Autobiografia e fumetti. Una conversazione / Paco Roca. Memoria in vignette
L'ultimo graphic novel dello spagnolo Paco Roca s'intitola La casa ed da poco uscito nelle librerie italiane per i tipi di Tunué. Un libro estremamente personale, nel quale Roca ha deciso di affrontare un momento difficile e importante della propria vita e riflettere, come spesso accade nel suo lavoro, sullo scorrere del tempo e sul ruolo imprescindibile della memoria e del suo esercizio. La casa narra l'elaborazione di un lutto: tre fratelli si ritrovano nella vecchia casa delle vacanze di famiglia. Venuto a mancare il padre, quell'insieme di mobili e cianfrusaglie racchiuse fra quattro mura sembrano sulle prime un fardello di cui sbarazzarsi il più presto possibile. Ma saranno proprio quegli oggetti e lo spazio delimitato dai muri di cinta della casa a riattivare in ciascuno dei protagonisti ricordi a lungo sopiti. La dimensione fisica del libro non è casuale. Contrariamente a tutti i suoi lavori precedenti, quest'ultimo fumetto di Roca ha uno sviluppo orizzontale della pagina. Una foggia questa che non può non ricordare quella di un vecchio album di foto di famiglia, dove le vignette si susseguono come tante immagini che segnano i momenti importanti della vita di un gruppo di persone unite da un legame di sangue e d'affetto. In questo alternarsi di vignette scaturisce tutta la maestria di Roca, uno dei protagonisti assoluti del fumetto contemporaneo e in particolare della gestione del tempo del racconto.
Come già in Rughe, struggente storia di un anziano direttore di banca affetto dal morbo di Alzheimer, in La casa passato e presente si susseguono senza soluzione di continuità: lo spazio bianco che separa una vignetta dall'altra è il ponte che lega il passato al presente attraverso raccordi legati a oggetti, parole, sensazioni, emozioni. Nasce così un flusso proustiano dove il movimento dello sguardo segue il percorso interiore dei personaggi, il loro mettere in discussione se stessi di fronte alla natura ultima della separazione da una persona cara. La memoria viva e presente, cristallizzata nel segno e nel racconto, è il motore imprescindibile per Roca di ogni essere umano e di ogni cittadino.
A margine dell'uscita di questo ultimo lavoro abbiamo avuto il piacere di fare una breve conversazione con Paco Roca, per affrontare il corpus del suo lavoro con le sue molteplici implicazioni esistenziali, civili, politiche, storiche.
Nel tuo lavoro hai dedicato ampio spazio alla storia del tuo paese, in un dialogo costante fra passato e presente dove il fumetto e i suoi autori hanno avuto un ruolo centrale. Da I solchi del destino a L'inverno del disegnatore , i tuoi graphic novel partono da vicende individuali per affrontare periodi storici complessi come la Guerra civile e il Franchismo. Cosa ti guida nella scelta dei soggetti dai quali parti per affrontare la Storia con la "s" maiuscola?
Per me la memoria e il passato sono una risorsa per capire il presente. Mi interessa scoprire chi sono e perché mi comporto in un determinato modo, in quanto individuo, disegnatore, figlio, o come società in generale. Disegnare per me significa riflettere su di un tema e per farlo su ciò che sono credo sia imprescindibile guardare indietro nel tempo per comprendere i repubblicani spagnoli che dovettero esiliarsi, o i disegnatori di fumetti negli anni del franchismo o ancora la vita di un uomo della classe operaia, come era mio padre.
Rimanendo sui tuoi lavori più "storici", ci piacerebbe conoscere meglio come articoli il tuo lavoro di documentazione sulle fonti e secondo quali modalità lo trasformi in racconto? Negli anni hai sviluppato una sorta di metodo o tendi a valutare ogni singola storia?
La fase di documentazione è per me la parte più importante del lavoro. Direi quasi che la possibilità di capire e conoscere in modo approfondito un certo tema è ciò che mi spinge a intraprendere un nuovo progetto. Dedico molto tempo a questa fase. Di solito scrivo la sceneggiatura mentre mi documento ed è la stessa documentazione che, spesso, conduce la sceneggiatura in una certa direzione.
La dimensione biografica e autobiografica riveste un ruolo fondamentale nei tuoi fumetti. Al centro dei tuoi libri ci sono uomini e donne con le loro vite, fatte di piccoli e grandi accadimenti. Quando hai capito che il fuoco principale del tuo essere narratore era radicato nella vita delle persone? Quale complessità comporta per te essere fedele all'esistenza dei tuoi personaggi e contemporaneamente essere libero di poter raccontare la tua storia per come la vuoi scrivere e disegnare?
Credo esistano due modi di narrare e costruire storie interessanti per il lettore: partendo da un’idea potente o da personaggi potenti. Se si riesce ad avere entrambe le cose è il massimo, ma se devo scegliere solo una delle due possibilità, preferisco partire da personaggi emblematici.
Se si riesce a costruire personaggi credibili con i quali il lettore potrà empatizzare, allora la storia scorrerà. Si poi si riesce anche a parlare delle loro emozioni, delle loro paure e gioie, allora la storia funzionerà certamente. E allora sarà irrilevante che sia ambientata a Roma, a Valencia o in Siria, che parli di un imperatore romano, di un disegnatore o di un esiliato.
Il tuo ruolo di narratore è estremamente "mobile". Ci sono casi in cui sei presente all'interno della storie, altre volte invece sei completamente invisibile. Come arrivi a scegliere la tua posizione e quanto è difficile per te essere uno dei personaggi dei tuoi libri?
Ogni storia richiede un suo modo per essere raccontata. A volte non trovo subito la forma più adatta e preparo diverse stesure della storia, fino a scoprire la strada giusta. La mia presenza in alcune delle storie che ho disegnato nasce dalla necessità di raccontarle in prima persona, scegliendo un punto di vista “non fiction”, o imitando il registro della “non finzione”, come è stato per I solchi del destino. In letteratura è normale che l’autore scriva in prima persona e che a volte giochi con l’ambiguità del rivelare o meno se è lui stesso il protagonista della storia. Nel linguaggio dei fumetti, se scegli di parlare in prima persona, devi disegnarti e per questo diventi inevitabilmente un personaggio della storia.
Pur nella molteplicità dei generi e registi che hai affrontato nel complesso della tua opera, ciò che rende così speciale il tuo fumetto è l'uso di un tratto riconoscibile e assolutamente personale, una tua singolare forma di "realismo" in grado di aprirsi al fantastico a seconda delle necessità della singola storia (basti pensare alle affinità e alle differenze fra Rughe, Le strade di sabbia e I solchi del destino). La sensazione è quella di essere di fronte ad una sorta di compagnia di attori ben rodata che di libro in libro interpreta i tuoi testi e le tue narrazioni con risultati diversissimi fra di loro pur nell'omogeneità che li contraddistingue. Mi piacerebbe sapere se in qualche modo ti ritrovi in queste considerazioni e se hai voglia di condividere con noi alcuni dei passi che ti hanno aiutato a definire meglio il tuo tratto e il tuo personalissimo approccio al racconto disegnato.
Mi piace che ogni nuovo progetto sia piuttosto differente dal precedente. Realizzare una storia a fumetti è un percorso lungo e impegnativo, spesso iniziare un nuovo progetto è davvero difficile; per questo mi sforzo perché sia diverso dal precedente. È un modo per cominciare con più entusiasmo di fronte a una sfida nuova e soprattutto per attivare l’immaginazione su qualcosa di sconosciuto, proprio come quando all’inizio mi ritrovavo di fronte al foglio bianco. In ogni progetto cerco di pormi nuovi traguardi come autore: uno stile narrativo mai sperimentato, un nuovo formato, molte più pagine… Ma soprattutto, come ho detto prima, cerco un tema che mi permetta di riflettere su qualcosa in particolare.
Se ne hai voglia mi piacerebbe che chiudessimo questa intervista parlando dell'attualità spagnola ed europea. Nei due libri che hanno come protagonista L'uomo in pigiama ci sono i riferimenti forse più diretti all'attualità, con uno spazio ben definito rispetto al tuo punto di vista su temi politici e sociali. Considerando il fortissimo e fondamentale valore politico di molti tuoi libri, hai mai pensato di dedicare all'attualità un lavoro di più ampio respiro?
Prima di essere autori di fumetti si è cittadini, cioè si vive in una società e si è coinvolti in tutto ciò che ci succede intorno. Soprattutto in un momento di crisi, cambiamenti e lotta come attualmente in Europa e in particolare in Spagna. Al di là di questa premessa, cerco però di non parlare direttamente dell’attualità politica e sociale. Non credo che il fumetto disponga dell’immediatezza necessaria per raccontare l’attualità. Si possono passare anni lavorando ad un tema apparentemente “attuale” che, una volta terminato, non interessa più. D’altra parte credo però che esista un fumetto in grado di trattare temi di attualità politica e sociale nella stampa. Credo che questo sì, sia un territorio davvero interessante da esplorare.
PS:
Un ringraziamento particolare a Riccardo Zanini per la traduzione dallo spagnolo.