Perché ho smesso di comprare i quotidiani
"L'uomo resta attonito di vedere verificata nel caso proprio la regola generale".
Questa frase bellissima è di Leopardi. E' l'ultima frase dello Zibaldone, vergata il giorno quattro dicembre 1832, a Firenze. Chiude la pagina quattromilacinquecentoventisei di quell'opera monumentale, destinata a rimanere inedita a lungo, dopo la morte del suo autore.
Mi capita di pensare a questa frase tutte le volte che accade qualcosa che, oltre me, riguarda anche parecchie altre persone. Tutte le volte che io e noi si confondono.
Nel caso specifico, il fatto che coinvolge decine di migliaia di persone o centinaia di migliaia di persone, tra le quali ci sono anch'io, è la flessione o il calo o il crollo delle vendite dei quotidiani.
La questione del perché si comprino assai meno copie cartacee è stata trattata varie volte, anche su questo sito (cfr. ad esempio gli articoli di Andrea Indiano del 13/9/ 2012 e del 5/4/2013). Ed è recente (24 settembre u.s.) un Dagoreport sul tema.
Premetto che io, come persona, sono uno che non conta niente. Sono un professore di provincia e uno scrittore semisconosciuto: la somma di due irrilevanze. Vorrei però poter dire la mia. La mia esperienza in proposito. Una delle tante.
Parto da lontano. Ho cominciato a comprare il quotidiano, regolarmente, ogni giorno, a partire dal tre agosto del 1980, all'indomani della strage alla stazione di Bologna. Ero un ragazzo. Volevo capire.
Prima di quella data leggevo a scrocco "la Repubblica", da una mia compagna di classe che mi regalava le copie del giorno prima - e leggevo "La Stampa", che comprava mio padre, il quale aveva smesso di comprare il "Corriere della Sera", dopo che su questo foglio era comparsa una pagina intera dedicata al conflitto Mazzola-Rivera, due idoli calcistici dell'epoca, per chi non lo sapesse.
Per ventinove anni sono stato un fedele acquirente de "la Repubblica". Anzi, sono stato un "fedele" e basta de "la Repubblica". Scalfari era naturalmente il papa; Rossi, De Luca, Rocca, Pansa, Guzzanti eccetera i cardinali. Ricordo il "diverso parere" di Ronchey, e il "diverso parare" di Mucchi. Le cronache culturali di Golino. Gli articoli di Calvino che ritagliavo e conservavo religiosamente. Potrei dilungarmi nell'elenco, come del resto potrebbe ogni venerante lettore del quotidiano di Piazza Indipendenza (allora). Oggi Largo Fochetti, come si sa.
Ho smesso di recarmi in edicola nel 2009. Non ricordo nemmeno più bene quando. Ricordo solo che non ne potevo più di vedere sul giornale la faccia di una prostituta barese. Ogni giorno, per mesi, sei mesi mi pare, campeggiava in una delle pagine interne il faccione di questa professionista del sesso. Con la quale, sembra assodato, il nostro ex-presidente del consiglio ebbe modo di fornicare una volta. (E se per una e una sola fornicazione la foto comparve per sei mesi, se avesse fornicato due volte, sarebbe comparsa per un anno, a rigor di logica).
S'intende che non ho nulla né contro le prostitute né tanto meno contro la nobile città di Bari.
Ma perché, mi domandavo, ogni giorno ci deve essere questa faccia sul giornale? Perché, inoltre, come lettore, devo venir informato capillarmente sul milieu del demi-monde barese? Dato che, oltre alla sempiterna effigie della prostituta Patrizia, sulle pagine del quotidiano, comparivano anche notizie dettagliate, talora corredate da immagini, sulla ragazza-immagine Barbara, sulla prostituta Terry, e, talora, anche sul trans Manila e suoi eventuali frequentatori. Va da sé che sia Barbara sia Terry sia Manila (inteso come trans) erano di Bari.
Mi domandavo anche: ma con tutte le pregevoli prostitute che ci saranno a Roma o Milano o, che so, Torino e Venezia, ma perché sempre e solo quelle di Bari?
Il giornale che avevo acquistato fiducioso per più lustri mi sembrava diventato il giornale di Morel. Un giornale tutti i giorni uguale, come le immagini che ossessivamente affollano l'isola tropicale de L'invenzione di Morel, racconto lungo (o romanzo breve) di Adolfo Bioy Casares.
Per questo ho smesso di comprarlo. Non di leggerlo. Ma lo leggo a scrocco. E' l'unica forma di protesta che mi sembrava attuabile da uno come me, che non conta niente, assolutamente niente.
Quindi io, personalmente, non ho abbandonato il cartaceo per i siti web. Anche perché i siti web dei grandi quotidiani contengono, accanto alle notizie del giorno, una nutrita serie di altre notiziole, quali, ad esempio, quelle sul fungo record o sui fiori-ragno o sul nude-look in passerella oppure sull' attrice Mozzarelli supersexy in shorts o sul nuovo scandaloso video di Ciccy Milly o anche sullo shopping in città della showgirl Lapislazzuli - e queste notiziole non suscitano in me alcun entusiasmo né interesse.