggere per saperne di più
Sui miti originari di Oceano si veda: Robert Graves, I miti greci, Longanesi; il libro più importante di divulgazione oceanografica è di E. J. Rohling: Oceani. Una storia profonda, Edizioni Ambiente; si legga anche S. Carniel, Oceani. Il futuro scritto nell’acqua, Hoepli; e il recente Storia del mare, di A. Vanoli, Laterza; ricco di immagini: M. Fontenoy e Y. Arthus-Bertrand, Un oceano di soluzioni, Cortina; sulle estinzioni, E. Kobert, La sesta estinzione, Neri Pozza.
In copertina, Chantae ©Petros Koublis.